In Liguria con la Thok

L’apertura al transito tra regioni, sommata ad una coincidenza favorevole sulle giornate lavorative, mi ha finalmente permesso di tornare nella mia amata Liguria, e di portarci la Thok.
Ci eravamo lasciati con la Mondraker e con un infortunio alle spalle, sul monte di Portofino.
Inoltre era davvero da tanto che non mi cimentavo in qualcosa di tecnico, anche se la thok ha mostrato fin da subito la sua buona predisposizione ad un certo tipo di terreni.
Ma se c’e’ un sentiero definibile come “il trail della verita’” questo e’ il St.Anna di Sestri Levante, che non necessita di presentazioni. In particolare, la seconda parte del suddetto e’ un susseguirsi di rockgarden non sempre banali in cui la scelta della linea e’ fondamentale. L’esordio di questa 4 giorni e’ proprio stato in buona compagnia su questo trail , finalmente chiuso in maniera “lineare” senza troppi intoppi.

me riding thok stanna

Le prospettive dunque sono buone: il ritorno sul Monte di Portofino, previsto per il giorno seguente e quello dopo ancora, non puo’ che essere positivo. Stavolta torno temporaneamente dalla parte dell’allieva, sotto la guida del mio amico, coach local Beppe, con cui affiniamo ulteriormente curve sul ripido guidato in modalita’ didattica (eh si, per acquisire sicurezza la chiave e’ imparare ad andare piano ovunque, oltre che per essere “dimostrativi” e sicuri quando si insegna) , salti e qualche passaggio un po’ + hardcore. Il giorno dopo sempre sul monte, e’ altrettanto formativo: ho l’opportunita’ di osservare il lavoro di Beppe e del suo collega con i ragazzi del bike Camogli, ottima opportunita’ di confronto con una realta’ diversa da quella di Tivoli (tibur bike team) con cui collaboro da dicembre. La giornata si chiude con una discesa dal classicissimo trail Pollone, quello dove, a settembre, mi sono infortunata al ginocchio. E’ un trail con una prima parte flow molto bella e divertente, che poi diventa piu’ tecnico e guidato nella seconda parte. Mi sono ritrovata a scendere inseguendo una ragazza agonista di Enduro, e un ragazzo della scuola con una front che letteralmente “volava”. Tanto per dire che conta sempre il manico, e che il mezzo e’ relativo.

La discesa si conclude con una parte “urban”/towhill, verso Santa Margherita Ligure, giu’ per una scalinata abbastanza adrenalinica, almeno x i miei standard. Anche qua il ragazzino con il frontino mi ha staccato il giusto.

Il meteo l’ultimo giorno e’ poco clemente. Ha piovuto tutta la notte, e questo impone un ritorno a Sestri, unica location con terreno che asciuga rapidamente. E dunque, dinuovo su sant’Anna, in solitaria e con la dovuta prudenza, approfittando anche x documentare la discesa con la gopro, tra rockgarden vari, ginestre in fiore e il solito, spettacolare panorama sul mare.

Che dire: la Thok sembra proprio un gran bel mezzo, adatto alle mie skill. Un mezzo che mi sta permettendo di alzare ulteriormente l’asticella, e di trarre vantaggio dall’elettrico: anche il semplice fatto di arrivare lucidi in cima, permette di affrontare trail tecnici con una testa “migliore”, e addirittura, di affrontarli una seconda volta. Solo in questo modo si riesce a metabolizzare tutta una serie di cose e migliorare il feeling con il mezzo.

thok rapallo

Bisognerebbe riuscire a girare con piu’ costanza su trail di una certa tecnicita’ ma senza parare in sentieri “spaccabici” come possono essere alcune situazioni piu’ frequenti in centro Italia. Sant’Anna ha di buono che non presenta sassi appuntiti o taglienti, o se li presenta questi sono una parte irrisoria. Insomma spero di tornare ASAP a girare su !!

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Test Turbo Levo SL Specialized

TURBO LEVO SL – Il Test

La mia curiosita’ per il neonato segmento delle ebike ultraleggere non e’ un segreto. Da sempre il grosso limite che trovo nelle ebike per quel che riguarda il mio stile di guida e’ il peso. Peso che influisce nella guida in discesa, nel tecnico lento, nella frenata. D’altro canto pero’ per alleggerire bisogna tagliare altrove, ovvero batteria e motore, e quindi essere pronti ad accettare compromessi in salita.
Ieri si e’ presentata l’occasione per testare una Turbo Levo SL Comp sui trail di Formello. Il maltempo e la pioggia fine non mi han fermato, troppa era la mia voglia di provare questo mezzo. Per chi non e’ troppo “tecnico”, ricordo che la LevoSL risparmia in peso montando una batteria da 320 Wh (contro le 500-600 delle ebike “pesanti”) e un motore realizzato “ad hoc” in grado di erogare una coppia di “soli” 35nm (a fronte dei 70-85 delle ebike “pesanti”). Questi accorgimenti portano il peso dell’oggetto in questione attorno ai 18.75 kg per le versioni in alluminio (da me provata) e a 17 kg per quelle in carbonio. Sono pesi comparabili alle vecchie “freeride” della prima decade degli anni 2000, con la differenza che la tecnologia si e’ evoluta e questa ha il motore.


