MTB: test reggisella telescopico su Front

Del reggisella telescopico ne abbiamo gia’ parlato evidenziando l’estrema utilita‘ dell’accessorio in questione e del come puo’ semplificare notevolmente la vita e la guida della mountain bike, sopratutto ai comuni mortali. E oggi infatti voglio lasciare spazio all’opinione di Mike, amico da poco avvicinatosi alla MTB con una front Specy Stumpjumper montata con alcuni accorgimenti per renderla un po’ piu’ “cattiva” e non disdegnare anche la discesa. Tra le customizzazioni infatti spiccano pedali flat, dischi da 200 / 185 , manubrio largo (780 mm) con rise e ovviamente reggisella telescopico KS.

stumpjumper 2013

La prima uscita con questo setup e’ stata fatta a Formello, i cui sentieri ben si adattano anche ad una front incattivita grazie ai frequenti rilanci specie sui trail Cinghiale e Volpe.  Ecco il feedback di Mike riguardo al suo giochino:


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Se molti ritengono che questo accessorio abbia cambiato radicalmente il modo di andare in MTB e se in tanti hanno apprezzato questo prodotto, non posso che essere pienamente d’accordo. Oggi ho provato per la prima volta il tubo reggi sella telescopico sulla mia Spacy e devo dire che son bastati una manciata di secondi per capirne l’enorme vantaggio che ne deriva. La mia Stumpjumper front ha tutte le carte in regola per essere una bici performante e divertente. Alcune uscite precedenti mi han fatto apprezzare questa bicicletta nonostante non mi considero un biker e non ho mai avuto troppo feeling con questo mezzo. In effetti una buona bici ti mette in condizione di divertirti e se poi i giusti consigli e il giusto meccanico fanno la loro parte, ecco che il divertimento è assicurato. Oggi il mio KS ha fatto la differenza in quel di Veio Bike Park. Il posto merita e si adatta bene a chi come me non ha una grande esperienza ciclistica in fuori strada. Salite e discese si alternano a continui rilanci e il tubo sella telescopico dà quella marcia in più. Il comando al manubrio è reattivo sia in estensione che in contrazione e sopratutto in salita si sente la differenza in qunato la postura più alta agevola lo spostamento in avanti e migliora la trazione e la precisione di guida. Altra nota degna di menzione è il fatto che il reggisella telescopico KS ha un’ ampiezza tale per cui agendo sul comando si riesce ad ottimizzare l’escursione e quindi non si ha una sola posizione ( basso / alto ) ma si buò scegliere l’altezza ottimale per ogni track.
Esteticamente poi è una bomba: il cavo di comando non arriva fin sotto il sellino ma si ferma poco dopo il collarino e rende il tutto pulito e lineare con un look accattivante e minimalista anche se il passaggio dei cavi e’ esterno. 
In conclusione devo ammettere che prima era una gran rottura doversi fermare per regolare l’estensione del tubo sotto sella e ora basta una leggera pressione del pollice sinistro sull’apposito trigger e in un battito di ciglia si ottiene la perfetta regolazione della sella. Amo le salite e sicuramente questo accessorio fa la differenza permettando una regolazione precisa dell’altezza e adeguata alla tecnicita’ del percorso, mentre in discesa una volta abbassato è pressoché perfetto agevolando il fuorisella e diventa superlativo nella gestione dei rilanci dove basta rialzaro per non perdere velocita’…. .quindi promosso a pieni voti anche da uno che tutto pensava, piuttosto che appassionarsi alla MTB. 

mike1 mike2

Credo che a questi punti, a meno che uno non faccia percorsi prettamente pianeggianti (o prettamente AM con lunghe salite e conseguenti lunghe discese senza necessita’ di frequenti cambi di stance) il reggisella telescopico sia d’obbligo per ottimizzare performance e divertimento. Ad ulteriore prova ricordiamo che la medaglia d’argento femminile olimpica di Rio ha corso con una front dotata di reggisella telescopico … e se siete interessati all’acquisto di uno di questi prodotti (vi consiglio di evitare quelli troppo economici e di optare per un modello a passaggio cavo esterno se vi cimenterete nel montaggio in maniera autonoma) potete anche approfittare dell’offerta del nostro parthner PROBIKE : inserendo il codice SALDI5 avrete un ulteriore 5% sugli articoli gia’ in saldo

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In conclusione, per chi pensa che la front non sia abbastanza divertente, vi faccio vedere come se la cava dietro a #slayerina sul track Cinghiale di Formello :

