… Il consueto trasferimento estivo in ValSusa si avvicina. E quest’anno finalmente si puo’ ufficializzare la mia operativita’ come Guida Cicloturistica avendo conseguito il titolo della Regione Piemonte . Da fine giugno eccomi operativa per accompagnarvi in sicurezza su tutti i giri recensiti qua con alcune novita’, e per aiutarvi a migliorare la guida del vostro mezzo se neofiti (vedi #dazeroalsentiero )
A tale scopo ho pensato di rendere un po’ piu’ comprensibili i livelli di difficolta’ dei vari giri, cosa che e’ sempre problematica confrontandosi con Trailforks quando possibile, e comunque con dei parametri che sono troppo soggettivi.
L’idea e’ di assegnare 4 macro-categorie ai sentieri, associandole con i livelli descrittivi della scala Singletrack , con 4 belle icone e esempi di giri .
NATURAL FLOW : sentiero prevalentemente Naturale, scorrevole senza particolari ostacoli o avversita’. Adatto a tutti. Verde/Blu Trailforks S0/S1 Singletrack STS. Esempi : Beaulard superFlow (area Cotolivier), il “nuovo” trail delle Grange Rho, i trail di Sansicario. I trails di questa categoria in genere si percorrono agevolmente anche con una front/hardtail
SwitchBacks Challenge ovvero la sfida dei tornantini !! Sentiero naturale con tornanti piu’ o meno stretti spesso non spondati che richiedono la giusta tecnica. Il re di questo genere e’ ovviamente il SingleTrack de l’Infernet, ma possiamo trovare anche sezioni piu’ brevi di questo tipo in altri giri (es Millaures) . Corrispondenza trailforks non definibile con facilita’, puo’ tranquillamente andare da blu a nero. Per la Scala STS siamo tra l’S1 e l’S2 almeno per quel che concerne le offerte in Valle.
Natural Enduro : sentieri di montagna che ben si adattano alla disciplina Gravity, ovvero trails con passaggi anche tecnici ma che mantengono una buona guidabilita’ e permettono di mantenere una certa velocita’ e un certo flow. Trailforks anche qua non fa testo, perche’ in questa categoria ne troivamo da blu a nero … Per la STS singletrack anche qui S1/S2 con qualche possibile breve tratto S3. Esempi : il classico D2 da Chateau sul Cotolivier, i trail della zona di Rochemolles tra la diga e il gran Bea , alcuni trail del park di Sauze che hanno comunque una forte componente naturale/oldschool.
All Mountain Challenge: qui ci mettiamo di tutto un po’, e parliamo in generale di giri in quota, su sentieri naturali ed escursionistici, difficilmente percorribili ad alte velocita’. Ci puo’ essere di tutto un po’, passando dal flow al tecnico . Qua Trailforks non lo nomino nemmeno, e per la STS passiamo da S1 a S3. Esempi ? Il giro della Valle della Rho/Valle Stretta, il Malamot sul Moncenisio , il passo della Mulattiera.
Chi mi segue, lo ha notato sia nei video che qui sul blog: il #frontinorosso ha trovato di che divertirsi qua in alta ValSusa. Vediamo quali sono i percorsi dove meglio esprime le sue potenzialita’ “downcountry“; ovviamente tutti gli itinerari indicati sono molto adatti anche per chi si avvicina al mondo della mtb su sentiero strizzando l’occhio al contesto gravity.
1) Basso Cotolivier, Irontibi lines La parete Nord del Cotolivier nella sua parte bassa, tra le frazioni di Chateau Beaulard, Pierremenaud e Vazon offre una serie di trail interessanti e divertenti per la front, concatenabili in diversi anelli. In breve: da Vazon c’e’ un lungo sentiero mezzacosta, flow con alcuni rilanci, direi piu’ xc e un unico passaggio tecnico che arriva a Chateau. Da Chateau 2 possibilita’ di discesa su Beaulard: 1) Superflow : linea easy veloce e scorrevole. 2) D2 : linea enduro, non impossibile, fattibile anche con la front ma richiede una certa attenzione. Rientrando sulla strada mezzacosta verso Pierremenaud troviamo un bivio che indica Villaretto: da qua parte un velocissimo e pulito trail fatto di compressioni e saliscendi. Se vogliamo una versione piu’ “guidata”, basta proseguire per alcuni metri e troveremo un ingresso nel bosco che conduce ad una variante piu’ stretta e ripida che si collega al sentiero citato sopra. Entrambi conducono alla frazione Villaretto. Da qua ci sono altre 3 possibilita’ di discesa: a) Verso Oulx con un trail ripido guidato la cui unica difficolta’ e’ data dalla pendenza. b) Verso Savoulx (tenere la sx ad un bivio in corrispondenza di un prato) su trail veloce ma stretto c) Proseguendo il facile sentiero che pero’ presenta molti rilanci (piu’ XC)
Dislivello 400-700+ e oltre d+ a seconda delle combinazioni
Acqua: fontane (caratteristiche) in tutte le frazioni.
Video del “superflow”
2) Sansicario ex park
Da Sansicario, seguire la strada per loc. Champlas, da qui salire in direzione Chalmettes. Raggiunto l’omonimo bar/ristorante, si puo’ decidere se fare un giro piu’ lungo proseguendo verso Sestriere sulla strada del Monte Rotta e rientrando per il sentiero Bordin (Facile mezzacosta in leggera discesa, panoramico ma poco interessante dal punto di vista della guida), o proseguire in direzione Soleil Boef. Dall’omonima localita’, dietro ad un cannone sparaneve, si scorge la traccia che scende nel prato. Inizialmente e’ stretta ma poi diventa facilmente seguibile, trasformandosi in un divertentissimo – anche se non largo – flow trail che offre anche una passerella northshore – discendente a Sansicario. Da non perdere.