La bici da me provata e’ in allestimento comp, monta forka fox 34 grip, ammo fox float dps, freni guide, trasmissione nx 12v, ruote da 29.

Vediamo subito come va. Intanto anche da spenta rimane pedalabile, il trascinamento e’ pari a zero e questo permette, in tratti pianeggianti, di spegnere tranquillamente il motore per guadagnare in autonomia. Una volta acceso il motore si fa sentire, ed e’ tutt’altro che silenzioso. La LevoSL ha tre livelli di assistenza, in stile shimano per intenderci. In “eco”, diciamo che lo sforzo e’ comparabile al pedalare una XC molto leggera. Su salite scorrevoli non si hanno problemi, a patto di non pretendere – a parita’ di fatica – le stesse velocita’ che si avrebbero con un ebike full-weight and full-power. Per farla molto semplice, questa trail bike mette una “toppa” alla mancanza di allenamento di un/a “sunday rider” come la sottoscritta, permettendo di faticare meno in salita e guadagnare un pelino di velocita’, ma siamo ben lontani dell’effetto “criceto elettrico” tipico delle ebike pesanti.

In discesa, e’ a tutti gli effetti molto molto piu’ vicina ad una trail bike senza motore piuttosto che ad un ebike. Per farla breve mi sembrava di essere tornata sulla mia cara vecchia stumpjumper. Quindi una bici reattiva che risponde ad ogni nostro spostamento di peso, che chiede di essere guidata , che puo’ essere facilmente alzata per saltare radici in bunnyhop , che vola nei rilanci e sulle sponde. Ho avuto giusto qualche problema di feeling con i freni: su una bici del genere vedo meglio un impianto tipo xt, anche solo a 2 pistoni, sarebbe piu’ che sufficente per il peso della sottoscritta … preferisco avere una frenata pronta e possibilita’ di cimentarmi in cose che su un ebike pesante mi sono quasi precluse, come i nosepress.

Purtroppo il meteo non ha aiutato e la gopro si e’ presto bagnata …

Facciamo un’altra risalita, stavolta proviamo ad usare un po’ piu’ di assistenza. La modalita’ trail, ovvero quella intermedia, e’ comfrontabile ad un eco “spinto” di un Shimano o di un Bosch, o ad un Trail/Tour un po’ “moscio”. Qua il motore si sente di piu’ e quindi le velocita’ aumentano senza problemi. Non ho purtroppo avuto possibilita’ di provare salite tecniche, di quelle non pedalabili (almeno da me) con la muscolare. Sarebbe molto interessante poter approfondire anche il comportamento sui “ripidoni in salita”.

Tirando le somme, di elettrico quest’attrezzo ha solo le lucine: e’ quasi una “muscolare” a tutti gli effetti, forse giusto alzarla in manual e’ – almeno per me – un po’ piu’ complesso in quanto la presenza della batteria sul tubo obliquo rende piu’ faticosa la manovra. Idem per i bunnyhop a basse velocita’, ho potuto costatatare una facilita’ maggiore di alzata sul posteriore rispetto all’anteriore. Ma credo che si tratti di farci la mano e di trovare la giusta tecnica, siamo comunque molto, molto piu’ vicini ad una Stumpjumper – o ad una Enduro come pesi – che non alla controparte elettrica, sia essa la Levo full powered, o la mia Thok o altri attrezzi ancora piu’ pesanti (penso prevalentemente alle motorizzazioni bosch e nn solo … )

Il domandone finale e’: la comprerei ? O meglio, avendola provata prima la avrei comprata al posto della thok ?
Per poter rispondere, avrei bisogno di approfondire la conoscenza del mezzo. Di certo trovando un usato (magari di qualcuno rimasto deluso dalle basse peformance del motore) ad un buon prezzo ci farei un pensierone ….. Il nuovo resta decisamente fuori dal mio budget, magari in un’altra vita, chissa’.
Aggiungo che, se avete solo amici elettrici full powered questa bici non vi permettera’ di girare con loro.
Se girate con bici a propulsione umana e rider allenati, e’ la compagna perfetta. Idem per i solitari.
E’ anche un ottimo mezzo come unica bici per chi fa il maestro di MTB, permettendo una didattica che mantiene l’approccio della “muscolare” a livello tecnico ma offre un buon risparmio di gamba nelle risalite.

Aspetto la possibilta’ di provare anche la diretta concorrente, la Orbea Rise, sperando di riuscire ad avere l’opportunita’ x farlo.

Ringrazio Marco di MTB Formello per avermi messo a disposizione questa super bici.

Pasqua Rossa

Le restrizioni pasquali permettono la visita ad un amico o parente, anche fuori comune, ma non di spostarsi con mezzo privato per svolgere qualsivoglia attivita’ outdoor in solitaria. Certo, sta al buon senso di chi eventualmente dovrebbe imbattersi nel “pericoloso trasgressore“, ma sulla carta, de facto, allontanarsi di una 30ina di km in auto dalla propria residenza per infilarsi in un bosco da SOLI con una bicicletta e’ perseguibile.
Come questa azione possa essere considerata un “rischio di contagio” me lo devono raccontare. Forse i cinghiali sono positivi al covid.

