DE-BRIEFING FASE 1 #MTBGUIDE

Si lo so, bisognerebbe essere fighi o almeno fare finta di esserlo.
Non bisognerebbe postare pensieri personali e riflessioni su quello che e’ il “dietro alle quinte” della sfida con il destino.
Ma questo blog ha sempre voluto portare il mio punto di vista sugli sport che amo, e anche ora che ho preso la non facile e non a tutti comprensibile strada del monetizzare la mia passione per le due ruote offroad , voglio condividere una breve digressione su questo primo mese ufficiale di attivita’ come guida MTB che ha avuto come playground la Liguria di Levante.


Che sarebbe stata dura si sapeva.
Che ci si sarebbe dovuti confrontare con realta’ locali piu’ o meno “ospitali” era prevedibile.
Che il target su cui posso lavorare ha dei confini abbastanza netti sia geografici che tecnici e’ comprensibile.

Una cosa pero’, sul “capitolo Liguria” a me molto caro, la sto capendo solo ora, dopo che sono stata fisicamente presente sul territorio quanto basta – strava alla mano – a definire alcuni paletti: Se la valSusa e’ la valle che resiste dove l’enduro non esiste, o almeno lo e’ stata in passato, qua le cose si ribaltano e ci troviamo in un posto dove l’allmountain/trail e/o tutto quello che riguarda il riding al di fuori delle ben definite e ben inventariate trail areas non esiste o e’ quantomeno poco considerato dalla maggior parte dei praticanti.

E qua pero’ mi ricollego un po’ ad un’argomento + vasto. Il mio sesto senso dice che stiamo vivendo un po’ quel che e’ stato con lo snowboard nella prima decade degli anni 2000: un estremizzazione dello sport che ha portato ad un allontanamento della base di praticanti dalle aziende, un mancato ricambio generazionale e una mancanza di un offerta – in quel caso a livello di materiali – in linea con lo zoccolo duro di quelli della mia generazione , che in gran parte hanno uno spirito di conservazione tale da preferire opzioni piu’ tranquille al freestyle tecnico. Cosa centra questo con la bici ? C’entra c’entra. Basta aprire Instagram e digitare l’hashtag mtb. Verra’ fuori di tutto, di tutto tranne che l’immagine di uno sport adatto a tutti. Anche il poco all-mountain che emerge nel feed, e’ sempre estremizzato a livelli improbabili per il/la sunday biker.

Eppure anche nel “regno dell’enduro” … anzi no diciamo nel principato minore, perche’ il Regno – quello vero – sta a ponente, ci sono location e trails, non esplicitamente costruiti per le bici ma ciclabili senza dover essere degli atleti, interessanti, divertenti, e con passaggi super panoramici. Ovvio un minimo di tecnica ci vuole, ma anche quello e’ di mia competenza.

Ho avuto comunque la fortuna di effettuare alcuni tour, anche con clienti dotati di mezzi molto diversi tra loro e di poter iniziare la fase di “rodaggio” di quello che andra’ a cadere sotto l’hashtag #dazeroalsentiero, ovvero portare un’offerta per avvicinare tutt* a questo sport, con un occhio di riguardo per le donne (ridepink) e per il portafoglio, cercando anche accordi con noleggi che offano un buon rapporto mezzo offerto/prezzo e proponendo un servizio in cui nulla verra’ lasciato la caso e chi decidera’ di usufruire dei miei servizi avra’ la certezza di fare itinerari consoni al proprio livello (ovviamente in base al periodo/meteo)

Adesso le temperature implicano un trasferimento in quota, in alta ValSusa, dove la sfida sara’ tutta in salita.
Delle peculiarita’ e anomalie della “Valle che resiste dove l’enduro non esiste” ne ho parlato abbondantemente in passato. Una cosa e’ certa, di flow naturale e downcountry c’e’ n’e’ in abbondanza. Vi aspetto.

Ringrazio tutti quelli che han girato con me qui in questo mese abbondante , i volontari di Uscio Outdoor per il lavoro sui sentieri e per l’accoglienza nella loro community, i due noleggi con cui ho collaborato finora, PitStop Bikes di Chiavari e SeiFuori di Genova Nervi.

Stay tuned a breve proposte e aggiornamenti dalla Valle.

Valsusa MTB Experience is coming

… Il consueto trasferimento estivo in ValSusa si avvicina. E quest’anno finalmente si puo’ ufficializzare la mia operativita’ come Guida Cicloturistica avendo conseguito il titolo della Regione Piemonte . Da fine giugno eccomi operativa per accompagnarvi in sicurezza su tutti i giri recensiti qua con alcune novita’, e per aiutarvi a migliorare la guida del vostro mezzo se neofiti (vedi #dazeroalsentiero )

A tale scopo ho pensato di rendere un po’ piu’ comprensibili i livelli di difficolta’ dei vari giri, cosa che e’ sempre problematica confrontandosi con Trailforks quando possibile, e comunque con dei parametri che sono troppo soggettivi.

L’idea e’ di assegnare 4 macro-categorie ai sentieri, associandole con i livelli descrittivi della scala Singletrack , con 4 belle icone e esempi di giri .

NATURAL FLOW : sentiero prevalentemente Naturale, scorrevole senza particolari ostacoli o avversita’. Adatto a tutti. Verde/Blu Trailforks S0/S1 Singletrack STS. Esempi : Beaulard superFlow (area Cotolivier), il “nuovo” trail delle Grange Rho, i trail di Sansicario. I trails di questa categoria in genere si percorrono agevolmente anche con una front/hardtail

SwitchBacks Challenge ovvero la sfida dei tornantini !!
Sentiero naturale con tornanti piu’ o meno stretti spesso non spondati che richiedono la giusta tecnica. Il re di questo genere e’ ovviamente il SingleTrack de l’Infernet, ma possiamo trovare anche sezioni piu’ brevi di questo tipo in altri giri (es Millaures) . Corrispondenza trailforks non definibile con facilita’, puo’ tranquillamente andare da blu a nero. Per la Scala STS siamo tra l’S1 e l’S2 almeno per quel che concerne le offerte in Valle.

