De Briefing #ANNOZERO ValSusa

Fase 2 …
Alta Val di Susa, da sempre la mia seconda casa.

kiaz valle rho

Altro capitolo della Sfida con il Destino.

Partenza in salita , incontro/scontro con un mercato molto diverso da quello Ligure e un target molto diverso dalle mie esperienze regresse in centro italia.
In un precedente articolo avevo definito la ValSusa la Valle che resiste dove l’enduro non esiste.
E ancora una volta questa affermazione viene confermata.
O perlomeno, non esiste l’enduro sportivo, quello dei segmenti su strava e delle performance a tutti costi.
Del resto, escludendo Sauze, location che io adoro ma che per il park rider moderno sa di obsolescenza (non) programmata non c’e’ molto di definibile tale in zona nel senso moderno del termine.
Ne consegue che il biker sportivo, o aspirante tale, difficilmente trovi in questo posto quello che si vede in location che han puntato realmente sul bike business.
Quindi oltre all’enduro non esiste nemmeno il bike business ?
Ni.
Non sono un atleta, non ho le competenze per lavorare con atleti, e il mio discorso e’ piu’ che altro legato al tipo di pubblico che puo’ essere attratto dalla Valle: qui e’ “la valle” a proporsi, la bici e’ solo un mezzo.
Sono le montagne, i paesaggi, le location raggiungibili in sella ad un ebike che permettono il funzionamento della cosa.
Tranne rare eccezioni con nomi grossi e camp per ragazzini , oltre che all’Enduro, non esiste la didattica.
Non esiste la “cultura” del gesto tecnico nella mtb. Questa non vuole essere una critica ad un determinato tipo di clientela, ma un minimo di consapevolezza in piu’ (e di rispetto) per il mezzo che avete scelto sarebbe dovuta.
Io nel mio piccolo ho sempre cercato di dare qualche nozione tecnia ai principianti, per permettere loro una guida piu’ sicura.
Ho cercato giri che unissero i nostri fantastici paesaggi a percorsi in discesa piacevoli da guidare, nella speranza di far scattare quella scintilla del piacere di guida della mtb, senza necessariamente dover diventare atleti o pro, che poi ti lega irrimediabilmente a questo sport.
Ci sono riuscita ? In parte si. Ma c’e’ ancora tanto da fare, e sicuramente l’anno prossimo saro’ + preparata e la mia offerta cerchera’ di rispecchiare meglio il mercato.
Manca come gia’ detto un offerta ricettiva bike friendly che offra un buon rapporto qualita’ prezzo.
Sarebbe il primo punto di partenza per uscire dal loop dei weekend warriors, dei proprietari di seconda casa, degli stagionali ecc.

kiaz assietta

Posso comunque reputarmi soddisfatta di come e’ iniziata questa esperienza, e spero che con me lo siano anche coloro che ho avuto il piacere di accompagnare. Adesso e’ ora di tornare in Liguria, nuovo reset e nuovi programmi.

EOY 2019

EOY 2019 – End of Year 2019

Se c’e’ una cosa che ha fatto da padrona in quest’anno e’ la paura di invecchiare.
La paura di essere troppo vecchia per fare questo, quest’altro, quest’altro ancora.
Dove questo e’ la bici, quest’altro e’ il surf, quest’altro ancora e’ lo snowboard, e poi aggiungiamoci ancora la crisi di infantilismo con i pattini in linea.
Mi fa profondamente male dirmelo, ma sto vivendo una seconda adolescenza.
Da over 40, sto rivivendo in un altra ottica e con problematiche diverse (ma sostanzialmente simili) gli stessi problemi che avevo quando avevo 15 anni.
Per farla breve, l’essere semplicemente me stessa, peccato che questa “me stessa” sia un qualcosa di diverso da quello che la societa’ vuole farci essere e da quello che e’ il comune conformismo.

Aggiungiamoci l’essere attualmente prigioniera in una citta’ con cui non ho nulla da spartire se non il fatto che ho un lavoro che cmq mi piace ed e’ coerente con i miei studi.

Ma non e’ cmq il lavoro della mia vita … o meglio diciamo che se potessi riprodurre la mia situazione attuale in uno dei due posti che chiamo casa (uno e’ la liguria di Levante, l’altro e’ qua, l’alta Valsusa) potrei tranquillamente continuare a vivere felice godendo delle bellezze offerte dal territorio e raccontandole qua sul blog.

Purtoppo, non e’ cosi’, o non lo e’ al momento. In questo 2019 che sta per concludersi ho fatto alcune scelte, ho cercato di lavorare sul mio livello in bici, ho anche raggiunto un certo traguardo che consideriamo per ora “congelato”, continuando a fare continuamente i conti con il mondo circostante e una realta’ che non mi appartiene.
Sono tante piccole cose, che messe tutte assieme creano una situazione di non facile (di)gestione.

La maggior parte dei miei coentanei e’ “sistemata”. Molti sono “sistemati a dovere”, ovvero hanno figli. Molti fanno “salti mortali” per continuare a dedicarsi alle proprie passioni.
Alcuni cercano, quando possibile, di trasmetterle alla nuova generazione. Cambiano le esigenze, posso capirlo credo cambi tutto.

E invece io sono ancora qua, a giocare con la biciclettina, con il surf, con “lo snowboard che si trasforma in due sci” e con i pattini.
E voglio continuare a giocarci piu’ a lungo possibile. Ho la sindrome di peter pan, lo so, mi piacerebbe prima o poi che uno di questi giochini (quello che so utilizzare meglio …) potesse permettermi di fare un qualcosa di diverso anche lavorativamente parlando, ma la cosa non e’ cosi’ semplice e, inoltre, lo spettro di “non essere piu’ in tempo” continua a infastidirmi con la sua presenza.

Ad ora non posso fare altro che giocare il piu’ possibile all’aria aperta nei miei playground; le montagne per quanto riguarda bici e snowboard, e il mare per quel poco surf che continuo a fare.

