… Il consueto trasferimento estivo in ValSusa si avvicina. E quest’anno finalmente si puo’ ufficializzare la mia operativita’ come Guida Cicloturistica avendo conseguito il titolo della Regione Piemonte . Da fine giugno eccomi operativa per accompagnarvi in sicurezza su tutti i giri recensiti qua con alcune novita’, e per aiutarvi a migliorare la guida del vostro mezzo se neofiti (vedi #dazeroalsentiero )
A tale scopo ho pensato di rendere un po’ piu’ comprensibili i livelli di difficolta’ dei vari giri, cosa che e’ sempre problematica confrontandosi con Trailforks quando possibile, e comunque con dei parametri che sono troppo soggettivi.
L’idea e’ di assegnare 4 macro-categorie ai sentieri, associandole con i livelli descrittivi della scala Singletrack , con 4 belle icone e esempi di giri .
NATURAL FLOW : sentiero prevalentemente Naturale, scorrevole senza particolari ostacoli o avversita’. Adatto a tutti. Verde/Blu Trailforks S0/S1 Singletrack STS. Esempi : Beaulard superFlow (area Cotolivier), il “nuovo” trail delle Grange Rho, i trail di Sansicario. I trails di questa categoria in genere si percorrono agevolmente anche con una front/hardtail
SwitchBacks Challenge ovvero la sfida dei tornantini !! Sentiero naturale con tornanti piu’ o meno stretti spesso non spondati che richiedono la giusta tecnica. Il re di questo genere e’ ovviamente il SingleTrack de l’Infernet, ma possiamo trovare anche sezioni piu’ brevi di questo tipo in altri giri (es Millaures) . Corrispondenza trailforks non definibile con facilita’, puo’ tranquillamente andare da blu a nero. Per la Scala STS siamo tra l’S1 e l’S2 almeno per quel che concerne le offerte in Valle.
Natural Enduro : sentieri di montagna che ben si adattano alla disciplina Gravity, ovvero trails con passaggi anche tecnici ma che mantengono una buona guidabilita’ e permettono di mantenere una certa velocita’ e un certo flow. Trailforks anche qua non fa testo, perche’ in questa categoria ne troivamo da blu a nero … Per la STS singletrack anche qui S1/S2 con qualche possibile breve tratto S3. Esempi : il classico D2 da Chateau sul Cotolivier, i trail della zona di Rochemolles tra la diga e il gran Bea , alcuni trail del park di Sauze che hanno comunque una forte componente naturale/oldschool.
All Mountain Challenge: qui ci mettiamo di tutto un po’, e parliamo in generale di giri in quota, su sentieri naturali ed escursionistici, difficilmente percorribili ad alte velocita’. Ci puo’ essere di tutto un po’, passando dal flow al tecnico . Qua Trailforks non lo nomino nemmeno, e per la STS passiamo da S1 a S3. Esempi ? Il giro della Valle della Rho/Valle Stretta, il Malamot sul Moncenisio , il passo della Mulattiera.
Non amo le seggiovie ma ogni tanto (raramente) ne faccio uso. Preferisco pedalare (tranquilli, anche a pile si pedala) Non avrei mai pensato in vita mia di andare a Finale Ligure e farmi scarriolare tutto il giorno con un furgone per fare il criceto. Ma per gli amici questo e altro.
In questo articolo fate finta che io abbia qualche anno di meno e anche meno esperienza in bici (ne bastano giusto un paio) e che la sfida con il destino non sia mai esistita. O forse si. Non lo so. Finale e’ finale e facendo un paragone con il surf e’ come surfare in oceano dopo anni nel nostro laghetto mediterraneo.
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Bici carica Batteria carica anche se stavolta non ci serve. Manca circa un quarto alle 7 e ho una destinazione impostata su maps. 99 ad Ovest da qui. Destinazione Finale Ligure aka La Mecca della MTB
Aspettative zero, se non quella di una bella giornata a ritrovare vecchi amici. Perche’ e’ vero che Roma non mi manca per niente, ma mi mancano tantissimi biker con cui ho girato in questi anni.
E’ un piacere rivedere “a soli 100 km da casa” Guido, Ivano, Roberto e altri nuovi amici targati RM. Mi mancava la loro allegria il loro far casino. Mi mancava un giro in compagnia .
Dopo i saluti di rito si va a caricare le bici sul furgone. Destinazione Base Nato, 1000 d+ circa da guadagnare a suon di tornanti … con la sottoscritta che a meta’ strada si arrende e chiede di stare davanti. Era meglio pedalare penso tra me e me.
La notte ha piovuto, e questo ci costringe ad iniziare da Base Nato , mentre io speravo di vedere il famoso RollerCoaster. Poco male. Finale sembra un altro pianeta. Un quantitativo di bikers, tra cui ragazze, famiglie, bambini, mai visto in nessun altra location. Sentieri ovunque.