Natural Enduro : sentieri di montagna che ben si adattano alla disciplina Gravity, ovvero trails con passaggi anche tecnici ma che mantengono una buona guidabilita’ e permettono di mantenere una certa velocita’ e un certo flow. Trailforks anche qua non fa testo, perche’ in questa categoria ne troivamo da blu a nero … Per la STS singletrack anche qui S1/S2 con qualche possibile breve tratto S3. Esempi : il classico D2 da Chateau sul Cotolivier, i trail della zona di Rochemolles tra la diga e il gran Bea , alcuni trail del park di Sauze che hanno comunque una forte componente naturale/oldschool.

All Mountain Challenge: qui ci mettiamo di tutto un po’, e parliamo in generale di giri in quota, su sentieri naturali ed escursionistici, difficilmente percorribili ad alte velocita’. Ci puo’ essere di tutto un po’, passando dal flow al tecnico . Qua Trailforks non lo nomino nemmeno, e per la STS passiamo da S1 a S3. Esempi ? Il giro della Valle della Rho/Valle Stretta, il Malamot sul Moncenisio , il passo della Mulattiera.

eMTB Liguria – Spotorno Monte Mao (e dintorni)

Primo post ufficiale lontana ormai da un paio di mesi abbondanti dalla Capitale. Tra impegni vari correlati al corso (leggere qua se siete nuovi qui o se vi siete persi le puntate precedenti) e meteo sfavorevole le occasioni per vedere posti nuovi degni di recensione non ci sono state. Finalmente location, meteo e compagnia riescono a quadrare, e decido di spingermi a Ponente (NB: attualmente sono abbastanza stabile a Rapallo, sul levante ligure) per incontrare Daniele (mio “collega” al corso di cui sopra) e andare a provare alcuni trail, tra cui Mao Crest , gia’ PS EWS nel 2018, del quale avevo visto qualche interessante video.
Ma andiamo con ordine.
Purtroppo uscire la mattina in un giorno feriale anche qua non e’ cosa, Genova non e’ Roma, ma la coda GE EST/GE OVEST e’ comunque una garanzia. Non finisce qua, un ulteriore strettoia la trovo poco dopo Savona, ma per fortuna il tutto si risolve in “soli” 15 minuti di ritardo.
Finalmente quindi si pedala. Prima risalita va via abbastanza scorrevole, come il primo trail, “Resident Evil” su trailforks, non fatevi ingannare dal nome perche’ non e’ niente di che, in realta’ un traverso di trasferimento. Soffro molto il passaggio luce/ombra con la luce bassa, e questa sofferenza si traduce in insicurezza sui successivi trail: Zak, un mangia-e-bevi sul genere xc moderno,che si innesta sull’ultima parte de “la folia”, uno scassatone breccioloso su cui prendo qualche pietra rotolante non so bene dove, fatto sta che la bici comincia a fare strani rumori di dubbia provenienza. Rumori che spariscono per miracolo dopo la prima risalita su asfalto pedalando agile.
Purtroppo l’asfalto dura poco , e lascia spazio ad una sterratona relativamente fattibile in ebike, e a seguire un trail in salita a tratti un po’ ostico. Il tutto ci porta all’inizio de “La Rete”, bellissimo trail dalle pendenze piu’ accentuate che mixa sezioni guidate e spondate a rockgarden su pietra fissa, mai banale ma mai impossibile. Lo definirei sul genere del st Anna, ma decisamente piu’ pulito. Dal punto di vista della guidabilita’ direi il trail + interessante di tutta la giornata.

cresta mao
vista su savona
bergeggi


Ci tocca risalire nuovamente per il percorso precedente, fino stavolta a portarci oltre, per prendere un taglio su singletrack verso il Monte Mao, ultimo obbiettivo della giornata e “pezzo forte”: Mao Crest, PS EWS nel 2018, un lungo e panoramico singletrack su fondo smosso che alterna sezioni piu’ guidate con curve a traversi, il tutto partendo da una cresta, mai esposta che punta dritta sull’isolotto di Bergeggi, lasciandoci da un lato Savona e dall’altro Spotorno. Molto molto bello e panoramico, mai difficile mai ripido a patto di avere una buona familiarita’ con lo smosso e l’esposto (mai eccessivo, sempre in zona di confort almeno x me, grazie anche all’onnipresente vegetazione). La bici purtroppo su questo trail riprende a fare “i rumori”, ma mi porta indenne alla macchina. Concludendo, 1270 d+ e 28 km, zero biker incontrati. Giro che sicuramente si adatta a varianti e ad ulteriori modifiche/integrazioni, ma Mao Crest e “la Rete” IMHO sono un must.

Ridelog su trailforks

https://www.trailforks.com/ridelog/view/47000547/

NB: da qualche settimana, ho attivato i ridelog su trailforks. Tutte le mie uscite saranno su questa piattaforma (oltre che su strava) e sara’ mia premura segnalare eventuali problematiche riscontrate sui trail e/o livelli incongruenti di difficolta’. Per dirne una , anche in questo giro i colori sono un po’ incongruenti. Mao Crest non e’ nero ma un po’ meno (S2-), La Rete non e’ blu ma qualcosa in piu’ (S2 pieno), Resident Evil potrebbe addirittura essere verde (S1). Il blu puo’ starci per “zak”. La questione difficolta’ dei sentieri contunua ad essere un tema spinoso , servirebbe una classificazione che vada un po’ oltre i colori.. ma questo e’ un altro discorso …

Relive:

eMTB Malamot 2.0 (beta)

Domenica 3 luglio 2022: a distanza di quasi due anni si torna sul Malamot, quota 2914, con l’intenzione stavolta di testare una linea inedita, almeno per me e per Daniele, mio “socio” in questa uscita di scouting, Da qui la definizione di “beta”, rubata all’IT, ovvero di un qualcosa di non ancora stabile e utilizzabile (nel caso specifico) percorribile in sicurezza.