K2 CarveAir 149 TEST Groomer Snowboard

TEST K2 CarveAir 149

Ci siamo riusciti. Finalmente le condizioni meteo mi hanno permesso di azzardare un’uscita in snowboard a Campo Felice per provare
la K2 CarveAir, tavola appartenente alla neonata categoria “groomers“. In USA per groomer si intende pista battuta, e le tavole dedicate
a questa categoria hanno l’obbiettivo di ottimizzare le performance sul battuto/lavorato/preparato senza penalizzare il freeride.
In pratica la CarveAir e le sue parenti di altre case dovrebbero carvare come un freecarve hard anni 90 senza sacrificare l’andatura
in neve fresca. Insomma, sulla carta la tavola ideale per riportare sullo snowboard gli over 35 che hanno iniziato con questo sport
20 anni fa o piu’, magari con un hard.
Faccio parte di questa categoria. Malgrado abbia un passato da aspirante maestra di snowboard, non sono mai stata una scimmietta da park,
non ho mai amato il freestyle specie quello newschool (rail e altre cose che in montagna in natura non esistono),
e anche se qualche rotazione la chiudevo le mie passioni sono sempre state le curve, siano esse in fresca o in pista con l’hard.
Cominciamo dal perche’ una tavola del genere nel mio quiver? la risposta e’ molto semplice, perche’ con il freeridone (Dupraz D1 5.5)
senza powder (vera) fai poco e le transazioni in pista sono a volte poco divertenti, con l’hard o hai pista libera fatta nella giusta
maniera (vedi les2alpes) o rischi l’incidente, e tutte le tavole piu’ polivalenti che ho avuto dopo un po’ mi han stufato e le ho vendute.

Un mesetto fa circa mi ritrovo a vedere il video “yearing for turning” e’ stato illuminante, mi ha fatto tornare voglia di andare in snowboard, ed ecco che poco dopo ho rimediato la groomer.

k2 carveair 149

Cominciamo dall’aspetto dell’oggetto in questione. Direzionale puro, diamond tail, lamina effettiva molto lunga se proporzionata alla misura
totale, flat camber, carbonio tra i piedi. Al tatto la tavola e’ rigida, molto rigida per la misura. Angoli scelti: non e’ stato facile,
con i freeride ormai monto il duck ovunque, ma questa e’ direzionale, sembra un hard allround anni 90 allargato… che facciamo ? 0-15
e passa la paura.

flat camber

Dopo 40 minuti di coda alle casse finalmente siamo sulle piste e vediamo cosa sa fare questa tavola.

Ci vuole un attimo per prenderci le misure e per capire che il peso va tenuto mediamente piu’ avanzato rispetto ad una tavola twin
o directional twin. La prima run e’ puramente conoscitiva, ma offre un bello spunto in powder, perche’ non provarci ? E qua arriva
la sorpresa. Un 149 che gira in modo molto surfistico, richiede un po’ di arretramento rispetto alle mie abitudini, ma risulta molto
molto piacevole.

lines

Presa la mano, alla seconda run comincio a capire che non e’ un hard, che non ho gli appoggi sui boots ma devo usare le caviglie.
Ed ecco che la carveair comincia a carvare con precisione e tenuta da hard, sia front che back. La tavola richiede un adeguamento
della tecnica (che si scopre presto) al nuovo mezzo, e dimostra sopratutto su spazi ampi di media pendenza di poter arrivare molto
molto vicino a quello che riesce a fare un hard. Va lanciata , richiede velocita’ per esprimersi al meglio, ma rimane comunque piu’
tollerante e facile da svincolare in caso di sciatori o riders in rotta di collisione. Ci va un po’ di tecnica e un po’ di preparazione
a gestire i cambi , non e’ veloce come un hard ma al momento resta l’oggetto montato con attacchi morbidi che piu’ si avvicina
alle sensazioni che si possono provare solo con gli scarponi rigidi…. con il vantaggio che se percaso si incrocia powder la carveair
non si tira indietro, anzi sfodera tutta la sua velocita’ e maneggevolezza.

k2carveair campofelix

Purtroppo Campo Felice nei weekend difficilmente offre la possibilta’ di far tirare fuori tutto il potenziale a questa tavola, spero di poter approfondire l’argomento con meno traffico sulle piste.
Per il momento proviamo a tirare le somme:

Carving : 9 1/2 -> Il nome e’ un programma, la tavola non delude, a patto di adeguare la tecnica, e nemmeno le lastre di ghiaccio
la spavetano piu’ di tanto.

Powder 9 -> Un 149 che gallegga con i miei 60kg abbondanti vestita sopra e’ uno spettacolo. Necessita pero’ di velocita’ maggiore
rispetto ad un freeride puro da powder, ma una volta lanciata permette una surfata che ricorda sensazioni acquatiche.

Situazionale (gobbe o altre condizioni anomale) -> 7 1/2 . Ovviamente meglio di un hard, meglio di tavole rocker, meglio di freeridoni
da galleggiamento. Digerisce la serpentina stretta (anche qua serve un minimo di adeguamento nei cambi) ma la rigidita’ richiede
gambe altrettanto reattive per assecondarla.

