Un inverno senza sci/snow ?

O meglio … senza “risalite meccanizzate“, senza impianti di risalita …

Questa e’ la prospettiva che ci riserva l’ “era del covid”. Il problema non mi riguarda (fortunatamente) troppo da vicino, ma ripercorrendo la mia storia non oso immaginare quanto avrei dato di matto se una simile cosa fosse successa nei primi anni 2000 , quando lo snowboard era la mia vita, e quando ho inseguito in vano il sogno di farlo diventare un lavoro. Ora la montagna la guardo da un’altra prospettiva, e da felice splitboarder sono altre le cose che mi turbano. Gia’, perche’ come la chiusura delle palestre e l’impossibilita’ di praticare alcuni sport ha portato, complice il bonus bici, ad un aumento dei bikers sui sentieri, questa chiusura (o meglio non-apertura) rischia di portare all’avvicinamento al Backcoutry (sia esso snow-alp o ski-alp) soggetti che forse non si sono mai allontanati nemmeno dal bordo-pista, pur di fare “qualcosa” sulla neve.

Al momento, parlo esclusivamente per quel che riguarda la mia Valsusa e quello che e’ in grado di offrire. Per quel che concerne l’Appennino il discorso e’ molto + complicato, ma credo che viste le “forme di localismo” – perdonatemi il termine – ne giuste ne sbagliate che caratterizzano il contesto skialp del centro italia e il fatto che non esiste una vera “vocazione turistica invernale” in gran parte delle stazioni, il problema semplicemente non esistera’ o quasi. Torniamo quindi alla mia Valle. Qua abbiamo circa 5 (forse anche di piu’ , in base alla quota neve) itinerari skialp/snowalp easy seguibili con facilita’ anche senza gps se si conosce un minimo l’orografia della zona. A questo si aggiungerebbe la possibilita’ di salire lungo le piste chiuse se non sara’ interdetta.

cìt roc splìt
cima bosco

Ora, gia’ in circostanze normali, itinerari facili come Cima Bosco possono risultare molto frequentati nei weekend, con difficolta’ di parcheggio (la montagna non attrezzata ha spesso spazi ristretti) e altre conseguenze. Avventurarsi nel backcoutry , lontano dagli impianti di risalita, implica la conoscenza di alcune regole, e sopratutto delle procedure di autosoccorso in caso di slavina, bisogna essere in possesso di ARVA, PALA, SONDA e saperli usare (sarebbe preferibile aver frequentato un corso, anche molto basilare), bisogna conoscere la location (o affidarsi a local/guide) e sapere quando si puo’ andare e dove, e quando non si puo’. E questa e’ la ragione per cui io giro soltanto nella mia Valle. Ho girato una sola volta in Appennino grazie ad un amico skialper che mi ha fatto da guida, ma da sola non mi avventuro ad esplorare ambienti a me pressoche’ sconosciuti. Lo skialp/snowalp non e’ la mtb, dove alla peggio giri le ruote e torni indietro. La montagna non perdona, e l’errore di un singolo rischia di colpevolizzare tutta la categoria, con il conseguente proliferare di divieti spesso privi di fondamento.

Io credo che la soluzione sarebbe una riapertura con skipass a numero massimo, acquistabili solo online in prevendita, favorire le stazioni dotate prevalentemente di seggiovie in modo da distribuire in modo ottimale gli sciatori/snowboarders , e vietare l’apertura di bar e ristoranti sulle piste. Forse anche un limite orario, del tipo sciare meno ma sciare tutti, con doppio turno mattiniero/pomeridiano , potrebbe essere un compromesso per aprire in sicurezza accettabile da tutti. Resta da vedere se ai gestori conviene, in quanto spesso uno ski-resort non campa sugli skipass staccati, ma grazie all’indotto portato, fatto ahime’ da tutte quelle attivita’ che sono per forza di cose causa di assembramenti e che per molti clienti sono piu’ “importanti” dello sciare in se (in primis penso al business degli inglesi a Sauze d’Oulx, immaginare Sauze senza gli inglesi nei pub e’ qualcosa di altamente strano) .

