Snowboard – chi cerca trova

Local. Termine che nel surf non potra’ mai appartenermi. Ma quando torno qua, nella Valle da cui e’ iniziato tutto e trovo la neve ritrovo anche le mie origini. Ho iniziato lo snowboard nel ‘94 oltralpe con un hard, ma e’ qua, nei boschi del comprensorio di Bardonecchia che ho maggiormente sfruttato le possibilita’ di freeride servito da impianti date dal territorio. Parlo di fine anni 90 e dei primi anni 2000, anni in cui la neve non si faceva desiderare, e permetteva di spaziare dagli ampi pendii dello Jafferau ai boschi del Melezet, passando per il Vallon Cros nell’omonimo comprensorio. Conoscevo e conosco ogni albero e ogni passaggio. Poco e’ cambiato in questi anni, ma una cosa e’ cambiata. Lo snowboard e’ cambiato. A fine anni 90 eravamo tutti freeriders assatanati di fresca, capaci di ravanarla fino all’ultimo rimasuglio anche nei boschi piu’ stretti e impensabili all’occorrenza. Adesso basta osare un po’ di piu’, fare qualche metro a piedi per trovare pendii con pochi passaggi anche a piu’ di 10 giorni dall’ultima nevicata …..

Le zone del Vallon Cros e del Seba nel comprensorio di Melezet sono state favorite dalla nevicata pre-natalizia, e dopo tanto tempo li ho potuti rivedere aperti e al massimo splendore, complici anche le temperature basse che hanno permesso al manto nevoso di resistere e di ben stabilizzarsi rendendo possibili discese sicure.

 

 

 

 

 

 

Neve bella e fredda, farinosa, e stranamente nessuno che si avventura oltre le piste o i pendii piu’ evidenti e “ravanati”. Come se ci si fosse dimenticati del freeride. Del resto la maggior parte degli snowboarder (ma anche dei freeskiers) paiono essere maggiormente attratti dallo snowpark che quest’anno e’ stato costruito sul Selletta.
Due generazioni diverse. Certo una volta i park non c’erano, e se la powder non c’era esploravi percorsi un po’ piu’ fuori dalle rotte o ti dedicavi al backcountry. Ora pare esserci una distinzione decisamente piu’ netta tra le discipline, anche in termini di tipologia di materiali usati. Del resto la mia Dupraz D1, appartenete alla categoria degli snowsurf ovvero a quelle tavole da freeride con stile surf-oriented trova nella fresca e nella trasformata portante i suoi terreni preferiti, non disdegnando qualche curva in stile groomer quando la neve in pista tiene. Tutto il resto (ghiaccio e neve irregolare) e’ sofferenza, un po’ come fare un percorso da DH con una front da XC facendo un paragone con la mountain bike.

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Si conclude qua questa parentesi da “local”, in cui mi e’ parso di tornare indietro di 15 anni almeno …. ora a breve tornero’ verso la Capitale, con la buona notizia che anche in Appennino ha finalmente nevicato … che questo sia un’inverno degno di questo nome ? Una cosa e’ certa, che lo snowboard ha ancora un suo forte perche’ nel mio mondo. Never stop riding 😉


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Bardonecchia Bikepark: giochiamo a fare i criceti ? (video)

Lo devo ammettere, sono stati proprio i bikepark a farmi avvicinare al mondo della mtb, dandomi nell’ormai lontano 2007 la possibilita’ di imparare a guidare la bici su sentieri singletrack e passaggi anche tecnici, permettendomi poi in seguito di passare ad un orientamento piu’all mountain e apprezzando appieno le discese conquistate pedalando. Ma torniamo al discorso del girare su sentieri costruiti ad-hoc e utilizzare risalite meccanizzate: Bardonecchia e’ stato il primo bikepark in cui ho iniziato a confrontarmi con le discese vere, e mi fa sempre piacere farci un sopralluogo almeno una volta all’anno. Concentrato nella zona tra Campo Smith e Melezet, le due seggiovie permettono di “fare i criceti” (ovvero di girare ripetutamente sullo stesso percorso, come appunto il criceto nella ruota) su un totale di 8 percorsi piu’ un paio di collegamenti.

Le prime discese quest’anno sono state un po’ ostiche, la Slayer non e’ una bici da downhill e soffre tanto le buche causate dalle frenate dei “bicioni”. Lato campo Smith non c’e’ molto da dire, se non che in realta’ il percorso dicharato piu’ semplice, la 9D dichiarata la piu’ facile in realta’ diventa antipatica per le tante buche, meglio la classica e diretta 15D, che con quel po’ di pendenza in piu’ costringe anche le bici da DH ad andare un po’ piu’ fluide con conseguente meno scavi. Discorso simile per la 16, un po’ piu’ tecnica e lenta tutta nel bosco con un passaggio su passerelle un po’ strano ma divertente.