Non azzardo voti “freestyle” anche se da recensioni e video si puo’ vedere come queste tavole siano adatte a staccare salti in
velocita’ … ma la mia veneranda eta’ non mi permette di dare questo tipo di feedback.

top campofelix

Nel complesso possiamo dire che questo tipo di tavola potrebbe essere un aiuto a far uscire un minimo lo snowboard dalla crisi, a far tornare sulle piste chi si stava arrendendo al cambiamento climatico, a trovare nuove motivazioni per migliorare la propria tecnica e riportare nello snowboard quell’eleganza che manca da anni e levarci quell’etichetta di scimmiette che molti ci affibbiano.

Welcome to a groomed future 😉

Riferimeni tecnici QUA

Snowboard – chi cerca trova

Local. Termine che nel surf non potra’ mai appartenermi. Ma quando torno qua, nella Valle da cui e’ iniziato tutto e trovo la neve ritrovo anche le mie origini. Ho iniziato lo snowboard nel ‘94 oltralpe con un hard, ma e’ qua, nei boschi del comprensorio di Bardonecchia che ho maggiormente sfruttato le possibilita’ di freeride servito da impianti date dal territorio. Parlo di fine anni 90 e dei primi anni 2000, anni in cui la neve non si faceva desiderare, e permetteva di spaziare dagli ampi pendii dello Jafferau ai boschi del Melezet, passando per il Vallon Cros nell’omonimo comprensorio. Conoscevo e conosco ogni albero e ogni passaggio. Poco e’ cambiato in questi anni, ma una cosa e’ cambiata. Lo snowboard e’ cambiato. A fine anni 90 eravamo tutti freeriders assatanati di fresca, capaci di ravanarla fino all’ultimo rimasuglio anche nei boschi piu’ stretti e impensabili all’occorrenza. Adesso basta osare un po’ di piu’, fare qualche metro a piedi per trovare pendii con pochi passaggi anche a piu’ di 10 giorni dall’ultima nevicata …..

Le zone del Vallon Cros e del Seba nel comprensorio di Melezet sono state favorite dalla nevicata pre-natalizia, e dopo tanto tempo li ho potuti rivedere aperti e al massimo splendore, complici anche le temperature basse che hanno permesso al manto nevoso di resistere e di ben stabilizzarsi rendendo possibili discese sicure.

 

 

 

 

 

 

Neve bella e fredda, farinosa, e stranamente nessuno che si avventura oltre le piste o i pendii piu’ evidenti e “ravanati”. Come se ci si fosse dimenticati del freeride. Del resto la maggior parte degli snowboarder (ma anche dei freeskiers) paiono essere maggiormente attratti dallo snowpark che quest’anno e’ stato costruito sul Selletta.
Due generazioni diverse. Certo una volta i park non c’erano, e se la powder non c’era esploravi percorsi un po’ piu’ fuori dalle rotte o ti dedicavi al backcountry. Ora pare esserci una distinzione decisamente piu’ netta tra le discipline, anche in termini di tipologia di materiali usati. Del resto la mia Dupraz D1, appartenete alla categoria degli snowsurf ovvero a quelle tavole da freeride con stile surf-oriented trova nella fresca e nella trasformata portante i suoi terreni preferiti, non disdegnando qualche curva in stile groomer quando la neve in pista tiene. Tutto il resto (ghiaccio e neve irregolare) e’ sofferenza, un po’ come fare un percorso da DH con una front da XC facendo un paragone con la mountain bike.

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Si conclude qua questa parentesi da “local”, in cui mi e’ parso di tornare indietro di 15 anni almeno …. ora a breve tornero’ verso la Capitale, con la buona notizia che anche in Appennino ha finalmente nevicato … che questo sia un’inverno degno di questo nome ? Una cosa e’ certa, che lo snowboard ha ancora un suo forte perche’ nel mio mondo. Never stop riding 😉


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Welcome 2017

Il 2016 si e’ chiuso tra onde di qualita’ e powder inaspettata …..

Augurando a tutti un 2017 nel segno dell’outdoor e dello sport vissuto nel migliore dei modi pubblico 2 video realizzati ieri, nella speranza che anche la neve torni protagonista (magari anche in Appennino) , che lo snowboard riprenda la sua dovuta visibilita’ e che quel minimo imput che si inizia a vedere da alcuni brand con modelli che strizzano gli occhi a chi questo sport lo ha visto nascere e crescere , riportando in montagna il sano divertimento di fare semplicemente qualche “curva”, anche in pista se la fresca manca. Buon 2017 a tutti !!!!

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Dupraz D1 snowboard carving groomer like from WhyBeNormal KiaZ on Vimeo.

Seba powder snowboard freeride bardonecchia melezet from WhyBeNormal KiaZ on Vimeo.