Gia’ il surf, e il mio rapporto di amore e odio per questa attivita’. Ho concluso l’anno con un periodo “surf positive”, dove sono stata fortunata con alcune belle giornate di onde adatte al longboard e a quel che cerco di farci. Sto cercando, per quanto possibile, di darmi degli obiettivi tecnici per trovare uno stimolo a migliorarmi e entrare in acqua, cercando di dimostrare che anche una vechia gallina, a tratti goffa e senza il fisico da top model, puo’ fare surf (longboard) in maniera dignitosa.
Il fisico da top-model ecco: ne avevo gia’ parlato su facebook, ma questo estremismo sessista che caratterizza l’immagine che viene propinata mediaticamente del surf, proprio non riesco ad ingurgitarlo.
Nel nostro mare non e’ considerabile uno sport, la frequenza delle mareggiate e l’affollamento fanno si che l’energia necessaria per surfare con un longboard, una volta apprese le basi, sia davvero poca.
Un discreto nuotatore con un buon equilibrio e una discreta forza esplosiva impara a surfare tranquillamente senza troppi impedimenti. Ma poi tocca scontrarsi con tutta una serie di cose e di meccanismi poco compatibili con chi, come me, ha bisogno in primis di pace e di trovare la giusta sintonia con gli elementi. Se fare surf deve essere come andare all’ikea, allora non ci siamo. E non mi dilungo in ulteriori analisi perche’ tanto, quello dell’affollamento e’ un problema senza soluzione.
surf

Passiamo alla bici: annata che definirei con alti e bassi, fortunatamente senza infortuni. La nota positiva e’ stata quella di aver trovato, finalmente, anche in centro Italia un’altra ragazza (Laura) con cui condividere buona parte delle mie follie e a cui cercare di trasmettere il mio know how (foto) e addirittura far conoscere la mia Valle.

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Tecnicamente parlando, e’ stata una fase un po’ a corrente alternata, sia per la forma fisica che per la tecnica in discesa. C’e’ tanto da lavorare, e vorrei riuscire ad avere una maggiore continuita’ sui tracciati tecnici tipo quelli Liguri. La cosa finche’ saro’ a Roma, costretta a macinare km, senza essere “local” di un bel niente, non sara’ semplice per 1000 ragioni legate piu’ che altro alla logistica e al fatto che serve fare tanti km per arrivare sui trail “giusti”. Forse se trovassi qualcuno pari livello – o meglio poco piu’ bravo/a di me – con cui mettersi in gioco e motivarsi a vicenda potrei fare qualche passetto avanti. Un ultima considerazione e’ quella “elettrica”. Puo’ sembrare una sconfitta ma potrebbe essere una rinascita, spero cmq a breve di avere il budget per “elettrificarmi”. Ormai la direzione della mtb “just 4 fun” e’ quella elettrica, chi continua a pedalare con le proprie gambe e’ sempre piu’ spesso un atleta, ex atleta o cmq persone con un certo tipo di allenamento e di background. E dato che per me il divertimento e il piacere di stare all’aria aperta viene prima di ogni cosa, cash permettendo, il futuro e’ segnato.

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(playlist best of 2019)

Apro una breve parentesi sull’ultimo giochino riscoperto, i pattini in linea: riesumati un po’ per caso e un po’ per impossibilita’ di usare lo skateboard causa mal di schiena, sono stati una piacevole riscoperta: basta davvero poco spazio e qualche conetto per mettersi in gioco cercando di imparare qualche trick. Ok, ovvio, ci andavo da ragazzina ad alti livelli, ma considerati tutti gli infortuni alle ginocchia che mi han fatto dimenticare le 8 ruote per piu’ di 20 anni direi che e’ un buon risultato. Inoltre il cimentarsi nei trick aiuta a migliorare equilibrio e propriorecettivita’ in generale, trovando delle utili applicazioni ad esempio, quasi per assurdo, nel surf da onda (longboard)

(video coni ista chiavari)

Terminiamo la rassegna con la protagonista di questi ultimi giorni, ovvero lei, la Splitboard. E qua, ancora una volta sento piu’ che mai il forte legame che ho con queste montagne. L’aver assistito nei giorni scorsi ad un breve corso di sicurezza in caso di valanga ha ulteriormente aumentato in me la consapevolezza che e’ solo grazie alla conoscenza che ho del territorio che mi posso permettere di andare a spasso da sola con una tavola che si divide in due e ti permette di salire per pendii incontaminati alla ricerca di pace, e di una bella linea da tracciare in discesa. Anche qua, la priorita’ e’ il divertimento e l’outdoor, l’immergersi nella natura, l’andare per boschi. Per quel che mi riguarda ha poca importanza “quanti” d+ riesco a guadagnare, meglio poco ma buono e in sicurezza che andare a correre inutili rischi. Non parlo solo delle valanghe, ma di tanti altri piccoli inconvenienti che possono capitare girando in terre sconosciute, dallo sbagliare strada (d’inverno il gps aiuta ma non e’ garanzia di non perdersi) al finire in un fosso al ritrovarsi con qualche problema tecnico alla split in posti dove il cellulare non prende. D’accordo, molti mi dicono che sono matta a girare da sola nel backcountry. Intanto mi fido di piu’ di me stessa e delle mie montagne che non di inserirmi in gruppi di sconosciuti, di cui reciprocamente non conosciamo il livello reale, con il duplice rischio di essere “problematica” in quanto lenta (anche qua il mio allenamento e’ quel che e’, siamo su una VAM di circa 300-350 d+/ora a seconda del terreno) e sopratutto di non saper gestire certe situazioni e certi tipi di neve, oltre al non aver alcuna intenzione di confrontarmi con componenti piu’ prettamente “alpinistiche” ove diventa necessario l’uso di ramponi e talvolta pure picche. Bene, saro’ anche una “montanara della mutua”, ma non sono assolutamente attratta da quel tipo di discorso, come non sono attratta da canali, ripido ecc. Lo snowboard per me e’ surfare linee di neve. La splitboard e’ uno strumento per raggiungere la “mia” lineup innevata. Il resto lasciamolo ai pro. Thats’it, that’s all.