La triste questione e’ che invece basta affacciarsi in qualunque parco o area verde cittadina, raggiungibile magari a pedali, per trovarci il mondo intero, una sfilza di bikers, trail runners e trekkers piu’ o meno improvvisati che rendono anche insidiosa e pericolosa l’attivita’ in se. Se solo fosse ammesso lo spostamento, anche a livello provinciale/citta’ metropolitana, i parchi resterebbero risorsa per chi non dispone di un mezzo privato per allontanersi dalla citta’, fermo restando che all’aria aperta il contagio resta improbabile.

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Ci dicono che dobbiamo distanziarci ma non ci permettono di farlo.
Ci vogliono reclusi, meri consumatori di prodotti e servizi, preferibilmente senza testa pensante.

Certo qualcuno potrebbe obiettare dicendo che l’italiano e’ furbo, che se apri alle attivita’ outdoor de facto rischi di aprire ai merenderos. Basterebbe vietare lo stazionamento (come e’ stato fatto x le spiagge in Australia nel primo lockdown) , anche se pure qua, un pic nic all’aperto e’ sicuramente meno pericoloso di un pranzo al chiuso dal punto di vista epidemiologico.

Lo sport all’aperto individuale non e’ veicolo di contagio, fa solo bene. Anche solo la semplice passeggiata nel verde, respirando aria pulita e godendo della vista di ampi spazi, fa bene.

Eh no, l’unica cosa che fa bene (e va bene) e’ rintanarsi in casa davanti a netflix e comprare oggetti mai piu’ senza su Amazon.

Usiamo la testa, continuiamo a girare nel rispetto della sicurezza nostra e altrui. Tanto con questa patologia dovremmo ancora conviverci per un po’.


Giriamo in solitaria o con famigliari, al massimo con un amico/a fidato. Usciamo: poter usufruire di quel che la Natura ci offre e’ un diritto, anche per chi ha la sfortuna di vivere in una grigia metropoli.

PS: Un’ultimo pensiero riguarda il discorso delle tessere, tesserine, tesserone ecc ecc: se ci si tessera come Atleta presso una Federazione (non un ente) e si dimostra di essere iscritti a gare di interesse nazionale si possono bypassare tutti i divieti. Inclusa la possibilita’ di andare a fare surf per i surfisti landlocked. Trovo questa cosa l’ennesima “italiotata” , che dimostra come lo sport amatoriale o comunque l’attivita’ motoria/ludica non faccia parte della nostra cultura e non venga considerata azione atta al mantenimento della nostra salute fisica e mentale, ma, senza nulla togliere agli Atleti, quelli veri, non i nonni elettrici che si tesserano FCI, venga relegata ad un discorso puramente agonistico e di performance. L’attivita’ outdoor deve essere LIBERA e ACCESSIBILE a tutti, senza discriminazioni di tessere, enti e Federazioni.

#ridesafe #ridealone #nocovidhere

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Thok Mig, ci siamo!

Thok MIG , ci siamo !
“La meno ebike – o la + bici – tra le elettriche”

Stavolta non potevo sbagliare. Dopo l’esperienza non del tutto positiva con la Mondraker, ho optato per una scelta influenzata soltanto da dati concreti. Un ebike e’ un investimento, deve fare il suo dovere, e deve rispecchiare il piu’ possibile il nostro stile e il nostro range di utilizzo della bici. Ho sempre detto che non mi interessa andare forte, piuttosto mi interessa scendere da qualunque trail tecnico in sicurezza e nel pieno controllo del mezzo. Le ultime uscite fatte con il frontino hanno ulteriormente confermato che la priorita’ per me e’ quella di essere IO a guidare la bici e ad averne il pieno controllo, non la bici a portare in qualche modo giu’ a valle la sottoscritta (quel che succedeva con la Mondraker). Di tutte le ebike provate ai vari bike test di Formello, il miglior ricordo rimaneva quello della Thok.
E quindi, dopo una non semplice ricerca, eccoci qua, a bordo di una splendida Thok MIG, volutamente cercata nell’allestimento ante 2021 in modo da poter usufruire di un montaggio di base migliore e del motore Shimano 8000.