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Snowboard: riflessioni di fine anno …

EOY 2016 (dov’e’ andato lo snowboard)

Questo 2016, il primo anno per whybenormal, sta giungendo alla fine. E come tutti gli anni le festivita’ mi riportano qua in alta ValSusa,
dove sono cresciuta e dove ho iniziato ad apprezzare la montagna e le sue potenzialita’, dapprima invernali con lo snowboard e il
backcountry (snowboard alpinismo) e poi estive con la mountain bike. Questa fine dicembre e’ tuttavia stata abbastanza fortunata.
La neve sopra i 1800 metri e’ qualitativamente buona, con un po’ di fortuna si riesce ancora a strappare qualche curva in powder ma
piu’ facilmente si rispolvera l’hard (snowboard alpino) e si carva a velocita’ che superano i 50 km orari.


Cosa rara ormai, sia perche’ gli inverni son sempre piu’ miti e brevi (specie in Appennino), sia per il caro-skipass e la logistica divenuta
ormai per me complessa.
In questi due giorni sulla neve non ho potuto notare come la presenza degli snowboarder sulle piste rispetto a qualche anno fa si
e’ drasticamente ridotta. Del resto le aziende del settore lamentano un calo del fatturato del 20% circa. Colpa della poca neve, del
caro-skipass (sono poche le location dove si possa acquistare un giornaliero a meno di 30 euro … ) e forse anche di una inappropriata
gestione mediatica dello sport in se.
La mia generazione, quella che ha iniziato lo snowboard negli anni 90 era sia invidiata che odiata dagli sciatori.


Invidiata per la faclita’ di gestione in fresca del nostro mezzo, odiata perche’ molti riders venivano da contesti poco affini alla
montagna, inceppando a volte in atteggiamenti poco educati e apparentemente pericolosi. Le traiettorie diverse dei due tipi di mezzi ha fatto si che addirittura si prospettavano divisioni delle piste e altre amenita’ che hanno in un primo tempo considerato l'”homo snowboarder” poco interessante …
Ma … ma nel 98 lo snowboard diventa sport olimpico, e le cose un pelo cambiano. Lo sport cresce, arrivano i maestri (la cosiddetta
terza figura), arriva una sua legittimizzazione e sempre piu’ i resort si attrezzano in modo da poter accogliere anche l’homo snowboarder
con snowpark e servizi ad hoc. Intanto, lo sci “copia” dallo snow, e arrivano i freeski e gli sci da powder e freeride. Il gap
con i bipedi viene colmato, l’hard pian piano sparisce confinato a pochi appassionati spesso nostalgici (come me) e a chi intende
provare la selezione maestri (in cui almeno fino a qualche anno fa la prova con la tavola rigida era ancora obbligatoria).
Lo snowboard diventa sempre piu’ freestyle convivendo con il freeski. Le aziende paiono dimenticarsi che i loro primi clienti crescono,
e che ad una “certa” zompettare come una scimmietta non e’ piu’ cosi’ interessante. Resta il freeride, si investe sulle splitboard.
Ma anche qua, con il clima bizzarro che ci ritroviamo, che senso ha comprare un oggetto che costa piu’ di 1000 euro per usarlo poche
volte l’anno? Roba per pochi “local” ….
Alla fine vista la situazione io le poche volte che riesco ad andare sulla neve prediligo l’hard, anche se capisco che le veloctia’
che si possono raggiungere e il punto cieco nel cambio possono essere pericolose in caso di affollamento …. cosa resta allora per chi
ancora ama andare sulla neve per traverso e ha vissuto l’evoluzione di questo sport ? Le aziende forse si stanno svegliando proponendo
una nuova categoria carving oriented: si chiamano groomers, io le chiamerei soft freecarve. Sono tavole larghe quanto basta per non
toccare con i piedi, con lamina effettiva lunga quanto basta a garantire tenuta, flex medio rigido , setback e shape direzionale.
A volte sono addirittura assimmetriche. Insomma alcuni concetti dei vecchi freecarve adeguati al mondo moderno.
Non so se le groomers salveranno lo snowboard: una cosa e’ certa: gia’ con la mia Dupraz che e’ un freeridone in certe condizioni
si puo’ emulare una groomer, ma l’idea di una tavola che dia sensazioni quasi da hard faticando la meta’ e che mantegna una minima
polivalenza (una groomer bene o male galleggia, un hard no) mi fa ritornare la voglia di tornare alle origini !!

Buon anno a tutti !!!

NB: foto in action di “repertorio”, scattate prima del 2012. 

Casco Bell integrale convertibile e action cam : 1st impressions

Un freddo pomeriggio non ha impedito di passare un paio d’ore a Montecavo a provare due nuovi giochini: si tratta del casco
integrale convertibile Bell MIPS R2 e dell’action cam Mediacom, in realta’ perfetto clone del modello base Nilox.
La scelta e’ ricaduta su Montecavo in quanto mi interessava sopratutto pedalare con il suddetto casco indosso, per capire se
e’ usabile o fastidioso. Premetto che faceva piuttosto freddino, le temperature non hanno mai superato i 10 gradi, e al ritorno
il termometro del mio Qubo segnava 5 gradi. Questo per dire che il test sara’ da ripetere con temperature piu’ opportune.