Ma cominciamo dall’inizio. Partenza dal piccolo lago di Moncenisio paese, con il meteo che ci assistera’ (cosa non scontata con le altitudini in questione) per tutta la giornata. Sulla carta ci aspettano 1500 d+, il massimo attualmente sperimentato dalla batteria della Thok, andando al risparmio.

Saliamo dalla strada del lago Arpon, fino ad incrociare il bivio per il Malamot. Da qua la salita e’ identica a quella del precedente giro effettuato nel 2020.

Andiamo piano, molto piano, diciamo che reggo bene il primo “millino” in eco, ogni tanto in caso di (rari) passaggi tecnici preferisco scendere e spingere la bici, sia per cambiare tipo di sforzo (si, si fatica anche con l’ebike, sopratutto se si deve arrivare a compromessi per risparmiare) che per conservare la batteria. Il paesaggio e’ quello caratteristico del Moncenisio, che come sempre da l’idea di trovarsi su di un’altro pianeta.
Dopo circa 4 ore e mezza siamo in cima , e finalmente si recupera fiato e energia.

Iniziano le valutazioni per la discesa. La traccia che intendiamo seguire e’ stata scaricata da Trailforks, e punta verso il lago bianco tagliando diretta tra i sassi. Non ci sono ridelog recenti. Guardando verso il basso, tra le pietre si scorge una specie di camminamento relativamente vicino, che potrebbe semplificare la discesa. Decidiamo quindi di seguire una specie di scalinata segnata da alcuni “ometti” che punta verso il camminamento intravisto. Qualche gradone sarebbe teoricamente anche ciclabile, ma evitiamo inutili rischi, trovandoci nel nulla a quasi 3000 mt slm.

top malamot

Dopo un po’ di ravanaggi inizia il divertimento. Freeride tra prato e pietra fissa molto divertente, con lo sfondo del lago bianco e del monte Giusalet a fare da piacevole contorno.

Purtroppo un bel gioco dura poco, e si ricomincia a ravanare per cercare un passaggio che ci permetta di superare indenni alcuni “cliff” e trovare la strada sterrata che arriva dal basso.
Morale della favola: un ora circa di ravanaggio per 10 minuti di piacevole discesa. Ma questo fa parte dell’all-moutain, sopratutto in fase di “beta test” o scouting che dirsi voglia.

Inizia quindi la seconda parte di discesa, quella che, almeno sulla carta dovrebbe essere piu’ flow e semplice. Seguiamo una traccia segnata sulle mappe come strada, effettivamente ha l’aspetto e la larghezza di una strada in disuso, ma il fondo e’ comunque insidioso e di strada ha ben poco. In ogni caso niente di difficile, circondati sempre da un contesto naturalistico e paesaggistico spettacolare da cui non bisogna lasciarsi distrarre troppo. La presunta strada diventa poi singletrack, a tratti decisamente esposto, con simpatici passaggi tecnici su roccia, e man mano che perdiamo quota iniziano a comparire anche divertenti tornantini. Insomma, il trail sembra valere il giro, unendo perfettamente piacere di guida della bici in discesa e ambiente alpino mozzafiato.

Ma anche qui purtroppo ritroviamo un’uscita non semplice. Poco prima di ritrovare la strada del lago Arpon, dobbiamo nuovamente “combattere” contro un passaggio non ciclabile e difficilmente percorribile anche a piedi dovendoci trascinare dietro le pesanti ebike. In qualche modo ne usciamo, sperando che le insidie siano finite.

out


In teoria ci aspetta un ultima piacevole discesa fino alla piana di St Nicolas e a seguire verso Moncenisio via sentiero dei Monaci … ma come si poteva immaginare c’e’ ancora da tribolare. Una frana interrompe il sentiero, dobbiamo tornare indietro (santa ebike) e trovare una traccia alternativa. In qualche modo scendiamo e incrociamo quella che una volta era la base della Ferrovia Fell, che nell’800 collegava la val di Susa alla Maurienne. Ultimi metri tritabraccia sul lastricato del sentiero dei monaci, dopodiche’ finalmente troviamo una fontana e poco dopo le macchine.
Tirando le somme, 1650 d+, il record per la mia Thok. Malgrado i problemi di “ravanaggio” giro bellissimo, ma da rivedere per trovare passaggi piu’ agevoli (dovrebbero esistere) . E’ davvero un peccato che la sezione finale del trail che dal lago bianco scende alla strada dell’Arpon sia cosi’ complessa da superare. Sulle mappe e sulle strava heatmap risulta esistere un passaggio alternativo. Forse vale la pena tornare ad indagare ………

A questo link :
https://www.facebook.com/media/set?vanity=mtbexplorer360&set=a.3287690804889674
potete trovare tutte le foto di Daniele, (mtbexplorer360), che ringrazio per aver condiviso questa esperienza per me “epica”.
Il Moncenisio e’ sempre affascinante, un posto unico come ce ne sono pochi e che vale davvero la pena visitare. Vedremo se ci sara’ una release “3.0” del Malamot !!!

PS: un ultima nota sul comportamento di motore e batteria. La mia thok ha una batteria da 504 watt/h, al giorno d’oggi considerata “piccola” per una ebike “classica”. Eco e’ regolato dall’app a medio, tutto il resto a basso. Durante il giro ho usato trail solo nella fase finale e quando siamo dovuti risalire causa frana. Ovviamente la velocita’ di crociera e’ comparabile ad un muscolare allenato. Ma con un po’ di pazienza anche senza le “megapile” si possono fare giri di tutto rispetto.