Non mi addentrero’ nelle specifiche del montaggio ma parlero’ piuttosto delle sensazioni, da subito positive che mi ha dato questa biciclettina a pile, si la chiamo biciclettina e non biciona, perche’, guardatela un po’ affianco al frontino: e’ corta, almeno con le 27.5 e’ corta, piu’ del frontino che monta le 29 e 120 di forka, a parita’ di angolo sterzo (66)

thok e frontino

La bici al momento e’ stata provata a Tivoli sui trail del TTC, nella zona di Monte Cavo e sui mitici tornantini della Torretta. La prima impressione e’ stata quella di “ritrovare” la Stumpjumper, sentendomi subito a mio agio come misure e modalita’ di lavoro delle sospensioni. In discesa si e’ dimostrata immediatamente agile e reattiva, discretamente precisa e con una buona reattivita’ ai vari input. La distribuzione dei pesi con la batteria in basso aiuta a “dimenticarsi” dei kili di troppo, e consente una rapida correzione di rotta anche nello stretto.

tornante torretta
thok mcavo 1
mcavo 2

Parlando di stretto, l’ultima uscita la ho fatta alla famosa Torretta, affrontando i 25 stretti tornantini. Davvero nessun problema (a parte i tanti escursionisti a piedi) , la sensazione era proprio quella di essere tornata sulla Stumpjumper. Sensazione che si ritrova anche nei pochi difetti, quali ad esempio l’instabilita’ nello smosso (dove la Mondraker primeggiava).

Trattandosi di ebike e’ doveroso parlare anche di salita, autonomia e pedalabilita’. Al momento e’ ancora presto per un giudizio definitivo ma la pedalata e’ sicuramente piu’ naturale rispetto al Bosch, ma la potenza erogata e’ apparentemente piu’ bassa. A parita’ di pendenza, devo usare boost piu’ spesso (il turbo sul bosch nn lo ho praticamente mai usato). Il consumo di batteria invece pare confrontabile, aggiungendo che l’eco Shimano e’ apparentemente piu’ spinto di quello Bosch e che la bici non ha trascinamento, rimanendo pedalabile anche a motore spento se la pendenza lo permette.

Ultimo ma non meno importante, a dimostrazione del fatto che rimane “la piu’ bici tra le elettriche”, non e’ impossibile effettuare un piccolo bunnyhop anche per chi come me non e’ Hulk, quindi nella globalita’ la tecnica richiede meno adeguamenti rispetto ad altre ebike piu’ spinte e “simil moto”

Per ora queste sono solo le prime buone impressioni. Speriamo di poterci fare dei bei giri e di progredire ulteriormente assieme. E poi con questa bici condividiamo le origini, chissa’ quanto sara’ contenta quando torneremo entrambe a Casa.

Un frontino per amico

Sono ormai circa un paio di mesi che vado a spasso con il #frontinorosso da me assemblato. Non credevo che una bicicletta cosi’ semplice potesse farmi ritrovare tutta una serie di sensazioni positive che l’ebike mi aveva fatto dimenticare.
La pedalabilita‘ in salita, che nn fa rimpiangere troppo l’assenza del motore, sommata alla precisione nella guida , rende questa hardtail un mezzo che puo’ spingersi su trail anche di una certa tecnicita’.Gia’ a Formello, sul neonato “Picchietto“, un breve trail mediamente ripido e guidato, aveva dimostrato precisione e manovrabilita’ pure in presenza di S discretamente strette che invece han mandato in crisi l’ebike.

Ma e’ nel caso del Marshall del TTC di Tivoli, un sentiero enduro dove tratti piu’ scorrevoli si alternano a qualche ripido e passaggio tecnico non sempre banale che questa semplice bicicletta ha avuto la sua “consacrazione“.
Una geometria moderna con un angolo di sterzo aperto ma senza esagerazioni (66.5) e la precisone di guida non mi hanno fatto rimpiangere ne’ la sospensione poseriore ne’ l’escursione di “soli” 120 mm della forcella Suntour Aion, che mi sta dando buone sensazioni, a conferma dell’ottimo rapporto qualita’ prezzo del prodotto (che tra l’altro pare essere facilmente modificabile per variare la corsa, fino a 140 mm) e del fatto che talvolta anche brand meno “top” possono avere in catalogo materiale performante, sopratutto per chi non e’ pro o cmq racer. Ovviamente non ci si puo’ aspettare di andare “a fuoco”, ma non sono e mai saro’ un amante delle velocita’ estreme, quindi ben venga un mezzo che, magari piu’ piano, possa andare ovunque.

ripoli ttc frontino

Il #frontinorosso e’ anche un ottimo giocattolo da cortile: la pachidermica full a batterie di certo non mi permetteva di dilettarmi con la pratica del bunnyhop e di ricominciare ad approcciarmi al manual. Per me la bici e’ anche gioco, tecnica, piccole (grandi) sfide.