Il casco e’ una M, a vista pare molto aerato, con sistema di chiusura posteriore a rotellina che permette di avere un range
di misure abbastanza ampio. Per essere una M comunque arriva a coprire fino ad un 58, io sono 54-56, avevo provato anche la S ma risultava
stretta sulle tempie. Ho comunque usato un bandana tipo buff sotto casco per stabilizzarlo meglio e ripararmi le orecchie (fa freddo e
e le fessure di aereazione sono davvero tante) .

casco bell r2 mipscasco mips r2

La prima cosa , passando da un casco tipo snow/skate ad un integrale che ho vuoluto verificare e’ stata la visbilita’ verso il basso,
che fortunatamente risulta ampia quanto basta.
La mentoniera non da particolarmente fastidio, l’apertura e’ grande e non si ha la sensazione di stare ingabbiati come in alcuni caschi da dh o mx.

Ho pedalato 2 volte la risalita fino in cima al monte, durata massima della risalita pedalata una 40ina di minuti. In tali condizioni e con
il freddo averlo o non averlo cambia veramente poco. Quello che un po’ cambia purtroppo e’ l’aerodinamica e i pesi mettendoci
sopra la telecamerina. Infatti sopratutto in salita e a basse velocita’ si sente di avere un qualcosa sopra la testa. Converrebbe
smontarla, ma il tipo di attacco a vite (uguale per tutte le cam gopro inclusa) rende questa opzione non velocissima. Certo, in un giro
che prevede un unica risalita piu’ lunga il problema non si pone.

kiaz casco bell e telecamera mediacom

La telecamera pur non essendo una gopro, e’ risultata perfettamente compatibile con la predisposisione a vite
presente sul casco e viene fornita con un app per gestirla da telefono e un telecomando,  accessori molto utili in quanto comandare
i pulsantini senza togliersi il casco e’ risultato macchinoso. Dal primo test di oggi la qualita’, per essere un prodotto di fascia
super economica, risulta paragonabile alle entry level di brand piu’ conosciuti o ai modelli vecchi degli stessi.
Io non ho pretese (e nemmeno l’hardware adatto ad editare video in 4k) , mi basta poter documentare qualche giro, e magari in futuro
portarla anche in mare sulla tavola da surf (previa realizzazione e resinatura supporto) .

Tornando al casco, anche in discesa non delude le aspettative e l’ampio visierone e’ anche utile per proteggersi da rami e altre
amenita’ provenienti dalla a volte fitta vegetazione di montecavo e di location simlari.

Per il momento non sono ancora riuscita a provarlo in modalita’ aperta, le risalite piuttosto brevi non giustificavano la cosa.
Vedremo al primo giro piu’ lungo di testarlo in maniera piu’ completa.Ultimo ma non meno importante, se preso online su CRC, il rapporto qualita’ prezzo del suddetto casco e’ ottimo. Vedremo durante le prossime uscite di metterlo sotto stress per bene.



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MTB: Civitavecchia Ripetitori

Prendere la Roma Civitavecchia con #Slayerina a bordo del Qubo anziche’ #Violettablackdog ha un che’ di strano per una surfista.
Ma la piatta persiste ancora a tempo indeterminato, e invece alla biciclettina l’alta pressione e il leggero vento da nord sono ben graditi.
Oggi e’ festivo, fa bello e possiamo permetterci di scoprire nuovi spot: andiamo ad esplorare i Ripetitori di Civitavecchia.
Carico un paio di tracce, leggo qualche recensione in giro. Dovrebbe essere un po’ piu’ tecnico di quanto visto finora nei dintorni di Roma,
ricordando vagamente il genere ligure.
Lascio la macchina nei pressi della Coop di Civitavecchia come consigliato e inizio a salire seguendo la traccia. Si sale per buona parte su asfalto, mai eccessivamente ripido, o meglio mai eccessivamente ripido troppo a lungo, e poi su sterrato ma mai difficile. Qualche tratto
piu’ pendente c’e’, ma se la pedalo io con #Slayerina vuol dire che non c’e’ niente di difficile. Piu’ si sale piu’ il panorama diventa
bello, con vista sul mare anche se un po’ rovinata dalla luce bassa e dalla foschia, ma questa salita, pur essendo relativamente breve
se confrontata agli standard alpini ricorda molto i contesti della Liguria o anche delle Alpi … insomma non e’ la salita fine
a se stessa di Monte Cavo, ma una strada molto panoramica su cui fa piacere pedalare.