(video insta split champlas)

Tirando le somme, questo 2019 e’ stato un anno di transizione. Di consapevolezza che devo trovare una strada che mi porti via dalla Capitale. Il mio mondo e’ outdoor, prevalentmente tra i monti.
Mi piace esplorare, conoscere posti nuovi, lo stare a Roma cmq mi ha dato opportunita’ di vedere, sopratutto in bici, localita’ improbabili e molto diverse dal contesto alpino con comunque un certo fascino, di surfare onde qualitativamente alte senza fare piu’ di 1h di macchina, di fare snowboard in un contesto completamente diverso da quello che conosco e in cui sono cresciuta.
Non riesco a concepire un evoluzione quando sei costretto a passare gran parte del tempo in macchina per poterti dedicare alle tue passioni. Per non parlare del fatto che tutti questi spostamenti “inutili” di certo non fanno bene al pianeta. Ricordiamoci che se nevica sempre meno e se gli inverni sono sempre piu’ caldi e’ anche grazie ai km che facciamo usando veicoli che inquinano.
Poter uscire in bici a km0, surf quasi a km0, e dovermi spostare solo d’inverno per fare snow ma potendo comunque contare su una “base” qua in Valle e’ ben diverso.E’ un piccolo passo, di difficile attuazione, ma da qualche parte bisognera’ pure cominciare.

Buon 2020 a tutti, piu’ o meno “non normali”, nell’augurio di poter continuare il piu’ a lungo possibile ad inseguire le proprie passioni.
Life is too short, dont’waste it, go riding !

Mtb: Monte Torre Maggiore

Monte Torre Maggiore
Blind ride con RomaMtb

A volte i programmi cambiano all’improvviso senza preavviso. Il maltempo mi ha costretto ad un rientro anticipato su Roma dalla Liguria con conseguente necessita’ di riorganizzare il weekend.
Mi ricordavo che stavolta ROMAMtb proponeva un giro sulla carta fattibile, un 900 d+ dichiarato con discesa enduro “semplice”. Fortuna vuole che il sabato incontro a Formello i due organizzatori, e senza promettere niente mi faccio mandare la posizione di partenza, non garantendo nessuna certezza della mia presenza ma cercando di fare il possibile … dopo 6 ore in macchina spararsene la meta’ tra andata e ritorno il giorno dopo non sempre e’ cosa, ma la biciclettina ha sempre il sopravvento assieme alla voglia di vedere un nuovo trail… sopratutto ora che le gambe piu’ o meno almeno sullo scorrevole girano. Stavolta parto veramente blind, alla cieca, senza sapere nemmeno dove si trova la location di partenza. Non so e preferisco non sapere, per una volta non mi scervello tra tracce e cartine.
Non accendo nemmeno il cartografico sul cellulare, traccio solo con l’orologio cosi’ risparmio batteria. Si parte dall’ennesimo paese improbabile, uno di quei posti di cui se non ci fosse la bici
a portarmici non mi passerebbe mai per l’anticamera del cervello di visitare. Siamo in Umbria, provincia di Terni, in un paesotto chiamato Cesi arroccato sulle pendici di un bricco.
Fa freddo e non-si-capisce-bene come si sviluppera’ il giro. Questo stato confusionale mi terra’ compagnia per tutta la giornata, impedendomi di esprimere appieno le mie potenzialita’. Ma per fortuna con me c’e Laura, e inoltre le quote rosa abbondano(abbiamo pure la super Michela, guida e maestra della RomaMtb), quindi almeno in salita stavolta non faro’ il fanalino solitario.
Dopo una brevissima parentesi di asfalto si sale prima su singletrack teoricamente pedalabile da chi e’ piu’ skillato e resistente di me, io mi limito alle tratte pianeggianti, poi su sterratona dal fondo buono, cosa insolita per il centro italia, senza troppi strappi nella prima parte … giusto una rampa mooolto impegnativa obbliga la sottoscritta e la Laura allo spingismo, poi si ripedala fino ad un ultimo tratto di salita tecnica che mette alla prova anche le guide e gli elettrici, per finalmente uscire dal bosco e sbucare su un colletto panoramico caratterizzato dalle classiche praterie appenniniche con frequenti pietre sparse in giro …. da qua ancora si sale fino in vetta (evitabile ai fini del mero trail) a spingismo e/o portage (eh si .. stavolta sono riuscita a tirarmi pure
la bici a spalla, fortunatamente per un tratto molto breve) da cui si dovrebbe godere di una vista a 360 … purtoppo un po’ limitata dalle nubi.

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bike girlz io
Fa freddo e dopo una breve pausa inizia la discesa, prima parte freeride tra pietre, prati e buche di cinghiali, poi tocca ripedalare (o ri-spingere nel mio caso) qualche decina di metri per scollinare e trovare l’imbocco del nostro trail.

Il sentiero parte senza troppe difficolta’ ma e’ un crescendo, con passaggi su roccia fissa e pietre mobili, spesso non troppo intuitivi che necessiterebbero di uno studio piu’ approfondito per riuscire a concluderli in sicurezza. Non oso troppo perche’ non ci sono con la testa e ho le gambe molli. Alcuni punti non sono per niente banali e sopratutto costellati di pietre mobili, articolo con cui vado davvero poco daccordo, davvero off-limits per la mia skill e il mio attuale setup. E’ un mix tra rockgarden liguria like in pietra fissa sul genere del Sant Anna di Sestri e passaggi ancora piu’ complessi. Gli stop nel posto sbagliato possono rendere difficile la ripartenza, e’ richiesto un gioco di freni da manuale.
Non ci sono ripidoni, step down, salti, compressioni, o feature della serie “se sei incerto tieni aperto”, qua e’ un trail tecnico dove bisogna imparare a fare amicizia con la roccia e con i passaggi obbligati. Le chicken line sono quasi assenti (anche se in alcuni casi sarebbero individuabili) e purtoppo, se la paura di rompere se stessi e/o qualche componente della bici ha il sopravvento il risultato e’ il preferire la discesa a piedi. Il primo trail termina su uno stradotto sterrato in mezzo ai boschi, altro break per una foratura e ri riparte.