manual frontino
bunnyhop frontino

Dunque in questo tempo di covid con il quale temo che dovremo convivere ancora per un (bel) po’, tanti nuovi adepti si stanno interessando alla bicicletta. Puo’ essere un frontino come quello che ho assemblato una buona entry level polivalente?
Secondo me si, sopratutto se il target e’ pedalare e approcciarsi a qualche singletrack mantenendo una buona sicurezza. Ricordo che la front e’ scattante reattiva e precisa, ma chiede molto a chi ci sta sopra in discesa. Non e’ una bici da “molla tutto e via” , serve una buona dinamicita’ di gambe per fare quello che farebbe la sospensione. Di contro se si impara a fare qualche passaggio tecnico si sara’ poi agevolati con un eventuale full. In ogni caso , anche nell’eventuale passaggio ad un ebike, confrontarsi con un mezzo cosi’ semplice ma preciso puo’ dare un grosso aiuto per imparare a scegliere correttamente le linee in discesa. C’e’ pero’ da evidenziare che il peso molto superiore di un elettrica cambia tantissimo il modo di guidare, quindi la mia opinione e’ che se un potenziale neo-biker ha gia’ anche solo una vaga idea di prendersi un ebike, perche’ magari la ha provata ecc ecc, e’ meglio fare lo sforzo economico e inizare facendo subito i conti con il mezzo definitvo.
Ma per un indeciso che vuole farci un uso allround come prima bici , che non ha budget per una full nuova e non e’ in grado di valutare la bonta’ di un usato, una di queste front cattive puo’ essere davvero un bel mezzo per innamorarsi delle ruote grasse ;). Per avere dei “valori di riferimento” ecco la tabella con le misure del telaio Octane One Prone che ho scelto in tagla S (mia altezza 165)

geometria prone
frontinoonthebeach

Splitboard: Chateau, Rey, e piste dismesse di Beaulard.

Dopo 5 giorni consecutivi di maltempo e nevicate, la Befana porta un po’ di sole. Il tempo stringe, e il rientro nel mio “mondo reale” e’ purtroppo sempre piu’ vicino, ma la neve e’ tanta e bisogna sfruttare assolutamente queste ultime ore quassu’. Destinazione dunque rifugio Rey e le vecchie piste di Beaulard, partenza da Chateau e rientro con recupero su Beaulard: in sintesi circa 700 d+ a fronte di ben 1000 d- .
Parto da Chateau attorno alle 9.30. Fa freddo quanto basta. E’ davvero tantissimo tempo che non faccio questo giro. L’ultima volta risale ad una vita fa, un periodo non ben quantificabile di tempo, ancora con ciaspole e la “croce” a spalle.
Se con le ciaspole la via + breve e’ quella del sentiero pedonale, con la split non e’ cosi’: si segue la linea degli skialper, quindi linea di salita e linea di discesa che in questo caso coincidono, passando per la vecchia pista e poi raccordandosi al rifugio Rey. Come sempre, i primi 40 minuti per me sono quelli piu’ faticosi, ci metto sempre un po’ a capire il mio passo e a stabilizzare la FC senza che schizzi a 170 al primo muretto. Il paesaggio e’ davvero fiabesco, con gli alberi imbiancati come non li vedevo da tanto tempo. La linea di salita e’ buona, ma la pista, come c’era da aspettarsi e’ gia’ mediamente tritata. Non mi scoraggio perche’ conosco bene il posto e so come funziona. E infatti arrivati al Rifugio Rey le tracce si dimezzano, facendomi gia’ immaginare dove mettero’ la firma.
(foto fino al Rey)

La traccia di risalita continua sempre buona, rispetto ad “una vita fa” la vegetazione si e’ ampiamente ripresa i suoi spazi, costringendo a tagli per il bosco aziche’ seguire beceramente quella che negli anni 80 era una pista. Il tracciato alterna pezzi piu’ ripidi ad altri dove molla, ma resta sempre fattibile in sicurezza senza traversi o curve impossibili. In due ore arrivo alla garitta della stazione di monte dello skilift (che non esiste assolutamente piu’) , quasi ai piedi dell’imponente Grand Hoche, mi fermo poco piu’ sopra e mi preparo a ricongiungere la splitboard e ad affrotare un pendio dalla neve perfetta.

Gia’ dalle prime curve la cosa e’ chiara: tanta, fredda, bella. Rimpiango un po’ il freeridone Dupraz, la split e’ un 154 e restera’ sempre e comunque un compromesso, e quando c’e’ “misura” tocca arretrare e caricare tanto il tail. Ma va bene uguale, e si continua a scendere alternando boschetti con a tratti qualche passaggio un po’ chiuso ad ampi pendii dove la pista e’ rimasta tale. In pochi minuti sono dinuovo al Rey, molto soddisfatta della prima parte di discesa.

Un breve raccordo che in snowboard richiede un tratto a piedi mi porta all’inizio della pista di rientro a Chateau. Qua c’e’ poco di buono rimasto, e tocca un po’ ravanare negli angolini per farsi ancora un po’ di spazio. La musica cambia dinuovo una volta in vista dell’abitato di Chateau: il bosco lascia spazio ad ampie praterie, dove c’e’ tutto lo spazio per esprimersi, a patto di trovare la linea che abbia una pendenza accettabile per prendere velocita’. Lasciato alle spalle Chateau non ci resta che il rientro su Beaulard, anche qua si ricava ancora qualche spazio tra i prati, per poi concludere su una classica strada di rientro innevata, strada che tra l’altro ho percorso anche in ebike, da seguire fino a valle dove un tempo partiva la seggiovia.

Una giornata da 10 e lode, l’attesa che le condizioni arrivassero e’ stata ricompensata. In una stagione strana come questa la split (o gli sci da skialp per chi e’ “bipede”)diventa lo strumento indispensabile per godere di tutte quelle sensazioni che solo la Montagna puo’ regalare.