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Arrivo in cima in circa un oretta, ci metto un attimo a cercare di capire da dove si scende, poi riconosco un drop visto in varie foto e
parto con la prima parte del “ripetitori“. Niente di difficile, ma tanti sassi, terreno molto piu’ naturale e un pelo piu’ tecnico
se confrontato a montecavo o ancor peggio a Formello. Il confronto con la Liguria invece ci puo’ stare, ma per certi versi alcuni
passaggi mi ricordano vagamente la mia amata Supersauze in alta Valsusa …. Finita la prima parte senza difficolta’ riprendo il telefono e cerco di capire dove andare. La traccia non e’ chiarissma …. fortunatamente incontro un local che si offre di farmi vedere un sentiero che e’ stato realizzato da poco : il “Razzola”. Divertente, conR alcuni passaggi tecnici, alcunecparti un po’ antipatiche da rilanciare, e un ripidone finale che mi ha messo un po’ di paura e che per il momento ho preferito evitare.
Purtroppo a fine sentiero il local buca e preferisce rientrare, io invece decido di risalire ancora almeno fino al primo “intermedio”.
Stavolta si risale su sterrata, percorrendo una bellissima e verdissima valle in cui pare l’inverno non esista, in compagnia di mucche e cavalli. Nota positiva la presenza di ben due belle fontane a cui rifonrnirsi di acqua.

vacche pozza salita2 fontana

La salita anche qua, ha alcuni strappi ma non ha mai pezzi ingestibili o ripidi troppo lunghi, e lentamente ma senza troppi problemi arrivo alla fine della prima parte del
“ripetitori”. Non ho tantissimo tempo, e anche se le gambe potrebbero farcela decido di scendere. Per non sbagliare seguo “ripetitori 2”,
che corrisponde alla traccia da me scaricata. Questa seconda parte del ripetitori e’ molto divertente, lascia spazio a un po’ piu’ di
flow anche se alternato a passaggi tecnici, con un rockgarden finale che non sono riuscita a chiudere in sella. Come gia’ successo
in alcuni passaggi in Liguria a Sestri, non avendo molta dimestichezza con le pietre fisse necessito di qualcuno che mi indichi la
giusta linea. Ancora qualche curva e si arriva sul ripidone finale, nientedidifficile anzi piuttosto divertente.

Credevo che tutto fosse finito, e che con una leggera sterrata e poi asfaltata in discesa sarei tornata al Qubo. E invece no, altro che dicscesa … tocca un’altro pezzo di salitelle, niente di che, ma con le gambe stanche si sentono tutte. Purtroppo in questa location
parrebbero non esserci alternative al lasciare la macchina piuttosto distante dal vero inizio dell’anello ….
No problem mi arrabatto e con le mie ultime forze raggiungo l’ultima discesetta su asfalto, e quindi il Qubo.

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Tirando le somme :

PRO :
salita piacevole e panormaica
– sentieri “tecnici il giusto”
– Presenza di fontane x rifornirsi d’acqua
– Ottimo in inverno specie se secco.



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CONTRO :
Collegamento noioso al rientro.
– Senza GPS se si e’ da soli e non si conosce la zona si puo’ sbagliare. Consiglio un buon GPS cartografico.
– D’estate mi sa che e’ troppo esposto al sole per essere fattibile.

DOWNLOAD TRACCIA GPS GPX RAZZOLA + RIPETITORI

 

MTB: Monte di Portofino

Premessa : la circolazione in mtb sul monte di Portofino e’ stata per lungo tempo interdetta, tant’e’ che si trattava di una meta che all’inizio della programmazione di questo mini bike trip nel Levante Ligure non avevo nemmeno preso in considerazione. E invece da qualche anno a questa parte l’accesso al parco del Monte di Portofino e’ consentito anche se regolamentato: nei giorni festivi e’ consigliabile farsi accompagnare da una guida , come ho deciso di fare io, rivolgendomi a PortofinoBike .

Malgrado l’esistenza di tracce gps (i percorsi della gara nazionale di Enduro svoltasi )Ho optato per l'”investimento guida” per essere sicura di divertirmi, di non perdermi e di non rischiare di fare troppo dislivello negativo con conseguente rischio del ricadere nello “scendopersalire” , che su asfalto da Santa Margherita e’ tutt’altro che divertente.

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E quindi eccoci qua, Slayerina pronta, appuntamento a Ruta alle 10 con Beppe che sara’ la mia guida.

Tempo per un caffe’ e partiamo, arrampicandoci sull’asfalto che porta fino all’ormai semi-abbandonato hotel Portofino Kulm, niente di complesso … saliamo ancora per i sentieri pedonali, fino a raggiungere l’imbocco della prova speciale “i mulini” della gara Enduro.