Spostandosi verso Melezet le cose cambiano un po’. I percorsi sono piu’ lunghi. Risalendo in seggiovia si nota subito il nuovo 27D, anche qua … dichiarato rosso, ma e’ dinuovo una traccia molto stop and go, che sarebbe anche carina se non fosse che #slayerina e la sottoscritta non amano le buche. Molto, molto molto meglio invece le tracce verso lo skilift del Bosco, in particolare il 25D, tutto tornantini , lento con qualche passeggio tecnco e rilancio, divertente nel bosco, molto vario molto adatto ad una bici da AM/enduro come la mia. Non lo ricordavo cosi’ bello, forse e’ stato migliorato nel tempo … lunghissimo almeno alla mia velocita’, un buon 15 minuti di discesa. Altra simpatica sorpresa il nuovo 24D, che de facto segue una traccia che si fa d’inverno in neve fresca con lo snow. Molto flow anche questo con qualche rilancio, peccato non aver avuto il tempo di rifarlo.

Nel video qua sotto che ho fatto ieri vedete alcune parti (quelle con le passerelle) del 15 e del 16D , e alcuni pezzi del 25D di melezet … giusto per dare un idea di cosa stiamo parlando …..


bardonecchia bikepark 2016 slow ride from WhyBeNormal KiaZ on Vimeo.

Insomma un bel pomeriggio di discese, per consolidare la tecnica e sentirsi piu’ sicuri. Credo che i bikepark siano comunque un buon sistema per promovere la mtb e permettere l’avvicinamento a queste discipline a chi e’ attratto magari in primis dalla componente adrenalinica, e non ha l’allenamento di base per permettersi di risalire in tranquillita’ senza distruggersi. Ricordiamoci che anche la discesa e’ impegnativa (si possono bruciare fino a 400 kcal/ora girando in bikepark) e che sopratutto richiede una buona prontezza di riflessi, cosa che non sempre si ha dopo una lunga salita ….

Per info su Bardonecchia Bikepark : www.bardonecchiaski.com  Dowload mappa bikepark qua

 

In MTB al colle del Sommeiller (3000 mt) La mia Grande Impresa

Arrivare in mountain bike a quota 3000 metri sul livello del mare era un obbiettvo che mi ero messa in testa di raggiungere fin dai tempi della prima bici “seria” in mio possesso, ma allenamento, logistica, meteo, e tante altre cose hanno rimandato la cosiddetta “Grande Impresa” a data da destinarsi. Ma quest’anno finalmente si son verificate le condizioni adatte per salire lassu’: bici in ordine con una forcella adatta anche a salite piuttosto scassate e gambe che paiono non spaventarsi di 1000 mt di dislivello. Il Colle del Sommeiller si trova sopra Bardonecchia, al confine con la Francia ed e’ considerata la strada carrozzabile piu’ alta d’Europa: questo puo’ essere l’unico lato negativo dell’escursione, in quanto la suddetta strada e’ notoriamente frequentata da motociclisti e fuoristrada . Pazienza, cercheremo di non respirare troppa polvere.

Considerato il mio allenamento discreto ma non da iron bike decido di partire dal parcheggio del Rifugio Scarfiotti, a circa 2136 metri di altezza. L’obbiettivo sono i 3000 metri.

Si sale lentamente senza troppi intoppi per i primi 400 metri, l’aria e’ fresca e il panorama e’ spettacolare gia’ da subito.

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Dopo un primo falsopiano la strada riprende a salire, senza rampe eccessive, tornante dopo tornante. Fino ai 2600 abbondanti fiato e gambe sono ancora abbastanza in ordine, e la temperatura tutt’altro che calda incentiva a restare in movimento. Dai 2700 circa la strada comincia a prensentare tratti piuttosto sassosi e scassati, e l’altitudine a farsi sentire, riducendo le mie capacita’ aerobiche. Questo mi costringe saltuariamente a alternare qualche breve tratto a spinta, non tanto per la difficolta’ quanto per cambiare tipologia di sforzo e dare un po’ di tregua ai quadricipiti femorali. Ma piu’ si sale e piu’ pare di essere su un’altro pianeta quindi l’incentivo a continuare e’ forte e si riprende a pedalare

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A 2900 circa inizia a vedersi la prima neve … e gli ultimi tornanti che salgono … non riesco a valutare quanto ci vorra’ a fare quelle 4 sassose rampe ma ormai l’arrivo e’ davvero vicino, l’adrenalina lascia spazio al fiatone e i quadricipiti si rimettono in moto salendo addirittura di rapporto, pur di arrivare al piu’ presto lassu’. Una volta al termine della strada, quasi incredula di avercela fatta, mi sembra di stare davvero in un altro mondo … vegetazione completamente assente, sassi, terra, neve, e una volta scollinato il dosso compare anche il laghetto in cui si specchiano le montagne circostanti .