Vi lascio al video della discesa fino al Rey + prati sopra Chateau.

Per la traccia (indicativa) vi metto il link al mio Strava:
https://www.strava.com/activities/4576110816

EOY 2020

EOY 2020

In questo strano anno che a brevissimo si concludera’ non e’ assolutamente semplice scrivere la consueta riflessione.
La speranza per tutti e’ in un 2021 che ci riporti verso la normalita’, intesa come il recupero completo delle proprie liberta‘.
Forse, per una volta, in questo strano 2020, gli anormali come la sottoscritta hanno avuto una marcia in piu’.
I solitari, quelli che alle 22 sono gia’ a letto, quelli che preferiscono gli elementi della Natura a centri commerciali e palestre, hanno indubbiamente retto meglio dal punto di vista psicologico alle limitazioni imposte dai vari dcpm, con buona pace di coloro che durante il primo lockdown additavano runner e bikers come untori.
Ho avuto la fortuna di cambiare casa in tempo, e di passare i due mesi di “arresti domiciliari” avendo a disposizione un cortile di discrete dimensioni nel quale giocare come se fossi tornata bambina (ma forse lo sono sempre stata), con la bici, i pattini e lo skate. Proprio come quando, da bambini, ci venivano “imposti” dei confini oltre i quali non allontanarsi (“non andare sullo stradone che ci sono le macchine”).

surplace

lockdown inline skates

E’ stato l’anno in cui poco prima del lockdown ho rimesso sulla neve la Dupraz, e’ stato l’anno in cui ho preso le distanze dal surf, l’anno in cui ho dimostrato a me stessa che allenandomi posso essere meno pippa in bici in salita, ma che senza costanza si ritorna pippa alla velocita’ della luce.
E’ stato l’anno in cui e’ arrivata la prima ebike, con la quale ho un rapporto ancora controverso, controverso al punto da volere a tutti i costi anche un mezzo a “propulisione umana” e di assemblare una front un po’ cattivella (il #frontinorosso) in cucina.

frontinorosso
rho ebike


E’ stato l’anno in cui l’ignoranza e la cattiveria sui social la han fatta da padrone, consolidando ancor di piu’ la mia avversita’ per l’omologazione e rendendomi sempre piu’ fiera della mia non normalita’. Ed e’ appunto per questo che i non normali, quelli strani, quelli che trovano piacere e soddisfazione da cose diverse, quelli per cui la famiglia del mulino bianco e’ l’ultimo dei desideri, quelli per cui conta di piu’ la sostanza che l’apparenza, quelli che vogliono essere apprezzati per quel che fanno e pensano e non per il loro aspetto fisco(indipendentemente dal genere), quelli che fanno dell’indipendenza sia economica che affettiva che intellettiva il proprio credo, forse stavolta sono stati addirittura invidiati da quel resto del mondo a noi incompreso.
Da quel resto del mondo che forse, almeno in parte, ha provato, per forza di cose ad uscire dai centri commerciali e a fare due passi nel verde, ad avvicinarsi a sport diversi dai soliti.

Fermo restando che spero, come tutti, in un rapido ritorno alla liberta‘, questo periodo credo abbia portato tutti quanti a riflettere, e a capire cosa sono le cose davvero importanti per ciascuno, e magari a ricominciare ad apprezzare le cose semplici.

Sono cosciente che piu’ passa il tempo piu’ sara’ difficile “resistere”, lottare contro la vecchiaia che avanza, e contro gli stereotipi che mi vorrebbero in ben altra situazione e non in quella di continuare a seguire le proprie passioni, sognando magari di riuscire un giorno a renderle “autosostenibili“.

C’e’ tanto da fare, e se non sono sola nell’universo poco ci manca.

Let’s go out and ride.
Buon 2021 a tutti.

Benvenuto Frontino !

La dipartita della Stumpjumper mi aveva lasciato senza un mezzo a propulsione umana. L’ebike infatti, per quanto sia divertente e mi abbia portato in posti dove #conlemiegambe non ci sarei arrivata, diventa un po’ limitante dal punto di vista del mantenimento della forma fisica in questa stagione dalle giornate brevissime, in cui non sempre ci si puo’ permettere di allontanarsi troppo per fare uscite che risultino un minimo “allenanti” anche con l’elettrica.
Ecco l’idea quindi di dedicarmi un po’ al fai-da-te, mia passione da sempre, e costruirmi un Frontino (bici ammortizzata solo davanti per i profani) secondo le mie esigenze. Il Frontino e’ stato assemblato in casa, piu’ precisamente in cucina, e la scelta dell’autocostruzione, oltre ad essere un divertente passatempo, mi ha permesso di creare una bici difficilmente trovabile sul mercato del nuovo “fatta e finita” con le caratteristiche da me ricercate. Polivalenza e pedalabilita’, queste le due parole chiave che caratterizzano questa front un po’ cattivella: il telaio, preso su CRC, e’ un Octane One Prone 29, in alluminio, e ha un angolo di sterzo di 66.5 gradi e se montato con le ruote da 29 puo’ ospitare fino a 130 (forse anche 140) di escursione all’anteriore. Io ho preferito favorire la pedalabilita’ montando una forka da 120 e lasciando fare il resto al generoso angolo di sterzo.
La trasmissione e’ NX 11v, scelta dettata dal fatto di voler avere l’intercambiabilita’ dei pezzi con l’ebike in caso di guasto, e dal voler provare magari un giorno a girarci con le gomme Plus della biciclettona a pile.