Questa prima discesa presenta alcuni tratti tecnici complessi per il mio livello, e altri piu’ scorrevoli e divertenti. Con piu’ tempo a disposizione avrei potuto sicuramente studiare meglio alcuni passaggi e tentarli senza correre rischi.
Si risale poi a piedi lungo un sentiero pedonale, teoricamente pedalabile, pendenza simil-via-sacra (chi sa-sa- #montecavo …) e fondo migliore ma le mie gambe poco gradiscono le rampe e quindi si spinge … e Beppe mi fa presente che anche nella gara questo trasferimento era previsto a spinta.
Finalmente partiamo per il trail “Pollone” : e qua comincio a divertirmi a dovere … traccia divertente, con qualche pezzo un po’ piu’ tecnico ma tutta fattibile, ottima per migliorare e imparare, e con una bella parte panoramica

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Il meteo purtroppo non aiuta, ma l’importante e’ divertrsi.
Sono soddisfatta del mio riding e di aver scoperto nuovi trails e nuovi spunti tecnci su cui riflettere: in primis il come affrontare i ripidoni, puo’ sembrare strano ma vero il “culo indietro” fa perdere controllo, impedendo all’anteriore di lavorare correttamente. Bisonga imparare a portare il peso anche davanti, facendo in modo che la ruota possa rotolare e non andare in blocco. Non sara’ facile padroneggiare questa tecnica, ma faro’ di tutto per riuscirci … senza cappottoni ovviamente !!

Un ultima parte di singletrack, un po’ troppo xc a volte palloso a mezza costa ci riporta alla “civilta’” … in localita’ San Lorenzo, da dove si riprende per un breve tratto l’Aurelia fino al parcheggio.

tracciaportofino

La traccia da un idea solo indicativa del giro, in alcuni tratti e’ incompleta ed e’ stata raccordata a mano. Giro molto bello, vario, ottimo per migliorare. Terreno piu’ che discreto malgrado l’umidita’. E ultimo e non meno importante l’idea di portare la “vecchia” gomma maxxis anteriore al posteriore ha funzionato.

Purtroppo ora tocca rientrare … Dopo questo giro e quello di Sestri #Montecavo mi sembrera’ il giro dell’isolato …

Ringrazio ancora Beppe la mia guida che pazientemente si e’ adeguato al mio ritmo da bradipo 😉 , permettendomi di divertirmi e migliorare senza sentirmi il tappo di turno.

Speriamo di ritornare presto a girare in questa splendida Terra che e’ la Liguria.


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MTB: sestri levante enduro

Sestri Levante, Liguria.
Credo che chiunque si interessi alla mtb ne abbia almeno sentito parlare e/o visto qualche foto o video sui principali portali web italiani. Per quanto mi riguarda era da un po’ che volevo provare a fare almeno un pezzo della superenduro di cui si fa tanto parlare. L’occasione dopo tanti anni di tornare in Liguria con #slayerina e’ si e’ presentata con questo breve ponte: tempo buono e mare piatto han fatto si che si verificassero le condizioni per provare questo benedetto giro. Premetto che saranno passati almeno 6 anni se non di piu’ dall’ultima volta che ho portato #slayerina a sgambettare in Liguria, e i miei ricordi erano ormai vaghi e confusi.

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L’unico ricordo concreto e’ che le salite liguri sono ripide.
Tra google e facebook riesco a rimediare una traccia affidabile da un amico. Carico su mytrails, e a guardarla non sembra #nientedidifficile,
insomma 100 mt in piu’ di monte cavo per salire su questo collinotto chiamato monte Costello, a quota 500 mt slm.
La salita e’ per l’80% su asfalto, con qualche rampa nella prima parte fino a localita’ San Bernardo, ma nulla di preoccupante, io vado
piano, molto piano ma vado. L’ultima parte, con qualche tornante su sterrato nel bosco di castagni, e’ decisamente piu’ impestata ma mai
da dover andare a spinta insomma fattibilissima anche per le mie gambine. Ci metto circa 1h e 35 minuti ad arrivare in cima, compresa una sosta per bere e una sosta foto … Prendo fiato e mi faccio spiegare da alcuni ragazzi com’e’ la discesa. Mi dicono di stare attenta ad un paio di bivi, chiedo se posso seguirli almeno a fino a dove non posso sbagliare.
Capisco subito che non sara’ ne Montecavo ne Formello ne qualunque bikepark a me noto, ne robe tipo il cotolivier in Valsusa.
Qua e’ un susseguirsi di sassi, pietre, pietroni, il sentiero non e’ mai stretto, ma e’ molto scassato ed e’ importantissimo mantenere la
linea. E sopratutto e’ – teoricamente – importante conoscere la linea. E qui casca l’asino piu’ di una volta.
Considerando la mia schiena ancora convalescente e il fatto di non avere il casco integrale e la pettorina/paraschiena (ma salire fin su con quella roba appresso non sarebbe stato semplice) decido di non rischiare e di scendere a piedi quando le linee si fanno complesse.
In compenso il panorama e’ notevole, e il giro vale solo per la vista sul golfo di Sestri levante. Il resto sono dettagli tecnici.


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Questo tipo di trails e’ stancante anche in discesa, e mette a dura prova gambe, braccia, forcella e ammo. E’ il vero test per la Pike,che si dimostra eccellente su questo terreno, e nuovamente apprezzo la precisione e sicurezza fornita dal mozzo a perno passante.
Mai una caduta per infossamento dell’anteriore. Invece le frequenti sollecitazioni mi fanno perdere il quick release posteriore in una caduta, per altro stupida causata dalla presenza di pedoni sul trail. Risistemo tutto e riparto. Il mio prossimo telaio (se e quando mai arrivera’) avra’ solo perni passanti pure al posteriore.
Per l’ultima parte del tracciato mi viene consigliato un percorso piu’ semplice, ma sempre pieno di sassi sassini sassetti pietre e pietroni.