Amiata Freeride in eBike

Ha senso andare in un bikepark “famoso” con l’ebike ?
—- Ottima operazione di marketing o trail davvero al top ?

Provero’ a dire la mia, ovviamente fuori dal coro …. (per chi legge questo articolo senza conoscere il mio blog: sono un appassionata di all-mountain e enduro non competitivo e piu’ in generale amo la montagna)

Partiamo da un dato di fatto: il mainstream del mondo mtb spara di continuo video made in usa, dove c’e’ un territorio e una situazione ben diversa dalla media europea, e dove in pratica, quasi tutti i sentieri per mtb sono stati costruiti al puro scopo del divertimento, e non risistemando e pulendo linee pedonali gia’ esistenti (magari talvolta di valore storico) . Bene … l’Amiata e’ un park costruito con mezzi meccanici, una ombrosa faggeta seggiovia-dotata con 300 d- (vi potrebbero sembrare pochi, e effettivamente lo sono, ma su questo fronte il lavoro dei trail builder e’ stato esemplare) dove si snodano 4 linee con alcune varianti, dalla piu’ easy (8 volante) alla + hard (Dirty Sanchez).
Tutte queste linee, ma in particolare le due piu’ facili, hanno panettoni da saltare ovunque. In pratica, se non sei uno/una che salta – come la sottoscritta che comunque per quel poco che salta preferisce salti di tipo drop o step down che non i panettoni, sui quali alzare l’ebike e’ veramente difficile – sulle due linee flow non ti resta che cercare di andare forte. Cercare, perche’ ho beccato un terreno secchissimo che di certo non favoriva il grip. Su 8 volante, ma anche su red jack, c’e’ poco da “guidare”, nel senso enduro o AM del termine, qualunque punto per mettere le ruote – secco permettendo – e’ buono. Non c’e’ nessun passaggio che obblighi ad una “line choice” , ovvero scelta della linea un po’ ragionata. E anche le pendenze sono sempre moderate , tranne qualche curva un po’ + ripida ma sempre decisamente pulita. Per fare un paragone con la mia Valle, Red Jack e Ottovolante sono quello che avrebbe dovuto essere a Sauze Tippy’s witch, se ci fosse un approccio differente al bike business.

E se non si salta ? Ho provato le nere, che forse risultano un po’ “troppo nere”. L’idea di fondo e’ buona, Black Garden ricorda un po’ – tornando al mio NordOvest – concettualmente Rocca della Madonna sul San Giorgio, riprodotto in grande stile e con passaggi un pelo + ostici al primo giro blind. Forse l’unico trail per cui – almeno per il mio modo di intendere la mtb – puo’ aver senso tornarci, anche perche’ mi sono “piantata” piu’ di una volta. Dirty Sancez invece e’ off limits, sopratutto con il secco. Ripidi eccessivi – in particolare uno – con uscite in contropendenza.

Tirando le somme: 7 ore di macchina per 4 ore in bici.
Sicuramente un ottima operazione di marketing, in quanto far pagare un giornaliero alla sottoscritta da quando va a pile e’ un impresa non da poco.
Ma il discorso e’ un altro: la mtb e’ un mondo molto vasto, dalle mille sfaccettature. Quella del “park riding” e’ forse quella piu’ “influence marketing” di tutte queste , che trova ahime’ un parallelo in una storia gia’ vista e vissuta, ovvero quella dello snowboard quando, all’inizio della prima decade degli anni 2000, le aziende avevano perso di vista il loro “cliente reale”, puntando su un freestyle sempre piu’ estremo e lontano dalle capacita’ di un comune mortale. L’Amiata resta un resort per chi ama – e d e’ capace di – stare con le ruote per aria , poco attraente in fin dei conti per un’amante della guida su terreno naturale o comunque il piu’ naturale possibile.
Dal punto di vista didattico … . Ottovolante e’ buono per un total beginner che vuole avvicinarsi a questo sport , meglio se muscolare, red jack puo’ definirsi un enduro “facilitato” , un trail un po’ alla francese (ora che ci ripenso mi ricorda uno dei trail di Serre Chevalier) …
Ovviamente il discorso cambia se non si ha un ebike. In questo caso, indipendentemente dal livello, c’e’ da divertirsi , perche’ la seggiovia permette di ripetere i trail ad oltranza e di trovarsi anche a potar affrontare delle “vere nere” usando un mezzo di risalita. Manca comunque qualcosa di piu’ guidato, con curve strette ecc, molto utile per chi comunque punta all’AM o a determinati tracciati enduro (anche a livello racing).
Per il mio attuale livello, per i miei attuali obbiettivi , per il mio modo di intendere la mtb, il rapporto costi/benefici e’ sfavorevole. Forse potendoci accostare un giro enduro/am puo’ tornare interessante, ma la location e’ davvero lontana.