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Fa freddo ma pare di stare sul tetto del mondo e la cosa piu’ bella e’ esserci arrivati con le proprie forze. Ora ci aspetta la discesa, che purtroppo non presenta molte varianti rispetto alla salita, solo un paio di divertenti tagli. Probablmente da meta’ strada c’e’ possibilta’ di percorrere il sentiero pedonale, ma non avendo notizie sulla ciclabilita’ dello stesso ho preferito percorrerlo solo ove era palesemente valutabile e visibile, come nell’ultima tratta che ci riporta sul retro del rifugio Scarfiotti, con le cascate di sfondo

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Per concludere, piu’ di 1000 metri di dislivello inclusi i saliscendi dei 2 falsipiani, 3 ore e mezza circa per salire. Considerata l’altitudine e tutto il resto del contesto mi ritengo davvero soddisfatta ! Il posto merita tutta la fatica e pare di essere a due passi dal cielo !

TUTTE le foto qua, sulla pagina facebook :

https://www.facebook.com/media/set/?set=a.1596119594022101.1073741829.1594955030805224&type=1&l=9218781827

 

Backcountry a pedali: Cotolivier MTB

Il conoscere il territorio permette di sentirsi in qualche modo sicuri e di avventurarsi su sentieri non propriamente frequentati, e con un concetto di “ciclabile ben diverso da quello che molti immaginano. Tornare a “casa” mi permette di fare quello che in location a me sconosciute non farei mai : ravanare per sentieri senza doversi preoccupare troppo, sapendo che prima o poi una strada la si incrocia.

Ieri il protagonista e’ tornato dopo tanti anni ad essere il Cotolivier. Meta piu’ che altro invernale per backcountry e sci alpinismo, e’ molto interessante anche in mountain bike a patto di avere il mezzo giusto (una full da 120 minimo) . Visto il poco interesse in discesa per la parte bassa decido di partire da Chateaux Beaulard riducendo il dislivello totale di 350 metri circa. La salita al Cotolivier e’ relativamente agevole, con primo pezzo asfaltato fino all’abitato di Vazon, dove una bella fontana permette di rifornirsi d’acqua.

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Da Vazon la strada diventa sterrata, senza particolari difficolta’ o rampe, diciamo un po’ piu’ regolare di quella del Colomion fatta qualche giorno prima. Sara’ per il dislivello leggermente inferiore e per quel pelo di allenamento in piu’ ma raggiungere la vetta non mi ha impegnato le gambe in maniera eccessiva. Dalla cima del Cotolivier si gode di una splendida vista, purtroppo la luce non era delle migliori e le foto non rendono come dal vivo.

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Qualche minuto di meritato riposo e ora viene il bello. L’idea e’ di riscendere verso Chateaux, seguendo piu’ o meno la linea che si segue d’inverno in backcountry o ski-alp. In teoria c’e’ un sentiero, in teoria ho una traccia sul GPS, proviamo a seguirla. Il percorso e’ facile lungo la cresta spartiacque fino al bivio per le grange Pourachet , poi le cose si fanno meno chiare. La traccia che ho caricato se seguita palesemente risale, costringendo a pezzi a spinta. A “naso” parrebbe virare molto verso la zona del Rifugio Rey e delle antiche piste da sci … ma il profilo altimetrico mi scoraggia. Salire a spinta e’ una cosa che non sopporto. Quindi opto per cercare la traccia della scialpinistica, seguendo qualche indicazione sugli alberi e affidandomi ai riferimenti della cartogrfia del gps seguo una pseudotraccia molto rovinata dai cinghiali ma comunque percorribile a patto di avere il mezzo giusto e un po’ di esperienza sul tecnico. La traccia, molto divertente e addirittura a tratti flow, in pieno freeride spirit un po’ oldskool,  mi porta ad un bivio , di non semplice interpretazione ….

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Lo spirito di conservazione mi fa optare per la scelta piu’ sicura, ovvero rientrare su Vazon. Molto probabilmente seguire per il Rey mi avrebbe comunque portato ad incrociare la traccia in discesa che si ricollega a Chateaux, ma nel dubbio ho preferito restare sul sicuro … sicuro che purtroppo ha implicato un allungamento della fase di rientro, con ultima faticosa parte pedalata al freddo lungo la strada quasi in piano che riporta a Chateaux.

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Un bel giro, divertente al punto giusto, ben rappresentativo di quello che si puo’ fare con una bici da All-Mountain/Enduro. Altro grande aiuto e’ dato dal GPS: io uso myTrails su android, che anche nella versione free ha tutte le funzioni che servono a non perdersi, a patto di trovarsi in una zona supportata da una buona cartografia.