Attacchiamo la prima discesa , che si chiama Madre Natura , io ho le gambe molli. Non sono abituata a girare senza pedalare un po’. Soffro la luce e gli sbalzi sole/ombra. Faccio fatica e non vado come vorrei ma almeno resto in piedi sulla bici. Il trail sbuca sull’asfaltata, e da qui il furgone ci raccoglie e si torna su Altro giro altro regalo . Stavolta il trail mi pare si chiami H. Simile al precedente, io per la scarsa visibilita’ mi pianto e vado dritta ad una curva. Ancora non ho fatto amicizia. L’unica cosa certa e’ che il setup mullet sulla thok stavolta funziona eccome. Terza risalita. E’ l’ora del trail ingegnere, che ci portera’ fino a Feglino dove faremo pausa pranzo. Questo gia’ lo conoscevo, e infatti andiamo un pochino meglio (si fa per dire). E’ lungo, tanto lungo, ed e’ mediamente tecnico. Non ha nulla di impossibile ma c’e’ sempre da guidare e stare attenti. Io vado con calma , senza uscire dalla mia comfort zone. Cerco di goderemelo e di sfruttare al meglio il nuovo setup dell’ormai datata thok. Vi lascio il video di questo , dovrete accontentarvi, non sono una pro, ma se qualcuno vuole farsi l’idea di un Finale al rallentatore, questo fa per voi 😀 😀
L’ingegnere e’ lungo, fisico, 5 km di carico continuo su braccia e gambe, ma nel mio caso sono sopratutto le seconde che soffrono. Pausa pranzo meritata e decisamente allegra in un posto carino in quel di Feglino …
La mia povera thok e’ piena di fango. Le mie gambe sono sempre piu’ molli . Alla faccia di quelli che dicono “ah ma tanto fai solo discesa se vai con il furgone”. Si, diciamo che io sono piu’ reattiva dopo una bella e non eccessiva salita pedalata. Ripartiamo , e io decido di saltare un trail e mantenere le (poche) forze per il finale della giornata, Rollercoaster , che era un po’ la ragione di questo giro, trail di cui tutti parlano e che io “non ho mai fatto anche se ci sto a 100 km”.
100 km … che erano realativamente pochi quando vivevo a Roma qua diventano tanti. Si , certo la qualita’ dei trail e’ molto elevata, e sopratutto se si ama l’Enduro valgono tutti i km . Ma io so (e devo) anche accontentarmi delle mulattiere che ho a pochi km.
Arriviamo dunque a sto benedetto RollerCoaster, sul quale Guido si offre di accompagnarmi e aspettarmi . Prima parte easy e flow senza davvero niente di strao o di difficile, un lungo drittone in leggera discesa con qualche saltino. Il trail si fa divertente quando inizia ad essere guidato, con una successione di compressioni molto ritmiche e ben concatenate tra loro, che se fatte ad una velocita’ ben diversa dalla mia diventano tutt’altro che banali. Diciamo che fino all’incrocio con la sterratona e’ un trail quasi per tutti. Diversa e’ l’ultima sezione dove l’ignoranza torna padrona e infatti cado come un sacco di patate su un cambio di terreno da umido a secco. C’e’ molto piu’ da guidare e un ultima sezione multilinea un po’ stile “Rive Rosse” , su cui Guido mi ha gentilmente indicato dove mettere le ruote. Felice di rivedere l’asfalto … soddisfatta di essere intera … contenta di aver passato una giornata in compagnia .
Mi mancherete ragazzi, come mi siete mancati. Spero di girare ancora con voi … Ora tocca rimettersi a lavorare. La sfida con il destino non e’ finita, e’ appena iniziata ….
Di Uscio, location che troviamo a 10 km da Recco salendo verso l’entroterra, avevamo gia’ parlato qualche anno fa. L’esigenza di trovare qualche trail che non sia spaccabici (ogni riferimento a Sestri Levante e’ puramente casuale…) su cui girare e allenarmi senza dovermi allontanare troppo da casa mi ha riportato a riscoprire tale localita’ e i suoi trail. In zona operano vari gruppi di trail builders, e su Trailforks sono comparse alcune nuove tracce che vale la pena conoscere (e ancora ne mancano …) Ma andiamo per ordine . Il primo trail di cui vi parlo si chiama Batagna 1. Salendo dal centro di Uscio, scollinato Colle Caprile proseguiamo sulla strada per Gattorna prestando attenzione ai cartelli a sinistra. Troveremo un apertura con indicazioni Batagna 1/2 e Costa Lunga che conduce su una mulattiera mezzacosta di collegamento. Il primo e ben indicato bivio a sx che incontriamo e’ Batagna 1: un trail di media difficolta’, senza niente di particolarmente complesso, che unisce drop naturali, guidato, e parti flow piu’ veloci. Il sentiero scende sul versante ovest verso l’entroterra, terminando in un avvallamento attraversato da un bellissimo ruscello, che dovremo guadare. Con l’ebike e’ consigliato spingere la bici qualche metro piu’ a valle del guado “ufficiale”, e sfruttare un abbastanza evidente punto con acqua piu’ bassa e sassi su cui fare affidamento .