Il montaggio, salvo qualche piccola complicanza con ragnetto, falsa maglia, serraggio serie sterzo e, ultimo ma veramente ostico, reggisella telescopico, non mi ha creato particolari problematiche. Ovviamente servono un certo numero di attrezzi e chiavi dedicate. Un rigraziamento va al gruppo Facebook Hardtail attitude Italia per i suggerimenti sulla componentistica e sull’assemblaggio.

Una volta terminata, non c’e’ stato nulla di piu’ bello che salire sulla propria creatura: una bici reattiva, obbediente e precisa, esattamente come la desideravo. Dovremo ancora provarla in contesti piu’ tecnici, ma sono convinta che questo mezzo abbia tante risorse e che possa essere utilizzato in giri a carattere trail/light enduro con grande soddisfazione e divertimento.

Per ora, vi lascio al video del primo test ride. Prossimamente altri aggiornamenti. Seguite il #frontinorosso 😉 e la sua creatrice @kiazsurfbike anche su Instagram e su youtube per update piu’ frequenti 😉

Un inverno senza sci/snow ?

O meglio … senza “risalite meccanizzate“, senza impianti di risalita …

Questa e’ la prospettiva che ci riserva l’ “era del covid”. Il problema non mi riguarda (fortunatamente) troppo da vicino, ma ripercorrendo la mia storia non oso immaginare quanto avrei dato di matto se una simile cosa fosse successa nei primi anni 2000 , quando lo snowboard era la mia vita, e quando ho inseguito in vano il sogno di farlo diventare un lavoro. Ora la montagna la guardo da un’altra prospettiva, e da felice splitboarder sono altre le cose che mi turbano. Gia’, perche’ come la chiusura delle palestre e l’impossibilita’ di praticare alcuni sport ha portato, complice il bonus bici, ad un aumento dei bikers sui sentieri, questa chiusura (o meglio non-apertura) rischia di portare all’avvicinamento al Backcoutry (sia esso snow-alp o ski-alp) soggetti che forse non si sono mai allontanati nemmeno dal bordo-pista, pur di fare “qualcosa” sulla neve.

Al momento, parlo esclusivamente per quel che riguarda la mia Valsusa e quello che e’ in grado di offrire. Per quel che concerne l’Appennino il discorso e’ molto + complicato, ma credo che viste le “forme di localismo” – perdonatemi il termine – ne giuste ne sbagliate che caratterizzano il contesto skialp del centro italia e il fatto che non esiste una vera “vocazione turistica invernale” in gran parte delle stazioni, il problema semplicemente non esistera’ o quasi. Torniamo quindi alla mia Valle. Qua abbiamo circa 5 (forse anche di piu’ , in base alla quota neve) itinerari skialp/snowalp easy seguibili con facilita’ anche senza gps se si conosce un minimo l’orografia della zona. A questo si aggiungerebbe la possibilita’ di salire lungo le piste chiuse se non sara’ interdetta.

cìt roc splìt
cima bosco

Ora, gia’ in circostanze normali, itinerari facili come Cima Bosco possono risultare molto frequentati nei weekend, con difficolta’ di parcheggio (la montagna non attrezzata ha spesso spazi ristretti) e altre conseguenze. Avventurarsi nel backcoutry , lontano dagli impianti di risalita, implica la conoscenza di alcune regole, e sopratutto delle procedure di autosoccorso in caso di slavina, bisogna essere in possesso di ARVA, PALA, SONDA e saperli usare (sarebbe preferibile aver frequentato un corso, anche molto basilare), bisogna conoscere la location (o affidarsi a local/guide) e sapere quando si puo’ andare e dove, e quando non si puo’. E questa e’ la ragione per cui io giro soltanto nella mia Valle. Ho girato una sola volta in Appennino grazie ad un amico skialper che mi ha fatto da guida, ma da sola non mi avventuro ad esplorare ambienti a me pressoche’ sconosciuti. Lo skialp/snowalp non e’ la mtb, dove alla peggio giri le ruote e torni indietro. La montagna non perdona, e l’errore di un singolo rischia di colpevolizzare tutta la categoria, con il conseguente proliferare di divieti spesso privi di fondamento.

Io credo che la soluzione sarebbe una riapertura con skipass a numero massimo, acquistabili solo online in prevendita, favorire le stazioni dotate prevalentemente di seggiovie in modo da distribuire in modo ottimale gli sciatori/snowboarders , e vietare l’apertura di bar e ristoranti sulle piste. Forse anche un limite orario, del tipo sciare meno ma sciare tutti, con doppio turno mattiniero/pomeridiano , potrebbe essere un compromesso per aprire in sicurezza accettabile da tutti. Resta da vedere se ai gestori conviene, in quanto spesso uno ski-resort non campa sugli skipass staccati, ma grazie all’indotto portato, fatto ahime’ da tutte quelle attivita’ che sono per forza di cose causa di assembramenti e che per molti clienti sono piu’ “importanti” dello sciare in se (in primis penso al business degli inglesi a Sauze d’Oulx, immaginare Sauze senza gli inglesi nei pub e’ qualcosa di altamente strano) .