gruppo

Ci aspetta un “mangia e bevi” che dovrebbe essere in prevalenza flow, ed in effetti alcune sezioni lo sono, alternate ad altre piu’ tecniche che a tratti nuovamente mi fanno scendere, un po’ per stanchezza e un po’ per il fatto che le “pietre che camminano” non credo che mai riusciro’ ad affrontarle e a “digerirle”…. Nota positiva di quest’ultima sezione e’ la presenza di funghi della famiglia dei “boletus” in ogni angolo … diciamo che la location sarebbe da rivisitare in un’altra veste.
Finalmente si ritrova una stradina asfaltata che ci ricondurra’ alle macchine. Io esausta scendo subito, mentre gran parte del gruppo si allunga ancora fino ad un punto panoramico.

Concludendo, 850 d+ reali limitabili a 700 se si e’ interessati al trail e non alla “vetta”. Giro che cerchero’ sicuramente di ripetere perche’ ho lasciato troppi conti in sospeso sulla prima parte… da verificare anche l’esistenza di discese alternative per evitare il mezzacosta mangia-e-bevi. Trail molto interessante con terreno che mette alla prova, da rivedere e rivalutare e riprovare. Al momento non esprimo un giudizio al 100%, una cosa e’ sicura, fa parte del genere che “non molla mai o quasi”, quindi oltre alla tecnia serve anche una buona resistenza in discesa. Se dovessi valutarlo con la scala singletrack che utilizzo per la “mia” Valle, questo e’ S2 con molti passi S3.

Vedremo se ci sara’ occasione di tornarci e di farlo concentrandosi sui passaggi piu’ ostici.

Relive

Relive ‘Giro con romamtb’

Traccia (download diretto – non postero’ tracce su gpsies fino a risoluzione dei problemi su dispositivi mobili)

Si ringraziano le guide Michela e Sergio, e tutti le/i partecipanti della RomaMtb

MTB Caldirola CaldiRock BikePark

Caldirola “CaldiRock” Bikepark.

Chi mi conosce e mi segue sa che non sono particolarmente amante dei bikepark, ma fin dalle prime volte che ho sentito parlare di questo fantomatico posto chiamato Caldirola ammetto di essermi incuriosita non poco. Sara’ perche’ sentivo dire di “una vecchia seggiovia MONOPOSTO” riadattata alle bici e che indicativamente ho riscontrato molte opinioni positive, decido, malgrado il maltempo di accettare l’invito di Sara e di approfittare di questo ennesimo break ligure per raggiungere la misteriosa location.
Sono in teoria 108 km da Rapallo … in teoria. Questi 108 km si traducono in una 60ina di km di autostrada e i restanti per strade improbabili che ti impongono un estrema fiducia in google maps.
Si sale sempre di piu’ su strade e stradine, con il tempo che non promette nulla di buono, ma ormai siamo in ballo e balliamo. La strada termina in un piazzale sterrato, circondato da alcune costruzioni che chiaramente risalgono agli anni 70, come la seggiovia. Si la seggiovia, esiste davvero ed e’ davvero ad un solo posto, con quei vecchi seggiolini in ferro che mi fanno tornare bambina a quando ancora si sciava a Beaulard… o ancora piu’ indietro, quando ricordo che a impianti chiusi giocavo a dondolarmi sui seggiolini del Frais.
E infatti bisogna tornare un po’ bambini per trovare il coraggio sia di salire su quel trabiccolo che di girare sotto quella pioggerella che a Roma definiscono gnagnarella.
Purtoppo almeno la mattina mi tocca girare da sola. Tutti gli altri ragazzi/e fanno parte dei corsi di Deepbike, e non trovo compagnia pari livello sul momento. Non riesco nemmeno a rimediare
una traccia gps del percorso piu’ facile, complice l’assenza quasi totale di copertura dati in zona. Va bene poco male. SOno abituata a ravanare da sola e anche stavolta iniziamo la giornata ravanando.
Ritirato lo skipass (un adesivo da attaccare al manubrio o al cavo freno, anche questo piuttosto inconsueto) tocca salire sul trabiccolo monoposto. Fortunatamente gli inservienti sono gentili,
e mi aiutano a caricare la bici al gancio. Bici sul gancio, la sottoscritta su un poco rassicurante dondolante seggiolino metallico. Bisogna, appena seduti tenere la bici che non sbatta …. insomma trattasi di un impianto un pelo agricolo, ma svolge egregiamente il proprio dovere.
In cima, circa 1450, la nebbia e’ ancora piu’ fitta e si fatica a capire dove andare. Dinuovo per fortuna riesco ad ottenere indicazioni, inoltre le piste sono segnate in modo abbastanza comprensibile.
Il terreno e’ umidiccio ma ho visto di peggio, va beh proviamo a buttarci per il piu’ facile dei trail, LaPierre Fun. Ed e’ davvero fun, peccato per il tempaccio, l’umido e il livello di fiducia che cala.
Ma se pare divertente sul bagnato figuriamoci in condizioni ottimali …. LaPierre Fun e’ un flow trail Formello style (chi mi legge da Roma sa) , difficolta’ simil-cinghiale/scoiattolo tanto per restare
su un punto di riferimento ben preciso. Assolutamente niente di difficile, ottimo per chi e’ alle prime armi e magari pure poco allenato e vuole farsi un idea di questo sport senza grossi investimenti (e’ possibile affittare bici).
Ripeto lo stesso trail una seconda volta… purtoppo la pioviggine persiste e il terreno non migliora ma mi reputo gia’ piu’ che soddisfatta.
Eccovi il resoconto video della mattinata …

(video)

Dopo una pausa ricomincio. Stavolta “faccio l’intrusa” e decido di accodarmi al gruppo di Deepbike in cui ci sono altre due ragazze, in modo da vedere un’altro trail, la Capannina. Questo e’ un po’ piu’ guidato, ha alcuni passaggi che non riesco a concludere causa terreno scivoloso, ma pure qui e’ prevalenza flow, grandi sponde e qualche simpatico saltino. In compagnia ci si diverte e ci si
confronta di piu’. A fine trail non me la sento di risalire, lo spirito di conservazione ha la meglio e decido di lavare la bici e di chiudere cosi’ questa giornata dal meteo avverso ma comunque divertente e in ottima compagnia.