PS: un ultimo appunto sui salti: io non stravedo per il saltare e basta, pero’ salticchio, in posti tipo l’ Insane Bike Park mi diverto pure. Ma all’Amiata manca una linea “intermedia”, magari con anche qualche drop/step down e non soltanto panettoni che richiedono – se non altro con l’ebike – l’uso forzato del bunnyhop per riuscire ad alzare (poco) la pesante bici a pile.

bunny amiata



Lascio a voi le ultime valutazioni, quanto scritto riguarda esclusivamente la mia esperienza “elettrica”. Ribadisco che il posto e’ fatto e gestito molto bene, ben curato e manutenuto (e da qua i park superstiti della mia valle dovrebbero prendere esempio) , con segnalazione ottima e coerente con il livello reale dei sentieri (le verdi sono verdi, le nere sono nere …) . Ma se siete ebikers “nemmeno troppo salterini” e non lo avete vicino valutate bene … per fare un altro paragone con una trail area nota, Massa Marittima e’ tutta altra storia .

eMTB Valsusa: Fraiteve DH e Sansicario

Chi ha il pane non ha i denti …. parliamo ovviamente del potenziale inespresso della mia Valle. Ma partiamo dall’inizio. Quasi per caso, la settimana scorsa, scrollando il feed di facebook, scopro che c’e’ una gara di DH a Sestriere, e che hanno per l’occasione rimesso in funzione la pista del Fraiteve. Ho un ricordo vago e confuso, ci andai con la Slayer una decina di anni fa circa quando la costruirono, e me la ricordo molto difficile. Cerco qualche video delle prove, ed effettivamente sembra fattibile e alla mia portata, almeno per quel che concerne la parte fino all’incrocio con il sentiero Bordin. Decido di metterla in “to-do-list”, e di approfittare del fatto che la cabinovia e’ aperta al pubblico, per fare un giro mixed pedalato + impianto, da Sansicario al Fraiteve: DH, poi sentiero Bordin per collegarsi verso Sansicario e concludere con il trail del “fu bikepark” che da Soleil Boef riporta alla base delle piste. Totale 1200 d+ di cui 700 con la cabinovia, ma si puo’ tranquillamente pedalare tutta.

Dunque lascio la macchina a Sansicario alto, da qui la strada e’ ben nota: Champlas, rif. Chalmettes, Sestriere, con una comoda sterrata quasi sempre pedalabile anche da chi non va a pile. Da qua per la modica cifra di 10 euro ci imbarchiamo sulla cabinovia del Fraiteve, che ci “sconta” 700 d+ in pochi minuti.

La vetta, anche se conquistata meccanicamente, ha sempre il suo fascino e il suo paesaggio a 360 che spazia dalla Val di Susa alla Val Chiusone.

fraiteve

C’e’ parecchia gente (pedoni) che ha usufruito della cabinovia per scappare al caldo che in questi gioni si fa sentire anche a quote medio alte, e visto il mio poco gradimento per il genere umano specie di questi tempi punto le ruote verso valle, alla ricerca della DH. Seguo i cartelli “trasferimento“, prima lungo una panoramica sterrata di servizio , fino ad un bivio al quale da una parte la strada diventa chiaramente qualcosa di simile ad una pista di DH. Le prime curve sono larghe e scassate, poi un lungo traverso panoramico , fino ad un colletto da cui partiva effettivamente la gara. Fino al Bordin e’ un susseguirsi di ampie curve spondate, qualche salto e qualche ripido. Un unico punto mi ha costretto – in quanto fermata da pedoni che inconsapevolmente salivano per la pista di DH – ad inventarmi una chicken per bypassare un punto di quelli in cui se ti fermi e’ complesso ripartire .
Per il resto, fino al Bordin si fa, basta avere un buon controllo nel ripido, ripido che comunque non e’ mai persistente in maniera eccessiva e non impegna i freni piu’ di tanto.


Ripreso il sentiero Bordin ci aspetta un tranquillo e panoramico trasferimento fino al Soleil Boef, da dove inizia il divertente trail che un tempo faceva parte del “bikepark” di Sansicario ed era usufruibile tramite seggiovia. La diffusione delle ebike probabilmente ha avuto un input positivo, e qualcuno (che anticipatamente ringrazio se mai leggera’ questo post) si e’ preso la briga di ridare vita a questa linea, e di renderla percorribile. Certo, stiamo parlando di percorribile senza scendere dalla bici (qualche anno fa era interrotta in piu’ punti da alberi caduti), non di certo di riportarla agli antichi splendori. Ma basta gia’ a renderla apprezzabile e molto divertente , in teoria (ma non mi sono fidata) sono anche rese percorribili un paio di strutture northshore in legno, ma 10 anni alle intemperie forse sono un po’ troppi per considerarle sicure.

northshore sansicario


Video Trail Sansicario:

Per concludere, e’ venuto fuori un bel giro, con 1000 d- abbondanti e 11 km di discesa, gran parte di questa su singletrack o sulla linea DH. Anche il trasferimento mezzacosta sul sentiero Bordin ha sempre il suo perche’. Quello che invece non ha un perche’ e’ il disinteresse di chi ha “le chiavi delle seggiovie” nei confronti dell’usufrutto estivo di questo territorio, le cui potenzialita’ sarebbero immense, ci sono infinite linee di ogni livello adattabili o creabili ex novo, verrebbe fuori un comprensorio da fare invidia ai piu’ noti bikepark del nordest italico. Ma il nulla. Evidentemente chi s’accontenta gode, e vive di rendita sull’inverno, inverno che pero’ purtroppo non e’ eterno, e’ sempre piu’ imprevedibile considerato il cambiamento climatico. Forse dopo un inverno a secco (e non causa covid) qualcuno potrebbe iniziare a pensarci su ………

Il mio giro su Strava:

In Liguria con la Thok

L’apertura al transito tra regioni, sommata ad una coincidenza favorevole sulle giornate lavorative, mi ha finalmente permesso di tornare nella mia amata Liguria, e di portarci la Thok.
Ci eravamo lasciati con la Mondraker e con un infortunio alle spalle, sul monte di Portofino.
Inoltre era davvero da tanto che non mi cimentavo in qualcosa di tecnico, anche se la thok ha mostrato fin da subito la sua buona predisposizione ad un certo tipo di terreni.
Ma se c’e’ un sentiero definibile come “il trail della verita’” questo e’ il St.Anna di Sestri Levante, che non necessita di presentazioni. In particolare, la seconda parte del suddetto e’ un susseguirsi di rockgarden non sempre banali in cui la scelta della linea e’ fondamentale. L’esordio di questa 4 giorni e’ proprio stato in buona compagnia su questo trail , finalmente chiuso in maniera “lineare” senza troppi intoppi.