SALITA: pedalabile– (sterrato fattibile fino al forte Foen poi ci vuole gamba) DISCESA: Bordin s0, exPark S1, passerella e qualche ripido S2+ Dislivello: 500 (700 se si arriva a Sestriere)
Acqua: solo a Champlas e poi a Sestriere se si prosegue (c’e’ una fontana lungo la strada del Monte Rotta, ma ad Agosto 2022 risultava spenta) Video:
3) Bardonecchia Grange della Rho
Giro breve ma panoramico e sopratutto divertente. Si parte dalla zona alta di Bardonecchia, seguendo le indicazioni per Grange Rho e i camini del Frejus. Si parte su asfalto che, anche se a tratti ripido, si lascia pedalare fino al bivio per grange Rho. Da qui la strada diventa sterrata, impegnativa, con una pendenza media dell 11% che richiede una discreta gamba per non ricorrere allo spingismo. Arrivati al paesino, seguiamo in mezzo alle case l’indicazione per Bardonecchia/Strada 3 croci. A breve la traccia diventa un divertentissimo sentiero, che tra curve di diverso raggio (mancano solo le sponde eehheheh) e veloci rettilinei porta a valle fino a ritrovare l’asfalto. Per allungare il giro abbiamo due opportunita’ : a) risalire e poco prima di grange Rho seguire il bivio per Grange Frejus. Da qua inizia un altro singletrack piu’ “XC” con tratti panoramici , qualche parte + tecnica e rilanci che arriva a Grange Frejus sull’asfalto. Percorso qualche metro d’asfalto a sx troviamo una mulattiera, apparentemente anonima e banale, ma che con un po’ di fantasia puo’ trasformarsi in una serie di spondine. b) Se vogliamo evitare il salitone, possiamo semplicemente risalire fino solo alla mulattiera dall’asfalto in direzione camini del Frejus e imboccare la mulattiera a sx.
Acqua: sia a Grange della Rho che poco prima delle grange del Frejus (qualche metro dopo l’inizio della mulattiera) .
Video:
4) Sauze/gran bosco, Il sentiero dei Cannoni
Classico giro tra il Gran Bosco di Salbeltrand e la Strada dell’Assietta. Salita mediamente impegnativa su sterrata non sempre scorrevole almeno fino al col Blegier, poi le pendenze e la scorrevolezza migliorano una volta inseriti sulla storica strada dell’Assietta. Discesa flow con qualche pezzo un po’ piu’ scassato, lunga e talvolta stancante per il fondo irregolare sopratutto nella prima parte. Un po’ “noioso” il dover ripetere un pezzo dell’itinerario di salita per rientrare al punto di partenza, ma nel Gran Bosco di Salbeltrand non e’ possibile percorrere sentieri in bici tranne il suddetto .
Acqua: assente, premunirsi: le uniche fontane presenti lungo la strada del Gran Bosco ad Agosti 2022 risultano chiuse.
Video:
NB: Le tracce sono state linkate da Strava. Se siete iscritti anche con il profilo gratuito dovreste riuscire a scaricarle facilmente da computer. In caso di difficolta’ potete contattarmi e saro’ lieta di fornirvele via email o altro.
Media Valsusa: San Colombano, Trail 804_a , Combes, trail Bisee
Un inverno anomalo, ma questa anomalia purtroppo e’ sempre piu’ frequente. Le precipitazioni nevose sono sempre piu’ rare, e spesso alternate a rialzi termici non indifferenti tali da rendere impossibile la persistenza del manto di neve a quote medio-basse. Anche a Febbraio quindi niente splitboard, ma ebike. Approfittiamo quindi per esplorare una parete sud che d’estate puo’ essere troppo calda: si tratta dell’area sopra Exilles, e in particolare dei sentieri che collegano quest’ultimo con le frazioni Deveys, Combes e San Colombano. L’idea in realta’ deriva da un trail che piu’ di una volta avevo notato percorrendo la SS24, un susseguirsi di tornanti che piombavano direttamente sulla strada asfaltata da una parete piuttosto ripida.
Aprendo trailforks si nota che questo trail esiste, ed e’ segnato come blu. Resta da trovare il modo per inserirlo in un giro piu’ lungo (il trail in se e’ circa 1km, e il dislivello positivo per raggiungere il singolo trail e’ di 300 d+) , compito per il quale ho deciso di riprovare ad usare Komoot. L’altro riferimento da inserire, sempre guardando trailforks e ricordandomi anche di un giro proposto sul libro Western Trail, e’ il sentiero 804 A, che in realta’ andrebbe preso dalla Grangia Soullieres lungo la strada che porta a Grange della Valle, a quota 1700 circa. Ma di questa seconda opzione vi faro’ cenno successivamente.
Saliamo quindi da Exilles verso San Colombano, da qua lasciamo l’asfalto per seguire una sterrata di recente realizzazione. In questa zona sono state ristrutturate alcune antiche grange , quindi c’e’ una strada al servizio di queste. La strada sale tranquilla , si incattivisce solo verso la fine, terminando in un incrocio con proprio il trail che stiamo cercando. La salita e’ comunque facile e pedalabile, alternando scorci sul fondovalle a passaggi tra conformazioni rocciose e muretti a secco. Visto il numero di “ruderi” osservabili presumo che doveva essere una zona ben abitata in passato.
Ma passiamo alla prima discesa. Direzione localita’ Combes: ci aspetta una prima serie di tornanti su fondo smosso e traversi mediamente esposti, nulla di ripido ma che richiede un po’ di sicurezza nella conduzione del mezzo. Scenario sempre molto spettacolare come dal video seguente.