La situazione e’ complessa. Sara’ un inverno alternativo, molto alternativo. Vorrei solo raccomandarmi a chi, con questo “pretesto” degli impianti chiusi volesse avvicinarsi al backcountry, di farlo con il giusto spirito, rispetto e cognizione di causa. #staylocal #ridelocal .

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Emtb: urban “enduro” a Roma

Chi mi segue da un po’ dovrebbe conoscere la mia “allergia” alla citta’ in cui attualmente vivo, Roma. Sono qui dal 2013, e ci sono finita per tutta una serie di motivi, e se i primi anni, spinti dall’input di poter finalmente fare surf senza passare ore in macchina, erano stati tuttavia piacevoli, con il tempo e con il progressivo ri-emergere del legame con sia le mie origini alpine, sia con la mia passione per la mtb, ho iniziato a soffrire sempre di piu’ il vivere in questo posto, pianificando in ogni modo il ritorno verso nord. Il covid e il lockdown hanno pero’ congelato ogni possibile progetto di fuga, e quindi ora sono qua, in una situazione tuttavia migliore che altre, a cercare di trovare qualcosa di bello in quello che ho attorno.

Il lockdown, la chiusura delle palestre e lo stop agli sport di squadra, sommato all’incentivo del “bonus bici”, ha portato sui trail un numero inimmaginabile di nuovi bikers, spinti anche dal fatto che l’ebike – a patto di avere il budget per permettersela – permette anche a chi non e’ allenato di divertirsi. Questo ha causato un qualcosa che non avrei mai immaginato, un “sovraffollamento” di posti come Formello, che con il suo “bike park” a misura di elettrico attira ogni weekend (e non solo … ) numerosi appassionati. Sapete bene che non amo la folla, e che con l’aria che tira di questi tempi e’ meglio evitare luoghi ad alta frequentazione, quindi serviva un idea alternativa per il sabato, preferibilmente non fangosa viste le abbondanti pioggie del giorno precedente.

La settimana precedente avevo girato a Formello con Renato, amico surfista e ebiker , che mi aveva proposto un giro per Roma, esplorando alcuni parchi della Capitale, in particolare Monte Mario. Effettivamente avevo sentito parlare di questo fantomatico Monte Mario da parecchi biker , che riferivano esistere veri e propri trail all’interno di questo parco urbano. A dire il vero, avevo gia’ tentato un sopralluogo con la stumpjumper, che non porto’ a risultati in quanto le salite non erano cosa fattibile per me senza motore. Vediamo dunque se con l’ebike qualcosa cambia.

Incontro Renato a San Giovanni, zona dove lui risiede. Da qua inizia il nostro giro, cercando il piu’ possibile di evitare il traffico. Il primo “stop esplorativo” e’ a Villa Ada. Anche questo parco, purtroppo parecchio frequentato, offre alcuni singletrack carini, immersi nella vegetazione, in un contesto difficilmente immaginabile nel centro di una grande metropoli.

Proseguiamo percorrendo la ciclabile del lungo Tevere, fino a Ponte Milvio. Da qua finalmente arriviamo all’ingresso del parco di Monte Mario. C’e’ subito da salire su pendenze non indifferenti, per raggiungere un primo punto panoramico dove la vista spazia dal sottostante Stadio Olimpico a tutta la capitale. La giornata limpida permette una vista fino sugli Appennini e di scorgere in lontananza addirittura il Terminillo.

A seguire, un primo breve singletrack, per poi risalire ancora, per un sentiero che inizia a diventare tecnico in salita e mi obbliga a scendere un paio di volte. Invertiamo la rotta una volta giunti ad un’altro belvedere. Finalmente si scende, prima a ritroso lungo la linea di salita facendo qualche variante, che risulta molto piu’ divertente per me in discesa che non a salire.

Risaliti ancora una volta sulla prima collinetta sempre percorrendo la strada a ritroso, imbocchiamo l’ultimo singletrack che ci riportera’ sull’asfalto.

Da qua, il rientro e’ praticamente tutto lungo la ciclabile, con qualche stop e deviazione per ammirare monumenti che non han bisogno di presentazione.

Per concludere, un giro diverso per i miei standard, alla scoperta di luoghi di difficile immaginazione all’interno di una grande citta’. Monte Mario sicuramente da approfondire, peccato che si trovi in una zona molto distante da dove vivo, e che quindi mi risulti “sconveniente” rispetto ad altri posti gia’ piu’ collinari come Formello o i Castelli Romani. Resta un ottima risorsa per chi abita in zona, e nel malaugurato caso di chiusura dei confini comunali sara’ sicuramente una delle poche opzioni praticabili .