Per concludere: “se l’universo ha un centro luminoso, qua siamo nel punto piu’lontano”. Questo e’ quel che mi e’ venuto da pensare appena scesa dalla macchina nel piazzale di Caldirola.
Ho visto pochissimo di quel che offre la location, ma i presupposti sono ottimi, trail curatissimi e adatti a tutti. Pazzesco inoltre vedere parecchia gente girare malgrado il maltempo e le distanze non indifferenti dal “mondo civile”. E’ interessante notare come una piccola stazione di bassa quota dal destino “segnato” abbia saputo ottimamente riciclarsi offrendo un ottimo servizio ai bikers in un ambiente accogliete e familiare. In un futuro sempre piu’ “elettrico” Caldirola e’ una parentesi aperta a tutti coloro che vogliono divertirsi senza faticare in salita senza necessitare di una superbici. I due trail da me percorsi sono tranquillamente “a portata di frontino” e di full senza escursioni intergalattiche. Un viaggio indietro nel tempo a 360, quando non esisteva l’enduro ma esisteva il “freeride”, appellativo ormai scomparso dal mondo della mtb (o relegato ad un certo tipo di competizioni che non han niente a che vedere con quel che significa freeride in se).
Spero che si ripresenti l’occasione di tornarci, malgrado la non facile raggiungibilita’ della location.

Vi lascio la traccia GPS GPX del Lapierre Fun in download diretto nel caso qualcuno volesse “sentirsi piu’ sicuro” 😉

https://drive.google.com/open?id=1kF4nWBj-H-32Uv83I27RTas3W3elj5Ot

Mtb: Monte Soratte

AM – Enduro sul Soratte

Il Monte Soratte e’ un’altura di 690 mt slm a Nord di Roma, che si eleva solitaria dalla Valle del Tevere. Questo particolare rilievo ospita nella sua parete sud un sistema di gallerie risalenti al 1937 ad uso rifugio militare … ma offre anche alcuni interessanti trail affrontabili in mtb. Andiamo dunque a vedere cosa ci aspetta, stavolta in compagnia degli Elettrici Guido e Giuseppe.
Partiamo da Sant’Oreste, caratteristico borgo situato sulle pendici del monte, e da qua saliamo con una ripida cementata (pendenza media 14%) fino alla chiesa che si trova poco sotto la vetta …
La salita e’ davvero ripida, io uso le mie gambe senza aiuti, e comunque arrivo in qualche modo in cima con qualche brevissimo pezzo a spinta per recuperare.
Da qua tocca spingere ancora pochi metri per raggiungere l’eremo di San Silvestro, costruito proprio in cima al monte, da cui si gode di una vista a 360 verso le pianure sottostanti.

top soratte

Si cambia assetto e si scende. Prima parte, la stessa fatta in salita a spinta, e’ un susseguirsi di rockgarden molto divertenti che ci riportano con scalinata finale al piazzale della chiesa. Da qui con un po’ di ravanaggio imbocchiamo il primo trail , breve ma tutt’altro che semplice almeno per me, Il fondo di queste zone e’ molto diverso da queii su cui ho girato negli ultimi tempi. E’ un mix di terra non particolarmente grippante, pietre fisse e pietre rotolanti. Sono sopratutto queste ultime a darmi molta noia e a togliermi sicurezza. Comunque riesco a chiudere buona parte dei passaggi, inclusi alcuni tornanti poco intuitivi.

 

Si spunta alla cappelletta gia’ incrociata in salita, di qua si prosegue con un trail che mantiene piu’ o meno lo stesso genere, forse poco poco piu’ flow in alcune parti. Purtoppo le complicazioni sono date dalla vegetazione a tratti fitta e per niente amichevole (rovi e altre piante spinose), fino a sbucare su una sterrata mezzacosta che ci riportera’ a Sant’Oreste.

Da qua con un po’ di ravanaggio troviamo l’imbocco del successivo trail. L’incipit non e’ dei piu’ invitanti, una scalinata in terra-tronchi molto stretta, che nessuno di noi osa rischiarsi. Poi un trail piu’ o meno simile ai precedenti, con sempre la vegetazione a farla da padrona … dopo un po’ il trail s’allarga e diventa una specie di sterratone (forse evitabile), che culmina con un ripido con due enormi canaline pronte a mangiarmi a colazione. Giuseppe mi costringe a provarlo. Con molta paura passo in mezzo alle canale e lo chiudo. Non e’ niente di difficile ma se per qualunque cosa stupida la ruota va dove non deve non e’ bello. Per farmi passare le mie fobie lo ripeto una seconda volta, ma ancora non mi sento tranquilla e sicura in tali circostanze.

Purtoppo ora non ci resta che risalire su strade asfaltate secondarie , anche queste con alcuni strappi oltre il 10%. Fortunatamente stavolta arriva in soccorso la “cima di recupero”, e Giuseppe “spartisce” con me un po’ dell’assistenza della sua Levo trainandomi fino al centro storico del paese.

st oreste soratte

Concludendo: Location particolare non troppo distante da Roma, sentieri interessanti sopratutto la parte alta, panorama e contesto naturale piacevole. Salite hardcore ma essendo cementate si pedalano (a fatica per me). Un ringraziamento a Roberto Taccio per averci fornito la traccia del giro e averci garantito la percorribilita’ dei sentieri, che non essendo molto frequentati sono facile preda della vegetazione.