Giunti alla localita’ le Combes proseguiamo continuando la discesa in direzione Deveys. Qua le cose si complicano un pelo, incontrando un traverso esposto dal fondo smosso franoso, che genera alcune contropendenze non banali e non sicure. Il mio consiglio e’ di spingere la bici per i pochi metri “critici”, se non si ha il pelo di rischiare uno scivolone . Lasciato alle spalle il traverso incriminato, la discesa diventa un po’ piu’ scorrevole, e la pietra se compare diventa fissa, proponendo alcune divertenti S e curve varie fino a Deveys.
Ritrovato l’asfalto, si risale per circa 150 d+ fino al ripetitore di San Colombano. Da qua inizia il sentiero Bisee, che pur essendo indicato da paline ha un accesso non visibilissimo, staccandosi a sinistra da uno stradotto che risulta senza uscita. E qui inizia il divertimento: se fosse pulito (basterebbe soffiarlo e levare ramaglie) sarebbe un bellissimo “natural flow” , che alterna parti piu’ “mulattierose” (genere bassa valle, vedi il giro in zona Susa) , ad altre piu’ scorrevoli e addirittura qualche sponda naturale generata dai muretti a secco. Insomma, foglie secche e ramaglie a parte una goduria , con un gran finale a tornantini a picco sulla statale.
Visto il successo di quanto riportato finora, il giorno seguente decido di avventurarmi fino alla grangia Soullier, quota 1700 circa per vedere la parte alta del trail 804 a . Mi affido nuovamente a komoot per vedere quale sia il metodo piu’ rapido per evitare il piu’ possibile la statale in salita. Il suggerimento e’ quello, di percorrere un mezzacosta (o almeno si presume tale) che si stacca dalla strada percorsa il giorno precedente in corrispondenza delle prime case, e inizia a costeggiare la parete. Purtroppo il trail, contrassegnato dalle paline “sentiero balcone” e indicato cosi’ sulle carte, risulta spesso strettissimo, esposto e con passaggi tecnici in salita che gia’ non sarebbero banali in un altro contesto, figuriamoci con uno strapiombo da una parte
In ogni caso in
qualche modo, spingendo piu’ di una volta la bici (nb: il trail se
si ha pelo e manico in salita con un e-bike e’ ciclabile al 95%
forse anche oltre) si arriva alla localita’ Combes. Da qua ora solo
asfalto, lungo la strada x Grange della Valle, fino a quota 1700 mt
slm.
Fa freddo e tocca muoversi. Il sentiero e’ facilmente individuabile dalle seganalzioni biancorosseCAI, e , promette davvero bene. Purtroppo e’ sporco, sporchissimo, pieno di rami e ramaglie di larice, ma se ripulito sarebbe a dir poco spettacolare dal punto di vista del divertimento a due ruote.
UN mix tra singletrack e mulattiera con qualche pietra fissa, e muretti a secco che fanno da sponde naturali. Molto particolare la parte di uscita dal bosco, che ci porta a ritrovare l’itinerario gia’ noto del giorno precedente, con passaggio in una “barriera” costruita con lastre di pietra .
Ripercorriamo dunque la strada del giro gia’ noto a ritroso, incontrando anche qualche pianta in fiore … la primavera e’ ormai gia’ qua (con un mese di anticipo) . Il giro si conclude con il bellissimo sentiero Bisee di cui abbiamo gia’ parlato per un totale di 970 d+.
Concludendo: una
zona che ancora non conoscevo, estremamente interessante. Con un po’
di lavoro di pulizia l’accoppiata 804/bisee diventerebbe davvero un
giro TOP per chi ama l’enduro su terreno naturale. Ottima scoperta
sopratutto in mid season ovvero “destagionalizzata”.
Per completezza lascio i link alle due attivita’ su Strava. Il mezzacosta “sentiero balcone” e’ da percorrere con cautela e a proprio rischio e pericolo.
Trucco 559 e Batteria Paradiso, i trail del Rocciamelone
Come tutti gli anni trascorro il periodo tra Natale e la Befana in ValSusa dai miei. Purtroppo quest’anno la neve scarseggia, e la splitboard non ha avuto praticamente occasioni di essere utilizzata in modo apprezzabile. Fortunatamente ho portato anche l’inseparabile ebike e ho deciso di approfittare delle anomale temperature per spostarmi verso la bassa/media valle e esplorare zone per me ancora ignote. Ho sempre, sia dal libro Western trail che da racconti e/o post su vari forum, avuto un certo timore nei confronti dei trail che scendono dalle pendici del Rocciamelone, montagna che supera i 3000 e che domina la bassa e media Valle. Su trailforks la zona presenta molti trail indicati come “neri”, e il libro in media parla di livelli medi dall’S2 all’S3 continui. Insomma non propriamente una passeggiata o un giro in bikepark.
Le recenti esperienze Liguri e la maggiore confidenza acquisita con lo “scassato”, sommate ad alcuni feedback e alla visione di alcuni video mi han fatto pensare che era giunta l’ora di andare a vedere cosa c’e’ su quella ripida montagna . Nei giorni precedenti, tramite un contatto comune, ho avuto l’occasione di conoscere Gianni, e-biker che come me guida una Thok Mig, “local” della bassa valle con molta esperienza. Sara’ lui a farmi da guida in questa nuova avventura: 1500 d+ sulla carta, partenza da Susa (quota 500 mt slm) , salita fino alla borgata Truc (O Trucco – termine che in piemontese significa collinetta) , discesa dal “558” fino a ritrovare l’asfalto, breve risalita per poi prendere il trail Batterie Paradiso. Insomma una cosa bella impegnativa, considerata sopratutto l’autonomia della Thok. Per l’occasione, abbasso i livelli di assistenza: eco medio, trail basso, boost basso. In questo modo la bici dovrebbe bere meno, e con la dovuta calma non dovrebbero esserci sorprese.