me riding thok stanna

Le prospettive dunque sono buone: il ritorno sul Monte di Portofino, previsto per il giorno seguente e quello dopo ancora, non puo’ che essere positivo. Stavolta torno temporaneamente dalla parte dell’allieva, sotto la guida del mio amico, coach local Beppe, con cui affiniamo ulteriormente curve sul ripido guidato in modalita’ didattica (eh si, per acquisire sicurezza la chiave e’ imparare ad andare piano ovunque, oltre che per essere “dimostrativi” e sicuri quando si insegna) , salti e qualche passaggio un po’ + hardcore. Il giorno dopo sempre sul monte, e’ altrettanto formativo: ho l’opportunita’ di osservare il lavoro di Beppe e del suo collega con i ragazzi del bike Camogli, ottima opportunita’ di confronto con una realta’ diversa da quella di Tivoli (tibur bike team) con cui collaboro da dicembre. La giornata si chiude con una discesa dal classicissimo trail Pollone, quello dove, a settembre, mi sono infortunata al ginocchio. E’ un trail con una prima parte flow molto bella e divertente, che poi diventa piu’ tecnico e guidato nella seconda parte. Mi sono ritrovata a scendere inseguendo una ragazza agonista di Enduro, e un ragazzo della scuola con una front che letteralmente “volava”. Tanto per dire che conta sempre il manico, e che il mezzo e’ relativo.

La discesa si conclude con una parte “urban”/towhill, verso Santa Margherita Ligure, giu’ per una scalinata abbastanza adrenalinica, almeno x i miei standard. Anche qua il ragazzino con il frontino mi ha staccato il giusto.

Il meteo l’ultimo giorno e’ poco clemente. Ha piovuto tutta la notte, e questo impone un ritorno a Sestri, unica location con terreno che asciuga rapidamente. E dunque, dinuovo su sant’Anna, in solitaria e con la dovuta prudenza, approfittando anche x documentare la discesa con la gopro, tra rockgarden vari, ginestre in fiore e il solito, spettacolare panorama sul mare.

Che dire: la Thok sembra proprio un gran bel mezzo, adatto alle mie skill. Un mezzo che mi sta permettendo di alzare ulteriormente l’asticella, e di trarre vantaggio dall’elettrico: anche il semplice fatto di arrivare lucidi in cima, permette di affrontare trail tecnici con una testa “migliore”, e addirittura, di affrontarli una seconda volta. Solo in questo modo si riesce a metabolizzare tutta una serie di cose e migliorare il feeling con il mezzo.

thok rapallo

Bisognerebbe riuscire a girare con piu’ costanza su trail di una certa tecnicita’ ma senza parare in sentieri “spaccabici” come possono essere alcune situazioni piu’ frequenti in centro Italia. Sant’Anna ha di buono che non presenta sassi appuntiti o taglienti, o se li presenta questi sono una parte irrisoria. Insomma spero di tornare ASAP a girare su !!

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Test Turbo Levo SL Specialized

TURBO LEVO SL – Il Test

La mia curiosita’ per il neonato segmento delle ebike ultraleggere non e’ un segreto. Da sempre il grosso limite che trovo nelle ebike per quel che riguarda il mio stile di guida e’ il peso. Peso che influisce nella guida in discesa, nel tecnico lento, nella frenata. D’altro canto pero’ per alleggerire bisogna tagliare altrove, ovvero batteria e motore, e quindi essere pronti ad accettare compromessi in salita.
Ieri si e’ presentata l’occasione per testare una Turbo Levo SL Comp sui trail di Formello. Il maltempo e la pioggia fine non mi han fermato, troppa era la mia voglia di provare questo mezzo. Per chi non e’ troppo “tecnico”, ricordo che la LevoSL risparmia in peso montando una batteria da 320 Wh (contro le 500-600 delle ebike “pesanti”) e un motore realizzato “ad hoc” in grado di erogare una coppia di “soli” 35nm (a fronte dei 70-85 delle ebike “pesanti”). Questi accorgimenti portano il peso dell’oggetto in questione attorno ai 18.75 kg per le versioni in alluminio (da me provata) e a 17 kg per quelle in carbonio. Sono pesi comparabili alle vecchie “freeride” della prima decade degli anni 2000, con la differenza che la tecnologia si e’ evoluta e questa ha il motore.


La bici da me provata e’ in allestimento comp, monta forka fox 34 grip, ammo fox float dps, freni guide, trasmissione nx 12v, ruote da 29.

Vediamo subito come va. Intanto anche da spenta rimane pedalabile, il trascinamento e’ pari a zero e questo permette, in tratti pianeggianti, di spegnere tranquillamente il motore per guadagnare in autonomia. Una volta acceso il motore si fa sentire, ed e’ tutt’altro che silenzioso. La LevoSL ha tre livelli di assistenza, in stile shimano per intenderci. In “eco”, diciamo che lo sforzo e’ comparabile al pedalare una XC molto leggera. Su salite scorrevoli non si hanno problemi, a patto di non pretendere – a parita’ di fatica – le stesse velocita’ che si avrebbero con un ebike full-weight and full-power. Per farla molto semplice, questa trail bike mette una “toppa” alla mancanza di allenamento di un/a “sunday rider” come la sottoscritta, permettendo di faticare meno in salita e guadagnare un pelino di velocita’, ma siamo ben lontani dell’effetto “criceto elettrico” tipico delle ebike pesanti.