EDIT del 28-10-19: Sono tornata sul Soratte in compagnia del “local” Taccio e altri amici , facendo lo stesso giro ma optando per una risalita piu’ lunga, tranquilla e panoramica, e aggiungendo alcune brevi varianti per fare visisita ad alcuni Eremi e avvicinarsi ai particolarissimi meri, vere e proprie “voragini” di origine carsica che sembrano addentrarsi fino al centro della Terra. In conclusione, la risalita ci porta nei pressi del famoso Bunker, ove si attraversa un vero e proprio museo a cielo aperto con esposti svariati mezzi bellici.  Varianti consigliatissime per chi, oltre a divertirsi sui trail (che purtoppo con l’umidita’ diventano almeno per me piuttosto complessi) conoscere le particolarita’ storiche e naturalistiche della zona.

Qualche foto del giro “lungo”

meri1
nei pressi dei “meri”

eremo inside
dentro la cripta ..

meri 2
Uno dei meri … brr

eremo 2

carro armato
carro armato in mostra vicino al bunker

 

soratte 1
lungo la risalita

st oreste
st oreste

eremo
resti di un eremo incastonato nella roccia..

soratte
panorama dalla cima

missile bunker
nei pressi del bunker …

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fine giro

Traccia giro corto (salita hard):
GPSies - Soratte EnduroSoratte enduro

Traccia giro lungo (risalita soft e varianti panoramiche
GPSies - Soratte Enduro Panoramico

MTB: Sestri-Riva Tritone Trail

Tritone Trail (Sestri-Riva.t)

Un “qualcosa di nuovo” era d’obbligo in questi giorni, quindi chiusa la parentesi surfistica torniamo in sella e torniamo a esplorare. Stavolta siamo sul versante di Riva, e per raggiungere l’attacco del trail occorre pedalare per circa 6 km di cui 4 su asfalto (Aurelia, a tratti puo’ essere trafficata). Come gli altri sentieri della zona anche Tritone e’ super panoramico, ed e’ principlamente flow anche se con un terreno non facilissimo e breccioloso. Unico “neo”, per raggiungerlo c’e’ una parte in comune con l’altro tracciato, Manierta, molto piu’ tecnico, che sul momento ho trovato decisiamente scassato e complesso. Per ragioni di sicurezza trovandomi in solitaria ho preferito scendere a piedi, ma parliamo davvero di pochi metri. Dopodiche’ tocca stare attenti e prendere il bivio a destra a salire, da qua inizia Tritone, nel solito contesto naturale fantastico tipico di queste zone. La mia bassa velocita’ e’ dovuta, oltre alla non conoscenza del trail, al voler apprezzare appieno la vista sul mare sempre unica, aiutata da un meteo perfetto con un cielo limpidissimo. Buona visione.

Per concludere, eccezion fatta per la parte comune a Mainerta, Tritone e’ trail davvero per tutti, cosa “rara” in questa zona 😉 . Consigliato .

Traccia GPS GPX

 

Infernet 2019 bagnato

Infernet (+ Janus) Bagnato, Infernet Fortunato !!!

Ogni location dove le mie ruote lasciano un segno ha un suo trail “must”, uno di quelli che “se passi di qua devi farlo“.
Per quanto riguarda l’estremita’ piu’ a nord ovest del nostro Paese, il “must” e’ il SingleTrack de l’Infernet , gia’ in territorio francese, tra Monginevro e Briancon. Ne abbiamo gia’ abbondantemente parlato, ma vale sempre la pena tornarci, sopratutto in compagnia.
In realta’ e’ comunque un giro che almeno 1 volta l’anno va fatto. La discesa e i suoi eterni tornantini vale la salita, che puo’ anche essere dimezzata con recupero auto, e ridotta ulteriormente  utilizzando la seggiovia.

Ci sono 2 modi pedalati per salire all’Infernet, quello lungo passando dai forti e dalla cementata militare (giro del 2017) oppure da La Vachette attraverso le forestali. Il primo sviluppa 1200, il secondo poco piu’ di 1000. Il primo e’ mediamente sempre faticoso e non molla, il secondo, una volta raggiunto Monginevro diventa molto pedalabile. Ed e’ con questo secondo metodo che comunque qualche giorno fa me lo sono pedalata, godendomi una discesa piu’ sporca e scavata rispetto allo scorso anno con Angela, ma comunque sempre super divertente e “remunerativa”.

Coincidenza vuole che stavolta le mie ruote si incrociano con quelle di Michela e Sergio, istruttori della ASD RomaMtb in vacanza nel Brianconnais in questi giorni. E dunque disponendo di due veicoli organizziamo il recupero, e perche’ no, meccanizziamo pure altri 300 metri con la seggiovia del Chalmettes, e dai 2097 della base alta degli impianti saliremo ai 2400 del Col du Gondrand prima, e ci allungheremo anche fino al forte Janus per godere di una splendida vista a 360 su tutte le vallate circostanti. Io ci arrivo a spingismo ma poco importa. Valeva la pena lo sforzo.

janus 1 janus 2 janus 3 janus 4

E ora si scende. Io rientro per la via di salita, i due soci si avventurano per un taglio in cresta indicato come trail running. Ricomposto il gruppo e lasciato il mezzacosta sassoso sul versante di Cervieres, attacchiamo con il single de l’infernet. Umido, molto umido piu’ dell’altro giorno. Radici e pietre viscide ci mettono alla prova, ma eccezion fatta per alcuni punti dove addirittura l’acqua creava rigagnoli nelle canale, il sentiero e’ rimasto piu’ che fattibile, offrendo un terreno “sfidante”  per aumentare il proprio confidence level.

corners infernet

(video 2019)

Come sempre grande soddisfazione una volta portato a conclusione, una ottima palestra per imparare a curvare nello stretto, senza mai trovarsi in situazioni rischiose o esposte.
Insomma se vi piacciono i tornantini, o se questi sono il vostro punto debole l’Infernet e’ il posto dove fare pratica e imparare a farci i conti. Tutti i tornanti si chiudono tranquillamente in sella senza necessariamente padroneggiare il nosepress … dunque davvero un bel divertimento per gli amanti del genere…. astenersi amanti del flow veloce, dello spondato e del “man made” in generale ….