La
salita procede prima su asfalto , sempre in direzione Rocciamelone e
poi su piacevole sterrata, lungo la quale talvolta si incrociano
alcune frazioni, a volte anche con case ben ristrutturate. E’
sempre pedalabile e mai troppo impegnativa, la giornata purtroppo non
e’ delle piu’ limpide e non permette di apprezzare appieno il
panorama sulla bassa valle.
Dopo circa 2 ore , arriviamo finalmente alla borgata Trucco, quota 1700 mt slm. Abbiamo percorso 1200 d+ su 15 km, e la Thok ha ancora 2 tacche accese. Anche da qua purtroppo la foschia non rende apprezzabile al 100% la vista, ma si intuisce che in una giornata limpida il posto deve essere notevole.
Inizia la discesa quindi dal sentiero 558. Superata la caratteristica borgata, il trail si restringe , attraversando prati con un ampio traverso dal fondo irregolare ma buono, e alterna parti piu’ scorrevoli (si fa per dire) a sezioni piu’ tecniche su pietra fissa. Purtroppo ben presto la nostra corsa termina, e viene interrotta da un susseguirsi di alberi caduti, talvolta non facili da superare. Peccato, perche’ il trail offriva proprio un bel mix tra tecnicita’ mai elevata, contorno paesaggistico, e scorrevolezza.
Ritrovata la strada asfaltata, risaliamo per circa un paio di km per andare a prendere Batterie Paradiso. E’ proprio di quest’ultimo trail che avevo visto interessanti video e che mi aveva suscitato molta curiosita’. L’entrata, in corrispondenza dell’omonima localita’ (che prende il nome da artefatti militari presenti in loco), prevede un lungo e panoramico taglio mezzacosta esposto. Peccato che anche qui, gli alberi caduti abbiano complicato le cose fino a rendere il trail non percorribile. Dunque piano B, si torna indietro e andiamo a riprendere il trail poco piu’ in basso dalla localita’ case Bonetti.
[Mi scuso per l’audio non perfetto. Questa “nuova” gopro, con cui son tornata sul trail, ha poco guadagno sul microfono integrato. Sto cercando una soluzione… ]
Che dire … esattamente quello che mi aspettavo. Una bellissima mulattiera, a prevalenza pietra fissa, con passaggi molto caratteristici tra roccioni e tratte mediamente esposte (ma comunque protette da muretti a secco) , mai troppo ripida e mai eccessivamente tecnica ma fisicamente impegnativa. Il paesaggio un po’ spettrale , complici gli incendi degli scorsi anni, ha reso la discesa ancora piu’ caratteristica e affascinante. Sicuramente da inserire tra i piu’ bei trail mai percorsi.
Per scendere, e’ consigliata una full. Lo sconnesso e’ continuo , e anche se non presenta scaloni importanti una front – anche da enduro – potrebbe rendere l’esperienza un po’ meno apprezzabile. Non ci sono ripidi importanti o curve sul ripido , quindi direi che la prevalenza e’ un livello S2 con qualche sezione che si avvicina all’S3. A mio giudizio il trail e’ fattibile da chiunque abbia un buon allenamento e resistenza alla guida sullo sconnesso e esperienza regressa su rockgarden e simili. Il trail in pratica, e’ quasi un continuo rockgarden di pietra fissa, che muta aspetto a seconda dalla sezione. Altamente raccomandato agli amanti del genere.
Per
concludere, un giro spettacolare in cui l’unica nota negativa e’
data dagli alberi caduti. Sono sentieri purtroppo che si “allontanano
molto” da quello che e’ il mainstream della mtb attuale e che
richiedono una propensione ad un determinato tipo di guida che non e’
quella orientata alla velocita’, ai santi e al superflow. Ma –
anche dal punto di vista didattico – girare su questo tipo di
terreno e mantenere la concentrazione a lungo e’ un esercizio che
aiuta a migliorarsi anche quando si torna in terreni ben +
scorrevoli.
Un ringraziamento va a Gianni, che mi ha condotto per questo splendido territorio e che mi ha prestato la sua action cam ; la mia e’ morta dopo il primo trail, e purtroppo non ho controllato i settaggi ed era senza audio e con la data resettata, ma fortunatamente ci sono tornata (leggi note finali) con la “nuova” si fa per dire GoPro che mi ha permesso di fare un video migliore (attualmente pubblicato)
Speriamo
in futuro di approfondire meglio la conoscenza della zona, magari
andando a visitare i trail delle cosiddette “Terre del Moncenisio”.
Chi ha il pane non ha i denti …. parliamo ovviamente del potenziale inespresso della mia Valle. Ma partiamo dall’inizio. Quasi per caso, la settimana scorsa, scrollando il feed di facebook, scopro che c’e’ una gara di DH a Sestriere, e che hanno per l’occasione rimesso in funzione la pista del Fraiteve. Ho un ricordo vago e confuso, ci andai con la Slayer una decina di anni fa circa quando la costruirono, e me la ricordo molto difficile. Cerco qualche video delle prove, ed effettivamente sembra fattibile e alla mia portata, almeno per quel che concerne la parte fino all’incrocio con il sentiero Bordin. Decido di metterla in “to-do-list”, e di approfittare del fatto che la cabinovia e’ aperta al pubblico, per fare un giro mixed pedalato + impianto, da Sansicario al Fraiteve: DH, poi sentiero Bordin per collegarsi verso Sansicario e concludere con il trail del “fu bikepark” che da Soleil Boef riporta alla base delle piste. Totale 1200 d+ di cui 700 con la cabinovia, ma si puo’ tranquillamente pedalare tutta.