In discesa, e’ a tutti gli effetti molto molto piu’ vicina ad una trail bike senza motore piuttosto che ad un ebike. Per farla breve mi sembrava di essere tornata sulla mia cara vecchia stumpjumper. Quindi una bici reattiva che risponde ad ogni nostro spostamento di peso, che chiede di essere guidata , che puo’ essere facilmente alzata per saltare radici in bunnyhop , che vola nei rilanci e sulle sponde. Ho avuto giusto qualche problema di feeling con i freni: su una bici del genere vedo meglio un impianto tipo xt, anche solo a 2 pistoni, sarebbe piu’ che sufficente per il peso della sottoscritta … preferisco avere una frenata pronta e possibilita’ di cimentarmi in cose che su un ebike pesante mi sono quasi precluse, come i nosepress.

Purtroppo il meteo non ha aiutato e la gopro si e’ presto bagnata …

Facciamo un’altra risalita, stavolta proviamo ad usare un po’ piu’ di assistenza. La modalita’ trail, ovvero quella intermedia, e’ comfrontabile ad un eco “spinto” di un Shimano o di un Bosch, o ad un Trail/Tour un po’ “moscio”. Qua il motore si sente di piu’ e quindi le velocita’ aumentano senza problemi. Non ho purtroppo avuto possibilita’ di provare salite tecniche, di quelle non pedalabili (almeno da me) con la muscolare. Sarebbe molto interessante poter approfondire anche il comportamento sui “ripidoni in salita”.

Tirando le somme, di elettrico quest’attrezzo ha solo le lucine: e’ quasi una “muscolare” a tutti gli effetti, forse giusto alzarla in manual e’ – almeno per me – un po’ piu’ complesso in quanto la presenza della batteria sul tubo obliquo rende piu’ faticosa la manovra. Idem per i bunnyhop a basse velocita’, ho potuto costatatare una facilita’ maggiore di alzata sul posteriore rispetto all’anteriore. Ma credo che si tratti di farci la mano e di trovare la giusta tecnica, siamo comunque molto, molto piu’ vicini ad una Stumpjumper – o ad una Enduro come pesi – che non alla controparte elettrica, sia essa la Levo full powered, o la mia Thok o altri attrezzi ancora piu’ pesanti (penso prevalentemente alle motorizzazioni bosch e nn solo … )

Il domandone finale e’: la comprerei ? O meglio, avendola provata prima la avrei comprata al posto della thok ?
Per poter rispondere, avrei bisogno di approfondire la conoscenza del mezzo. Di certo trovando un usato (magari di qualcuno rimasto deluso dalle basse peformance del motore) ad un buon prezzo ci farei un pensierone ….. Il nuovo resta decisamente fuori dal mio budget, magari in un’altra vita, chissa’.
Aggiungo che, se avete solo amici elettrici full powered questa bici non vi permettera’ di girare con loro.
Se girate con bici a propulsione umana e rider allenati, e’ la compagna perfetta. Idem per i solitari.
E’ anche un ottimo mezzo come unica bici per chi fa il maestro di MTB, permettendo una didattica che mantiene l’approccio della “muscolare” a livello tecnico ma offre un buon risparmio di gamba nelle risalite.

Aspetto la possibilta’ di provare anche la diretta concorrente, la Orbea Rise, sperando di riuscire ad avere l’opportunita’ x farlo.

Ringrazio Marco di MTB Formello per avermi messo a disposizione questa super bici.

Thok Mig, ci siamo!

Thok MIG , ci siamo !
“La meno ebike – o la + bici – tra le elettriche”

Stavolta non potevo sbagliare. Dopo l’esperienza non del tutto positiva con la Mondraker, ho optato per una scelta influenzata soltanto da dati concreti. Un ebike e’ un investimento, deve fare il suo dovere, e deve rispecchiare il piu’ possibile il nostro stile e il nostro range di utilizzo della bici. Ho sempre detto che non mi interessa andare forte, piuttosto mi interessa scendere da qualunque trail tecnico in sicurezza e nel pieno controllo del mezzo. Le ultime uscite fatte con il frontino hanno ulteriormente confermato che la priorita’ per me e’ quella di essere IO a guidare la bici e ad averne il pieno controllo, non la bici a portare in qualche modo giu’ a valle la sottoscritta (quel che succedeva con la Mondraker). Di tutte le ebike provate ai vari bike test di Formello, il miglior ricordo rimaneva quello della Thok.
E quindi, dopo una non semplice ricerca, eccoci qua, a bordo di una splendida Thok MIG, volutamente cercata nell’allestimento ante 2021 in modo da poter usufruire di un montaggio di base migliore e del motore Shimano 8000.

Non mi addentrero’ nelle specifiche del montaggio ma parlero’ piuttosto delle sensazioni, da subito positive che mi ha dato questa biciclettina a pile, si la chiamo biciclettina e non biciona, perche’, guardatela un po’ affianco al frontino: e’ corta, almeno con le 27.5 e’ corta, piu’ del frontino che monta le 29 e 120 di forka, a parita’ di angolo sterzo (66)

thok e frontino

La bici al momento e’ stata provata a Tivoli sui trail del TTC, nella zona di Monte Cavo e sui mitici tornantini della Torretta. La prima impressione e’ stata quella di “ritrovare” la Stumpjumper, sentendomi subito a mio agio come misure e modalita’ di lavoro delle sospensioni. In discesa si e’ dimostrata immediatamente agile e reattiva, discretamente precisa e con una buona reattivita’ ai vari input. La distribuzione dei pesi con la batteria in basso aiuta a “dimenticarsi” dei kili di troppo, e consente una rapida correzione di rotta anche nello stretto.

tornante torretta
thok mcavo 1
mcavo 2

Parlando di stretto, l’ultima uscita la ho fatta alla famosa Torretta, affrontando i 25 stretti tornantini. Davvero nessun problema (a parte i tanti escursionisti a piedi) , la sensazione era proprio quella di essere tornata sulla Stumpjumper. Sensazione che si ritrova anche nei pochi difetti, quali ad esempio l’instabilita’ nello smosso (dove la Mondraker primeggiava).