Un ultima nota riguarda il livello di difficolta’ del trail: il libro Western Trail lo identifica S3. Le paline VTT FFC lo identificano nero. Anche se quest’anno (2019) e’ palesemente piu’ scassato dello scorso (2018) e’ ben lontano sia dalla definizione “black diamond” di Trailforks che all’S3 della scala Singletrack tedesca. Io direi un S2 con qualche punto S3, con i colori direi rosso pieno per la classificazione francese e blu ad orientamento AM per la scala di Trailforks.
Il mio consiglio e’, se avete un buon controllo della bici nello stretto e una guida mediamente precisa non fatevi spaventare dal “colore” o dalle definizioni e provatelo. Potreste appassionarvi ai tornantini 😉

Si Ringraziano Sergio e Michela di RomaMTB per la compagnia e la logistica del recupero 😉

Per la traccia GPX potete fare riferimento a quella presente nell’articolo dello scorso anno.

MTB: Cotolivier, Pourachet e i Tornantini

Cotolivier – Pourachet – I tornantini

Dei tanti giri fattibili in alta Valsusa c’e’ n’e’ uno che mi sta particolarmente a cuore. Sara’ perche’ non molto conosciuto e battuto, sara’ perche’ scoprirlo 2 anni fa e’ stato un piacere, sara’ perche’ unisce interessanti singletrack ad un paesaggio da sogno.
Stiamo parlando dell’anello Vazon-Cotolivier-Pourachet-Millaures, con discesa sui 12 tornantini.

Un’ottima palestra per chi non ha mai avuto esperienza con questo tipo di “ostacolo” molto comune nei sentieri di montagna. E infatti e’ stata un’uscita che ha anche avuto un interessante riscontro didattico per Laura, al primo “incontro” con le curve strette non spondate.

Per Laura e Alessio e’ stata l’uscita conclusiva di un’intera settimana alla scoperta della Valsusa con me. Giro super adatto all’occasione, unendo alla perfezione componente panoramica e tecnica, senza eccedere nei km e nel dislivello.

Partiamo dunque da Vazon, dove una bella cartina ci mostra il nostro itinerario, e permette una breve spiegazione del tracciato che affronteremo (vedi video successivo).
Saliamo dunque al Cotolivier, doverosa pausa alla Cappelletta, e si inizia con il primo singletrack in cresta, super panoramico con vista sull’onnipresente Chaberton e il massiccio della Grand Hoche.

cotolivier

pourachet 1

Dopo questo “aperitivo” abbiamo perso circa 100 d+ e tocca pedalare, ci aspetta un mezzacosta con qualche rampa impegnativa, che si lascia comunque ben “digerire” grazie all’imponente spettacolo delle vette circostanti, sempre piu’ vicine. Si arriva quindi alla conca dalla quale il sentiero principale si dirama in 3 tracce, una verso la croce di San Giuseppe, una (purtoppo impraticabile per frana) verso il lago Desertes e la strada dello Chaberton, e la nostra, che scende attaccando con 12 tornantini alle grange Millaures.

top to millaures

12 tornantini, piu’ o meno stretti, ottimi come primo approccio con questo elemento. Il divertimento c’e’ per tutti, e il panorama continua a mantenere i suoi elevatissimi standard, obbligandoci a stare attenti e non farci distrare troppo dall’imponenza di queste montagne.

(video)

La parte a tornanti termina in un’area adibita a pascolo nei pressi di una costruzione abbandonata. Da qua il sentiero diventa un mezzacosta classico, che alterna aree di bosco con altre piu’ aperte, presentando un unico passaggio tecnico con un corto rockgarden su terreno smosso e friabile. Si giunge poi alle grange Millaures, da cui si prosegue con un altro sentierino pianeggiante fino al bivio per la frazione Lozet. Qua tocchera’ un po’ di sano spingismo, fino alla strada in discesa che percorreremo fino a ritrovare la sterrata del cotolivier utilizzata in salita. Ultimi due tagli e siamo dinuovo a Vazon

Questo giro da sempre una qualche soddisfazione ed e’ forse quello di durata medio-breve che ripeto piu’ volentieri. Anche questo e’ recensito sul libro Western Trails –

– ove viene consigliato da Desertes. Volendo allungare il giro pero’, come consiglio ad elettrici e a riders piu’ performanti, il mio suggerimento e’ di partire da Oulx e, una volta rientrati da lozet alla strada del cotolivier scegliere tra due opzioni :
1) Da vazon proseguire per Soubras, poi PierreMenaud e da qua il singletrack verso Amazas, rientro su oulx poi su statale
2) Dal tornante sopra Vazon, mezzacosta per Chateaux Beaulard. Da qua discesa verso la pista di fondo tramite sentiero D2 e rientro a Oulx per la suddetta pista.

Traccia gpx

MTB: Forte Foen

E’ la Prima giornata in ValSusa con tempo finalmente stabile che mi permette di fare qualcosa in piu’ della limitativa “ora d’aria”. Su ispirazione dal libro “Western Trails” e dalle rimembranze della mia “vita precedente” decido di fare un giro che, non so bene per quale motivo, avevo la tendenza a snobbare. Parliamo del Forte Foen e del rispettivo singletrack che scende, alternativamente verso Suppas o verso Rochas. Stavolta opteremo per il secondo, limitando il giro a circa 550 d+ su 10 km … sottolineo che il giro e’ allngabile a piacimento fino ad un massimo di 15 km e 850 d+ partendo da Millaures o da Gleise. Personalmente ho preferito fare solo la parte alta in quanto non ho un buon ricordo del mezzacosta saliscendi che collega Suppas a Millaures.