Dunque lascio la macchina a Sansicario alto, da qui la strada e’ ben nota: Champlas, rif. Chalmettes, Sestriere, con una comoda sterrata quasi sempre pedalabile anche da chi non va a pile. Da qua per la modica cifra di 10 euro ci imbarchiamo sulla cabinovia del Fraiteve, che ci “sconta” 700 d+ in pochi minuti.
La vetta, anche se conquistata meccanicamente, ha sempre il suo fascino e il suo paesaggio a 360 che spazia dalla Val di Susa alla Val Chiusone.
C’e’ parecchia gente (pedoni) che ha usufruito della cabinovia per scappare al caldo che in questi gioni si fa sentire anche a quote medio alte, e visto il mio poco gradimento per il genere umano specie di questi tempi punto le ruote verso valle, alla ricerca della DH. Seguo i cartelli “trasferimento“, prima lungo una panoramica sterrata di servizio , fino ad un bivio al quale da una parte la strada diventa chiaramente qualcosa di simile ad una pista di DH. Le prime curve sono larghe e scassate, poi un lungo traverso panoramico , fino ad un colletto da cui partiva effettivamente la gara. Fino al Bordin e’ un susseguirsi di ampie curve spondate, qualche salto e qualche ripido. Un unico punto mi ha costretto – in quanto fermata da pedoni che inconsapevolmente salivano per la pista di DH – ad inventarmi una chicken per bypassare un punto di quelli in cui se ti fermi e’ complesso ripartire . Per il resto, fino al Bordin si fa, basta avere un buon controllo nel ripido, ripido che comunque non e’ mai persistente in maniera eccessiva e non impegna i freni piu’ di tanto.
Ripreso il sentiero Bordin ci aspetta un tranquillo e panoramico trasferimento fino al Soleil Boef, da dove inizia il divertente trail che un tempo faceva parte del “bikepark” di Sansicario ed era usufruibile tramite seggiovia. La diffusione delle ebike probabilmente ha avuto un input positivo, e qualcuno (che anticipatamente ringrazio se mai leggera’ questo post) si e’ preso la briga di ridare vita a questa linea, e di renderla percorribile. Certo, stiamo parlando di percorribile senza scendere dalla bici (qualche anno fa era interrotta in piu’ punti da alberi caduti), non di certo di riportarla agli antichi splendori. Ma basta gia’ a renderla apprezzabile e molto divertente , in teoria (ma non mi sono fidata) sono anche rese percorribili un paio di strutture northshore in legno, ma 10 anni alle intemperie forse sono un po’ troppi per considerarle sicure.
Video Trail Sansicario:
Per concludere, e’ venuto fuori un bel giro, con 1000 d- abbondanti e 11 km di discesa, gran parte di questa su singletrack o sulla linea DH. Anche il trasferimento mezzacosta sul sentiero Bordin ha sempre il suo perche’. Quello che invece non ha un perche’ e’ il disinteresse di chi ha “le chiavi delle seggiovie” nei confronti dell’usufrutto estivo di questo territorio, le cui potenzialita’ sarebbero immense, ci sono infinite linee di ogni livello adattabili o creabili ex novo, verrebbe fuori un comprensorio da fare invidia ai piu’ noti bikepark del nordest italico. Ma il nulla. Evidentemente chi s’accontenta gode, e vive di rendita sull’inverno, inverno che pero’ purtroppo non e’ eterno, e’ sempre piu’ imprevedibile considerato il cambiamento climatico. Forse dopo un inverno a secco (e non causa covid) qualcuno potrebbe iniziare a pensarci su ………
Mi scuso intanto per il “lungo” silenzio stampa che ha riguardato sia il blog che la rispettiva pagina facebook. Da una parte siamo in un periodo storico tutt’altro che semplice , ma fortunatamente abbiamo una marcia in piu’ rispetto ai “normali”. Noi non normali, o diversamente normali abbiamo la fortuna di amare l’aria aperta e i grandi spazi. L’ambiente naturale e il rispettivo accesso sono sacrosanti e intoccabili. Sopravviviamo benissimo anche senza strane certificazioni, ci basta il lume della ragione, ragione di cui proprio forse i “folli” come la sottoscritta sono piu’ dotati.
Ma lasciamo perdere questa breve intro, il discorso e’ troppo complesso e non andatto a queste pagine spensierate.
Sono tornata in Valle, Thok al seguito , pronti a ripercorrere i “soliti giri” che riservano sempre qualche sorpresa, e a scovare nuove varianti (di sentieri eh … ) e alternative.
Dalla riscoperta del trail di Sansicario , al giro del Col Saurel fatto al contrario , ad alcune gradite sorprese in zona Rochemolles … e ne abbiamo ancora da esplorare fare e rifare.
Godiamoci questi momenti , del doman non c’e’ certezza … Saro’ in Valle (zone Bardonecchia Oulx Cesana Sestriere) fino ai primi di Settembre, disponibile per giri vecchi e nuovi (scouting), i miei contatti sono nella rispettiva pagina.
Back 2 the roots, a tutti gli effetti. Roots come radici: radici mie, radici della stessa thok (il suo “creatore”, Stefano Migliorini, e’ cresciuto qui a Bardonecchia) , radici presenti in abbondanza sui sentieri.