Trattandosi di ebike e’ doveroso parlare anche di salita, autonomia e pedalabilita’. Al momento e’ ancora presto per un giudizio definitivo ma la pedalata e’ sicuramente piu’ naturale rispetto al Bosch, ma la potenza erogata e’ apparentemente piu’ bassa. A parita’ di pendenza, devo usare boost piu’ spesso (il turbo sul bosch nn lo ho praticamente mai usato). Il consumo di batteria invece pare confrontabile, aggiungendo che l’eco Shimano e’ apparentemente piu’ spinto di quello Bosch e che la bici non ha trascinamento, rimanendo pedalabile anche a motore spento se la pendenza lo permette.

Ultimo ma non meno importante, a dimostrazione del fatto che rimane “la piu’ bici tra le elettriche”, non e’ impossibile effettuare un piccolo bunnyhop anche per chi come me non e’ Hulk, quindi nella globalita’ la tecnica richiede meno adeguamenti rispetto ad altre ebike piu’ spinte e “simil moto”

Per ora queste sono solo le prime buone impressioni. Speriamo di poterci fare dei bei giri e di progredire ulteriormente assieme. E poi con questa bici condividiamo le origini, chissa’ quanto sara’ contenta quando torneremo entrambe a Casa.

Emtb: urban “enduro” a Roma

Chi mi segue da un po’ dovrebbe conoscere la mia “allergia” alla citta’ in cui attualmente vivo, Roma. Sono qui dal 2013, e ci sono finita per tutta una serie di motivi, e se i primi anni, spinti dall’input di poter finalmente fare surf senza passare ore in macchina, erano stati tuttavia piacevoli, con il tempo e con il progressivo ri-emergere del legame con sia le mie origini alpine, sia con la mia passione per la mtb, ho iniziato a soffrire sempre di piu’ il vivere in questo posto, pianificando in ogni modo il ritorno verso nord. Il covid e il lockdown hanno pero’ congelato ogni possibile progetto di fuga, e quindi ora sono qua, in una situazione tuttavia migliore che altre, a cercare di trovare qualcosa di bello in quello che ho attorno.

Il lockdown, la chiusura delle palestre e lo stop agli sport di squadra, sommato all’incentivo del “bonus bici”, ha portato sui trail un numero inimmaginabile di nuovi bikers, spinti anche dal fatto che l’ebike – a patto di avere il budget per permettersela – permette anche a chi non e’ allenato di divertirsi. Questo ha causato un qualcosa che non avrei mai immaginato, un “sovraffollamento” di posti come Formello, che con il suo “bike park” a misura di elettrico attira ogni weekend (e non solo … ) numerosi appassionati. Sapete bene che non amo la folla, e che con l’aria che tira di questi tempi e’ meglio evitare luoghi ad alta frequentazione, quindi serviva un idea alternativa per il sabato, preferibilmente non fangosa viste le abbondanti pioggie del giorno precedente.

La settimana precedente avevo girato a Formello con Renato, amico surfista e ebiker , che mi aveva proposto un giro per Roma, esplorando alcuni parchi della Capitale, in particolare Monte Mario. Effettivamente avevo sentito parlare di questo fantomatico Monte Mario da parecchi biker , che riferivano esistere veri e propri trail all’interno di questo parco urbano. A dire il vero, avevo gia’ tentato un sopralluogo con la stumpjumper, che non porto’ a risultati in quanto le salite non erano cosa fattibile per me senza motore. Vediamo dunque se con l’ebike qualcosa cambia.

Incontro Renato a San Giovanni, zona dove lui risiede. Da qua inizia il nostro giro, cercando il piu’ possibile di evitare il traffico. Il primo “stop esplorativo” e’ a Villa Ada. Anche questo parco, purtroppo parecchio frequentato, offre alcuni singletrack carini, immersi nella vegetazione, in un contesto difficilmente immaginabile nel centro di una grande metropoli.

Proseguiamo percorrendo la ciclabile del lungo Tevere, fino a Ponte Milvio. Da qua finalmente arriviamo all’ingresso del parco di Monte Mario. C’e’ subito da salire su pendenze non indifferenti, per raggiungere un primo punto panoramico dove la vista spazia dal sottostante Stadio Olimpico a tutta la capitale. La giornata limpida permette una vista fino sugli Appennini e di scorgere in lontananza addirittura il Terminillo.

A seguire, un primo breve singletrack, per poi risalire ancora, per un sentiero che inizia a diventare tecnico in salita e mi obbliga a scendere un paio di volte. Invertiamo la rotta una volta giunti ad un’altro belvedere. Finalmente si scende, prima a ritroso lungo la linea di salita facendo qualche variante, che risulta molto piu’ divertente per me in discesa che non a salire.

Risaliti ancora una volta sulla prima collinetta sempre percorrendo la strada a ritroso, imbocchiamo l’ultimo singletrack che ci riportera’ sull’asfalto.

Da qua, il rientro e’ praticamente tutto lungo la ciclabile, con qualche stop e deviazione per ammirare monumenti che non han bisogno di presentazione.

Per concludere, un giro diverso per i miei standard, alla scoperta di luoghi di difficile immaginazione all’interno di una grande citta’. Monte Mario sicuramente da approfondire, peccato che si trovi in una zona molto distante da dove vivo, e che quindi mi risulti “sconveniente” rispetto ad altri posti gia’ piu’ collinari come Formello o i Castelli Romani. Resta un ottima risorsa per chi abita in zona, e nel malaugurato caso di chiusura dei confini comunali sara’ sicuramente una delle poche opzioni praticabili .