La situazione e’ complessa. Sara’ un inverno alternativo, molto alternativo. Vorrei solo raccomandarmi a chi, con questo “pretesto” degli impianti chiusi volesse avvicinarsi al backcountry, di farlo con il giusto spirito, rispetto e cognizione di causa. #staylocal #ridelocal .

split

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Snowboard: Splitboard first ride

Splitboard first ever ride

Tutto è cominciato da li … la mia passione per la montagna nasce con lo snowboard una vita fa. La ricerca del surf feeling in powder, ovvero neve fresca è quello che mi ha attivato la voglia di esplorare, di uscire dai limiti imposti dagli impianti per trovare spazi con neve polverosa. La mia avventura nel mondo del backcountry inizia anni orsono con ciaspole e tavola a spalle, per poi finire nel dimenticatoio o quasi nel momento della trasferta a Roma.
Ma le scimmie si sa, possono stare buone per un po’, ma non troppo a lungo, e prima o poi un qualcosa puo’ far riaffiorare passioni sepolte.
Sono tante le ragioni che mi hanno convinto a prendere una split, ma stavolta la prima ha un carattere prettamente economico: circa un mesetto fa entro in possesso di una “vecchia ma nuova” Rome double agent 154 ad una cifra irrisoria, sprovvista di pelli e kit di interfaccia.
Cerco di farmi una cultura sui materiali, sul come allestirla e renderla usabile, e giungo alla conclusione che, a meno di un’improbabile
ulteriore botta di fortuna, l’unica soluzione alla mia portata economica sia il datato kit voilè, unico sistema per adattare alla split attacchi qualunque con dischi 4×4.

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Grazie ai social rimedio tutto l’occorrente direttamente quassù in alta ValSusa, nello specializzatissimo negozio SurfShoppe di Sestriere. Vengo avvertita di continuo dal fatto che il sistema voilè è datato e obsoleto ma poco importa. Non so se e quanto riusciro’ ad usare l’infernale attrezzo, quindi, come tutti gli esperimenti si parte in economia.
Pronti dunque: la quota neve alta impone la scelta su Sestriere anche per il collaudo della split. Saliro’ tra boschi e piste in disuso tra il principi di Piemonte e il vecchio Garnel, fin poco sopra il Cit Roc alle pendici del Monte Sises. Piu’ o meno 400 d+ .

splìt

La split è piuttosto semplice da assemblare quando è pulita. Anche mettere le pelli non presenta difficolta’. Si parte dunque, sfruttando linee di altri skialper e ciaspolatori piu’ o meno pulite. Non avere lo zaino a spalle carico è un enorme liberazione, e la salita risulta piuttosto agevole e mai eccessivamente faticosa. Lo sforzo è paragonabile alla mtb, un’altra vita rispetto alle ciaspole …

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Arrivo alle pendici del Sises senza troppa fatica, la neve pare buona e le tracce presenti lasciano ancora spazio per qualche curva.
La split, una volta riunita (non senza difficoltà, questa è l’unica cosa che potrebbe complicare la vita sopratutto in caso di freddo, vento e gelo), si comporta come un qualunque freeride , e la poca rigiditò torsionale praticamente non si avverte

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Scegliendo bene si riescono a fare curve interessanti, la neve c’è ed è qualitativamente buona, mantenendosi apprezzabile anche in basso sopratutto nelle zone piu’ boscose.
Niente male per essere un primo, breve esperimento di snowalp in una stagione che per ora lascia abbastanza a desiderare.
Una cosa è certa, la split puo’ aprire nuove possibilita’, è un modo per riavvicinarsi alla montagna invernale lontano dal caos e avventurarsi
alla scoperta di nuovi ambienti e scenari.
Per il momento il mio primo approccio è positivo. C’è da capire quanto puo’ essere faticoso battere per primi la traccia, ma per il momento, essendo risalita su un mix di tracce, linee del gatto, neve trasformata e qualche pezzo piu’ vergine non ho mai avuto difficolta’ o sentito scorrere all’indietro. Un bellissimo modo di affrontare la montagna d’inverno, raccomandandosi pero’ di consultare bollettini meteo, di dotarsi di attrezzatura di autosoccorso e di verificare l’assenza di divieti e ordinanze.

Spero di approfondire per bene l’utlizzo di questo mezzo dalle interessanti potenzialita’.