Come e’ andata la piccola bici a pile sui sentieri di “casa” ?
Bene direi, ma la sottoscritta deve lavorare ancora tanto su molti aspetti tecnici.
Con il mezzo c’e’ molto feeling e questo si e’ capito. E’ facile da condurre, il peso extra non si sente mai troppo. Nello scassato veloce, stile park “oldskool” , ovvero Sauze Style, si e’ ben difesa, ma la mia abilita’ di guida e’ ancora ben lontana dai tempi dei primi 10 su strava. Ricordiamo che quando ancora qualcuno credeva in questa Valle, sui trail di Sauze ci fu una superenduro: il trail su cui mi sono concentrata maggiormente e’ stato il karamell, che mixa una prima sezione guidata a tratti ripida con un divertentissimo tobgoga, tutto “naturale” su base di sentieri esistenti, con pochissimi interventi di contenimento.
La buona risposta del mezzo, con cui ho chiuso pure un passaggio su roccia mai chiuso prima sul trail delle grange Dalma (zona lago Nero – monti della Luna) mi ha convinto a provare qualcosa che non facevo da un po’, tornando, dopo 3 anni abbondanti allo spettacolare passo della Mulattiera, sopra Bardonecchia.
Qua, dopo una parte molto flow e panormaica, il sentiero diventa di fondo molto breccioloso. Ammetto che non me lo ricordavo e che ho sbagliato molte linee , ma le pietre che rotolano continuano ad essere, indipendentemente dal mezzo, il terreno che piu’ in assoluto mi spaventa e mi mette in serie difficolta’.
Ma le “prove tecniche” non si fermano qui. Il breve giro nella valle di Rochemolles presenta ben due trail tecnici: iniziamo dalla spettacolare discesa dalla diga, che dopo due facili tornanti si incattivice con fondo sassoso misto fisso/mobile che ricorda la Porcilaia (fortunatamente + breve) con pendenze mai estreme ma non indifferenti. Qua la bici direi che ha dato il meglio di se dimostrando di essere ben controllabile e guidabile anche in queste circostanze
A seguire, dopo una breve risalita fino alle granche Mouchequite , prendiamo il trail che dal mezzacosta Gran bea si ricollega al paese. Partenza molto flow con salti naturali (da imparare e ricordare) , a segurire sezioni piu’ scassate con tornanti a volte in contropendenza e un passaggio su roccia che in realta’ spaventa solo alla vista ma risulta semplice.
E pure questo lo abbiamo portato a casa ….
Gli ultimi giorni sono stati caratterizzati dal meteo molto incerto: si resta in basso (si fa x dire, range 1100 – 1400) e si torna sulle linee dell’IrontibiChallenge (il percorso creato la scorsa estate da Andrea Tiberi, local ex olimpionico xco) , affrontando il “temuto D2“. Il D2, che non ho volutamente documetnato, e’ il + tecnico dei trail dell’Irontibi. Dopo un prologo facile, inizia a presentare curve in contorpendenza su pendenze importanti , spesso esposte e passaggi ripidi e scavati. Posso dire di averlo chiuso quasi tutto, tranne due curve, ma con molta prudenza e cautela, non nascondo che se un passaggio e’ esposto la paura si triplica.
Concludiamo rilassandoci con il veloce e facile “superflow“, la linea piu’ scorrevole delle Irontibi :
Tirando le somme, la Thok a casa sua in discesa ha fatto il suo dovere. Forse e’ da valutare la sostituzione perlomeno del freno anteriore con un modello a 4 pistoni per poter avere una modularita‘ migliore sul ripido e ridurre il surriscaldamento in caso di discese molto lunghe. In salita invece, come c’era da aspettarsi non ha le performance che aveva la mondraker motorizzata bosch, sia x quel che riguarda l’autonomia che per la capacita’ di superamento ostacoli e mantenimento della traiettoria sullo scassato. La maggiore guidabilita’ in discesa in salita diventa “nervosismo” , il che richiede una tecnica molto avanzata per superare ostacoli tecnici (che io non ho). Ma la priorita’ resta per me scendere divertendomi, quindi promossa a pieni voti !
Dopo 5 giorni consecutivi di maltempo e nevicate, la Befana porta un po’ di sole. Il tempo stringe, e il rientro nel mio “mondo reale” e’ purtroppo sempre piu’ vicino, ma la neve e’ tanta e bisogna sfruttare assolutamente queste ultime ore quassu’. Destinazione dunque rifugio Rey e le vecchie piste di Beaulard, partenza da Chateau e rientro con recupero su Beaulard: in sintesi circa 700 d+ a fronte di ben 1000 d- . Parto da Chateau attorno alle 9.30. Fa freddo quanto basta. E’ davvero tantissimo tempo che non faccio questo giro. L’ultima volta risale ad una vita fa, un periodo non ben quantificabile di tempo, ancora con ciaspole e la “croce” a spalle. Se con le ciaspole la via + breve e’ quella del sentiero pedonale, con la split non e’ cosi’: si segue la linea degli skialper, quindi linea di salita e linea di discesa che in questo caso coincidono, passando per la vecchia pista e poi raccordandosi al rifugio Rey. Come sempre, i primi 40 minuti per me sono quelli piu’ faticosi, ci metto sempre un po’ a capire il mio passo e a stabilizzare la FC senza che schizzi a 170 al primo muretto. Il paesaggio e’ davvero fiabesco, con gli alberi imbiancati come non li vedevo da tanto tempo. La linea di salita e’ buona, ma la pista, come c’era da aspettarsi e’ gia’ mediamente tritata. Non mi scoraggio perche’ conosco bene il posto e so come funziona. E infatti arrivati al Rifugio Rey le tracce si dimezzano, facendomi gia’ immaginare dove mettero’ la firma. (foto fino al Rey)
La traccia di risalita continua sempre buona, rispetto ad “una vita fa” la vegetazione si e’ ampiamente ripresa i suoi spazi, costringendo a tagli per il bosco aziche’ seguire beceramente quella che negli anni 80 era una pista. Il tracciato alterna pezzi piu’ ripidi ad altri dove molla, ma resta sempre fattibile in sicurezza senza traversi o curve impossibili. In due ore arrivo alla garitta della stazione di monte dello skilift (che non esiste assolutamente piu’) , quasi ai piedi dell’imponente Grand Hoche, mi fermo poco piu’ sopra e mi preparo a ricongiungere la splitboard e ad affrotare un pendio dalla neve perfetta.