Finalmente raggiungo l’asfalto, e la mia schiena chiede tregua. Nel complesso giro molto bello, panoramico, con un clima praticamente estivo.
Consigliato ha chi ha un buon livello tecnico, e rigorosamente con una full.
Dovessi rifarlo mi piacerebbe poterlo fare con qualcuno piu’ esperto di me su questo tipo di terreni che mi sappia indicarela via migliore nei passaggi tecnici. Di seguito mappa e …. traccia gps scaricabile 😉

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DOWNLOAD GPX SESTRI ENDURO

 

 

MTB: Front o Full ? #Slayerina vs #Verdina29

Front o Full ? Questa e’ la tipica domanda che si pongono quasi tutti coloro che stanno per acquistare la loro prima mountain bike. Su questo argomento si trovano miliardi di articoli e di opinioni, oggi cerchero’ di parlarvi del mio pensiero riguardo i due mezzi facendo riferimento per la front ad una 29′ entry level con qualche piccolo upgrade e come full ovviamente a #Slayerina.

Cominciamo dal “frontino“. La bici che sto testando in questi giorni e’ una Bianchi Kuma 29 taglia M , con un paio di upgrade a cui ne seguiranno altri. La prima cosa che cambia dal setup di serie e’ il manubrio, un Race Face Riser bello largo (780 mm) nato in realta’ per bici da freeride/dh, ma in grado di dare una posizione piu’ eretta e quindi piu’ confortevole e stabile anche su una front “teoricamente” da cross country, specie se si ha problemi di schiena. Altro upgrade degno di nota anche se “economico” sono i pedali flat in composito (tipo questi) indispensabili per chi come me non ama i sistemi a sgancio rapido.

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La geometria di questa 29 e’ mediamente slopata, ovvero con il tubo orizzontale abbastanza inclinato e una posizione di guida che tende all’arretrata. Questo permette di avere una migliore maneggevolezza e precisione di guida. I ruotoni da 29 sono molto d’aiuto nello sconnesso e quasi non fanno rimpiangere l’ammortizzatore posteriore … quasi … La bici si e’ comportata benone sia in un singletrack in leggera discesa senza particolari difficolta’ che su un breve tratto ripido, ovviamente moderando bene velocita’ e freni.

Per il momento i punti deboli di questa bici sono la forcella (una suntour da 100 di escursione entry level) e i freni, che pur essendo dei shimano deore idraulici dimostrano precisione e potenza limitate se paragonate agli avid juicy 5 della mia Slayer.  Insomma, se uno non esagera ci si diverte anche con una front , a patto di evitare tratti eccessivamente tecnici e scassati. A chi consigliare una front, meglio se da 29 (puo’ sembrare strano, ma le ruotone aiutano tanto) dunque ? A chi non ha le idee chiare, a chi ha come primo obbiettivo il fitness,a chi sa di non dover affrontare dislivelli verticali eccessivi e gira in zone massimo collinari, e ovviamente a chi ha un budget limitato ma vuole restare sul nuovo per sicurezza. Anche se pure su questo argomento ci sarebbe molto da approfondire in quanto spesso le front di “marca” come appunto quella testata sono, a parita’ di prezzo, montate con componenti qualitativamente piu’ bassi rispetto ad un equivalente di brand meno noti o distribuiti solo online.

Shimano - 468x60

Per quanto riguarda invece la full (biammortizzata): #Slayerina ormai sta con me da 8 anni, e comincia ad avere una “certa”, ma si difende ancora bene.

E’ una 26, e posso assicurarvi che se siete piccoletti/e la 26 va piu’ che bene. Inoltre adesso e’ facile trovare bici usate piu’ che dignitose per avvicinarsi all’enduro/freeride a prezzi accettabili. Il nuovo invece, tranne qualche eccezione online piuttosto rara tipo CRC in periodo di saldi, ha prezzi spesso improponibili per chi e’ alla prima bici e ha le idee confuse. Per cercare di fare un minimo di chiarezza, la full puo’ essere d’obbligo se:

  • Sapete gia’ che quel che vi interessa e’ scendere, e quando salite salite per scendere .
  • Avete problemi di schiena .

Inoltre, SE vi capita spesso di fare percorsi misti con rilanci e saliscendi scendisali, mettete anche ben in conto un bel reggisella telescopico…

In tutti i restanti casi il mio consiglio e’ di iniziare con un bel frontino magari da 29 😉

PS : sono una sunday biker, con orientamento all’enduro/AM/freeride fatto just4fun, solo per divertirsi al massimo. I miei consigli sono da prendere in funzione di questo e non sono da considerarsi assoluti.