Partenza quindi da poco sopra le grange Rochas, lungo la strada che da Bardonecchia conduce a Frejusia. Da qua si pedala una tratta su asfalto, fin poco sotto i Bacini, per poi lasciarlo in favore di uno sterrato, che sale abbastanza deciso a tornanti lungo le pendici dello Jafferau, sempre pedalabile malgrado la pendenza grazie all’ottimo fondo. Dopo circa 4 km le pendenze si fanno piu’ tranquille, e con un ultimo traverso mezzacosta di un paio di km molto pedalabile raggiungiamo il forte Foen (km 6), le cui mura diventano divertenti rampe 😉 .

ttt

vall

Da qua inizia il singletrack di discesa. Mediamente flow, con alcuni tornanti scavati e altri in contropendenza, ma sempre fattibile, qualche radice e pietra fissa rendono il tracciato un po’ piu’ vario senza mai diventare complesso. Ottimo trail per chi inizia a girare sul “non costruito“, mai pericoloso e mai ripido. Nel complesso divertente , 4km di discesa da fare tutto d’un fiato, nel classico contesto dell’Alta ValSusa.

video

traccia

ispirato da :

MTB: Nuria – Antrodoco

Mt. Nuria – Antrococo

Tornare a Roma come sempre è un po’ traumatico, ma fortunatamente il caldo ancora a livelli accettabili mi ha permesso di andare ad affrontare un giro a quote medio basse di cui avevo letto un molto ben promettente report su bicinatura: si tratta della discesa dal monte Nuria, in zona Antrodoco/Borgo Velino (RT). La partenza è attorno a quota 450 slm, le previsioni dicono temperatura sotto i 30 fino a ora di pranzo.
Visto il molto probabile innalzamento delle temperature nei giorni successivi decido di avventurarmi anche se in solitaria.
Poco prima delle 10 sono pronta ad affrontare la lunga salita da Antrodoco al Monte Nuria. Sulla carta sono circa 17 km, di cui 8 su asfalto, a seguire sterrato quasi sempre pedalabile eccezion fatta x gli ultimi due km.
L’unico ostacolo della prima parte asfaltata è il caldo, che mi costringe ad andare ancora piu’ piano di quel che potrei e a frequenti soste appena si nota qualche punto ombroso. Arriviamo alla fine dell’asfalto, 1000 mt slm, in localita’ Rocca di Fondi, paesuncolo dalle case in pietra appunto “arroccato” sulla montagna.

rocca fond

Da qua l’asfalto termina, e la strada prosegue su sterrato, leggermente breccioloso ma tutto sommato pedalabile se non per qualche strappetto. Dopo alcuni saliscendi, finalmente la strada perde il suo “anonimato” e spunta in un ampio altipiano dall’aspetto un po’ alieno, al fondo del quale si intravede una costruzione abbandonata. Ora non dobbiamo sbagliarci, e seguendo la traccia lasciamo la via principale per curvare a gomito su una trattorabile double, il cui fondo con lo scorrere dei km peggiora, che riprende a salire fino ad un colletto con un evidente quadrivio ove incontro Fede e Nik, simpatici elettrici con cui avro’ il piacere di condividere la discesa. Ammetto che se fossi stata sola non avrei azzardato gli ultimi metri di spingismo, e avrei proseguito sul mezzacosta per trovare il trail piu’ in basso.

colle2 colle1

Mi faccio coraggio e inizio a spingere la bici. Mancano circa 2km su 250 d+. Uso la tecnica che uso in snowalp. Conto i passi … uno due tre quattro …
arrivo a trenta e conto ancora. Quando mi mancano le energie ho visto che questo metodo ha un suo perchè. Almeno siamo all’ombra, ma dinuovo con panorama quasi nullo. Non resta che spingere, fino a quando si lascia il bosco e si intravede l’anticima del monte Nuria … un ultima tratta pedalabile dinuovo tra i faggi e dal nulla piu’ totale spunta un casotto con tavolini antistanti, il Rifugio Antrodoco, a segnare la fine delle fatiche. Abbiamo pedalato e spinto per 1100 d+ su 17 km …

top r. antrodoco

Quassu’ ritrovo i miei nuovi compagni d’avventura. La curiosita’ mi porta a ficcanasare dentro il rifugio non gestito. La parola rifugio, a me fa pensare a ben alro …  troviamo stufa, camino, letti a soppalco, stoviglie e vettovaglie lasciate da chi ha cercato riparo e ristoro . Da restare abbastanza stupiti immaginando come “rifugio” una struttura gestita da personale.

Giunge l’ora della super discesa, che non delude. 8km di flow naturale, mai tecnico, tra faggete, mezzacosta e un immensa prateria che sembra una pumptrack naturale. #nientedidifficile stavolta … solo tanto tantissimo flow con qualche tornante a spezzare il ritmo di linee che sembrano davvero uscite da un bikepark naturale. L’ultima sezione si chiude con il gia’ noto trail San Francesco e le sue spondone naturali, insomma un crescendo di linee mai noiose e mai complesse o pericolose. La giusta ricompensa per un lungo salitone, fattibile con la dovuta cautela anche con frontino. Tanto tanto divertimento per tutti !!!

Per finire non rinunciamo alla birretta di rito, strameritata, assieme ai nuovi amici che spero di ritrovare presto sui trail appennici.

Ringrazio Bicinatura (qua il loro report) per la traccia e l’ispirazione, e i ragazzi di ASD Monte Giano Antrodoco per aver reso fruibile questo trail supersonico.
Direi che ad ora nell’appennino centrale è il TOP !!!

Conclusione: Trail top, livello S0-S1 (max blu). Panormama …. mmh, difficile esprimersi dopo 1 mese sulle Alpi occidentali. Sicuramente diverso, particolare la parte freeride nei prati. La salita purtoppo invece, per gran parte ha poco da mostrare. Dalla seconda parte dello sterrato diventa di indubbia e selvaggia bellezza… Ma la discesa vale tutta la fatica fidatevi !!!!

relive

Relive ‘Supernuria’

traccia gpx