Gia’ dalle prime curve la cosa e’ chiara: tanta, fredda, bella. Rimpiango un po’ il freeridone Dupraz, la split e’ un 154 e restera’ sempre e comunque un compromesso, e quando c’e’ “misura” tocca arretrare e caricare tanto il tail. Ma va bene uguale, e si continua a scendere alternando boschetti con a tratti qualche passaggio un po’ chiuso ad ampi pendii dove la pista e’ rimasta tale. In pochi minuti sono dinuovo al Rey, molto soddisfatta della prima parte di discesa.
Un breve raccordo che in snowboard richiede un tratto a piedi mi porta all’inizio della pista di rientro a Chateau. Qua c’e’ poco di buono rimasto, e tocca un po’ ravanare negli angolini per farsi ancora un po’ di spazio. La musica cambia dinuovo una volta in vista dell’abitato di Chateau: il bosco lascia spazio ad ampie praterie, dove c’e’ tutto lo spazio per esprimersi, a patto di trovare la linea che abbia una pendenza accettabile per prendere velocita’. Lasciato alle spalle Chateau non ci resta che il rientro su Beaulard, anche qua si ricava ancora qualche spazio tra i prati, per poi concludere su una classica strada di rientro innevata, strada che tra l’altro ho percorso anche in ebike, da seguire fino a valle dove un tempo partiva la seggiovia.
Una giornata da 10 e lode, l’attesa che le condizioni arrivassero e’ stata ricompensata. In una stagione strana come questa la split (o gli sci da skialp per chi e’ “bipede”)diventa lo strumento indispensabile per godere di tutte quelle sensazioni che solo la Montagna puo’ regalare.
Vi lascio al video della discesa fino al Rey + prati sopra Chateau.
O meglio … senza “risalite meccanizzate“, senza impianti di risalita …
Questa e’ la prospettiva che ci riserva l’ “era del covid”. Il problema non mi riguarda (fortunatamente) troppo da vicino, ma ripercorrendo la mia storia non oso immaginare quanto avrei dato di matto se una simile cosa fosse successa nei primi anni 2000 , quando lo snowboard era la mia vita, e quando ho inseguito in vano il sogno di farlo diventare un lavoro. Ora la montagna la guardo da un’altra prospettiva, e da felice splitboarder sono altre le cose che mi turbano. Gia’, perche’ come la chiusura delle palestre e l’impossibilita’ di praticare alcuni sport ha portato, complice il bonus bici, ad un aumento dei bikers sui sentieri, questa chiusura (o meglio non-apertura) rischia di portare all’avvicinamento al Backcoutry (sia esso snow-alp o ski-alp) soggetti che forse non si sono mai allontanati nemmeno dal bordo-pista, pur di fare “qualcosa” sulla neve.
Al momento, parlo esclusivamente per quel che riguarda la mia Valsusa e quello che e’ in grado di offrire. Per quel che concerne l’Appennino il discorso e’ molto + complicato, ma credo che viste le “forme di localismo” – perdonatemi il termine – ne giuste ne sbagliate che caratterizzano il contesto skialp del centro italia e il fatto che non esiste una vera “vocazione turistica invernale” in gran parte delle stazioni, il problema semplicemente non esistera’ o quasi. Torniamo quindi alla mia Valle. Qua abbiamo circa 5 (forse anche di piu’ , in base alla quota neve) itinerari skialp/snowalp easy seguibili con facilita’ anche senza gps se si conosce un minimo l’orografia della zona. A questo si aggiungerebbe la possibilita’ di salire lungo le piste chiuse se non sara’ interdetta.
Ora, gia’ in circostanze normali, itinerari facili come Cima Bosco possono risultare molto frequentati nei weekend, con difficolta’ di parcheggio (la montagna non attrezzata ha spesso spazi ristretti) e altre conseguenze. Avventurarsi nel backcoutry , lontano dagli impianti di risalita, implica la conoscenza di alcune regole, e sopratutto delle procedure di autosoccorso in caso di slavina, bisogna essere in possesso di ARVA, PALA, SONDA e saperli usare (sarebbe preferibile aver frequentato un corso, anche molto basilare), bisogna conoscere la location (o affidarsi a local/guide) e sapere quando si puo’ andare e dove, e quando non si puo’. E questa e’ la ragione per cui io giro soltanto nella mia Valle. Ho girato una sola volta in Appennino grazie ad un amico skialper che mi ha fatto da guida, ma da sola non mi avventuro ad esplorare ambienti a me pressoche’ sconosciuti. Lo skialp/snowalp non e’ la mtb, dove alla peggio giri le ruote e torni indietro. La montagna non perdona, e l’errore di un singolo rischia di colpevolizzare tutta la categoria, con il conseguente proliferare di divieti spesso privi di fondamento.
Io credo che la soluzione sarebbe una riapertura con skipass a numero massimo, acquistabili solo online in prevendita, favorire le stazioni dotate prevalentemente di seggiovie in modo da distribuire in modo ottimale gli sciatori/snowboarders , e vietare l’apertura di bar e ristoranti sulle piste. Forse anche un limite orario, del tipo sciare meno ma sciare tutti, con doppio turno mattiniero/pomeridiano , potrebbe essere un compromesso per aprire in sicurezza accettabile da tutti. Resta da vedere se ai gestori conviene, in quanto spesso uno ski-resort non campa sugli skipass staccati, ma grazie all’indotto portato, fatto ahime’ da tutte quelle attivita’ che sono per forza di cose causa di assembramenti e che per molti clienti sono piu’ “importanti” dello sciare in se (in primis penso al business degli inglesi a Sauze d’Oulx, immaginare Sauze senza gli inglesi nei pub e’ qualcosa di altamente strano) .
La situazione e’ complessa. Sara’ un inverno alternativo, molto alternativo. Vorrei solo raccomandarmi a chi, con questo “pretesto” degli impianti chiusi volesse avvicinarsi al backcountry, di farlo con il giusto spirito, rispetto e cognizione di causa. #staylocal #ridelocal .
L’avere un ebike implica una nuova prospettiva e un nuovo approccio alla salita. Sopratutto se trattasi di salita tecnica, da farsi quasi totalmente a spinta in caso di bici senza motore. La salita in questione e’ quella del giro della traversata Valle Stretta Nevache via colle di Thures, gia’ affrontata un paio d’anni fa con la Specy. Parliamo di una tratta da circa 450 d+ che si sviluppano in circa 3km, con una pendenza media del 13% e punte fino al 24%, tutta su singletrack non propriamente definibile “uphill flow”. Parliamo di un sentiero non eccessivamente stretto, ma spesso tortuoso, cosparso di radici fisse e con stretti tornanti in salita. e sopratutto, super frequentato da pedoni. Ovviamente l’obiettivo era di farne il piu’ possibile in sella. Impresa tutt’altro che semplice, non tanto per le pendenze, tutte a portata di ebike, ma per la relativa esposizione di alcuni tratti e la presenza, come anticipato, di ogni tipo di ostacoli fissi, che ancora non sono capace a superare. Aggiungiamoci il fatto di dover convivere con i pedoni, che non sono assolutamente abituati a vedere una biciclettona a motore che si inerpica per i sentieri, e che sono completamente incapaci di spostarsi in maniera sicura, sia per loro incolumita’ che per quella di chi sale in bici. Sottolineo che l’itinerario in questione, al confine tra Italia e Francia, e’ inventariato VTT FFC (Federazione Francese Ciclistica) e ne e’ segnalato l’uso promiscuo. In ogni caso, sono riuscita a pedalare gran parte dei traversi, salendo la tratta incriminata in 43 minuti, contro 1h15 di quel che ci si mette spingendo a piedi una bici muscolare. Rimane un bel risparmio di tempo, di energia non saprei, in quanto i fuori soglia si sprecaano, sia nelle tratte pedalate che nel superamento in walk delle radici + grosse.
In cima pero’ lo spettacolo e’ sempre degno della salita, sia essa stata compiuta piu’ o meno in sella o a piedi.
Il giro prosegue prima per l’ampia prateria per facile singletrack, fino ad imboccare la discesa che ci portera’ a Nevache sul versante Francese. Questa, da me soprannominata “Beethoven” per il fatto che la prima volta che la ho fatta ero inseguita dal maltempo, che rendeva ancora piu’ inquietante l’attacco del trail, e ben si sposava con le note della 5a sinfonia come sountrack. Stavolta pero’ il meteo ci aiuta, il panorama e’ un po’ meno cupo, ma altrettanto spettacolare. La prima sezione esposta del “Beethoven Trail” e’ sempre da affrontare con cautela, e l’attenzione va mantenuta comunque alta per tutto il serpentone a tornanti discendente, sia per il fondo smosso e a tratti cosparso di pietre fisse e radici, sia per la possibile presenza pedonale in direzione opposta anche su questa linea. Resta sempre un bel trail, un enduro naturale che richede una discreta concentrazione e scelta delle linee.
Arrivati a Nevache, si risale per 2km di asfalto scorrevole fino al Colle della Scala. Scollinato verso l’Italia, al secondo tornante della discesa imbocchiamo un trail che 2 anni fa era ostruito da una frana. Stavolta e’ percorribile, anche qua con cautela: e’ un mezzacosta a tratti molto esposto, fortunatamente poco frequentato. Per sicurezza preferisco passare a piedi i punti piu’ critici. Superata la fase piu’ rocciosa e ricca di sfasciumi, un singletrack senza difficolta’ ci riporta alla strada di Valle Stretta.
Visto che abbiamo il motore, risaliamo ancora una volta gli ultimi 2 tornanti su asfalto per goderci il trail finale, sulla sinistra orografica della valle. Noto anche come “sentiero Lucianina”, questo singletrack presenta molti rilanci e saliscendi, molto divertenti con un ebike, abbinati a parti piu’ guidate con qualche stretto tornante e curve di diverso raggio, snodandosi tra i pini e lasciando intravedere qualche scorcio panoramico sul fondovalle. Un ottima conclusione per uno dei giri “natural enduro” secondo me piu’ interessanti dell’alta Valsusa, sia per elettrici che non.
(video)
Per concludere, un grande classico che l’ebike rende percorribile in tempi molto ragionevoli, ma che, spingismo a parte vale la pena fare anche con una bella full da trail/enduro. 1000 d+ abbondanti e 26 km, da non perdere se si passa da questa valle.
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