NB : video registrato come 1st ride , quindi discesa blind senza conoscere ancora il sentiero
Il trail non ha pendenze accentuate ed ha un buon fondo, il che permette di percorrerlo in maniera sicura anche con il bagnato (nei limiti ovviamente delle proprie capacita’ ). A fine trail ci aspetta una risalita un po’ impegnativa ma tutta pedalabile in ebike (ma anche in muscolare, se si e’ allenati e si possiede una buona tecnica) , fino a ritrovare l’asfalto che seguiremo fino a Calcinara. Da qui possiamo sfruttare un breve trail di collegamento per tagliare un pezzo d’asfalto e riportarci a Colle Caprile. Da qui possiamo salire verso il gia’ noto trail Polveriera, che ci riporta ad Uscio passando per il punto panoramico della panchina gigante ….
….. oppure ricollegarci allo start di Batagna e degli altri trail sul lato entroterra, tramite Chiapparino, un breve ma divertente trail prevalentemente in terra con qualche passaggio su roccia fissa.
Proseguendo invece oltre l’ingresso di Batagna/Costalunga, troviamo l’ultimo nato trai i trail della zona. Si chiama Calabroni, ed e’ il piu’ facile dei trail sul versante entroterra. E’ un trail mediamente facile per almeno 3/4 della sua percorrenza, con qualche sporadica parte un po’ piu’ stretta e scavata all’inizio, qualche semplice drop e un ultima parte piu’ ripida. Soltanto la parte finale, con un traverso esposto e stretto e successivo ripido in contropendenza e compressione possono riusltare problematiche. Ma parliamo di pochi metri e comunque l’ambiente ripaga con la vista di questo particolare ruscello che si fa strada attraverso una ripida gola.
E’ doveroso ahime’ segnalare che l’uscita del trail presenta una sbarra non apribile, di non facile passaggio con l’ebike se si e’ da soli. Per risalire, troviamo subito la strada che porta a PiandeiPreti, un po’ ripida ma sempre asfaltata, panoramica verso la val fontanabuona.
(video calabroni)
Spendiamo ancora due parole su Costa Lunga e Batagna 2. Il primo , come suggerisce il nome, segue il costone della cresta spartiacque, senza presentare difficolta’ alcuna fino a quando le pareti non si inaspriscono verticalizzandosi verso il fondovalle. Da qua la musica cambia: un lungo ripido guidato, molto ripido con punte oltre il 40% ci portera’ fino ad un traverso lungo il torrente dove il lepego (umido viscido) e’ in agugato e occorre prestare attenzione anche se si tratta di una sezione facile. Il trail si conclude in una caratteristica gola dove un ponticello che dimostra “una certa eta’” ci permette l’attraversamento. Anche per questo trail suggerisco la risalita via pian de preti. Su trailforks e’ blu, ma il ripido finale e’ decisamente nero.
Batagna due invece e’ forse il piu’ hard dei trail della zona. Non tanto per le pendenze, quanto per il fatto che passa in una parete nord estremamente umida, o meglio lepega, ricca di corsi d’acqua. Attraversa un ambiente a tratti singolare, passando accanto a costruzioni abbandonate e terminando anch’esso nei pressi del torrente con un caratteristico ponticello. Su trailforks e’ indicato blu ma IMHO e’ da segnare nero.
Un ultima menzione va anche fatta per N.S del Bosco, ancora in fase di manutenzione e pulizia nella seconda parte: trail xc/flow nella prima parte con poi una serie di rilanci e strappi in salita non banali. Molto interessante per chi vuole mettersi alla prova anche sul tecnico in salita. Termina all’omonimo santuario, da dove su strada asfaltata risaliamo tranquillamente verso Calcinara/Colle caprile.
In ogni caso, se abbiamo iniziato il giro partendo da Uscio, a fine giro e’ consigliato il rientro sul classico Polveriera.
Tutti i trail indicati, tranne Calabroni NS del Bosco e Chiapparino, sono ben indicati su trailforks. Per questi altri vi linko le mie attivita’ su Strava,ma tutti i percorsi sono ben segnalati da cartelli e indicazioni.
Per concludere: location davvero bella, che merita sicuramente piu’ visibilita’, posizione strategica tra costa e entroterra, terreno che regge piu’ che bene l’umido e che sul lato mare drena rapidamente. Ci ho girato anche con il bagnato, e con la dovuta cautela i trail meno ripidi sono fattibilissimi. I local del gruppo “Uscio outdoor” si danno da fare per mantenere e aprire nuove linee, andando a riscoprire antiche vie di comunicazione e evitando di creare strutture dal nulla rispettando al massimo l’ambiente. E ultimo ma per me importante, qua ci sono trail adatti a tutti, anche a chi sta iniziando a scoprire questo mondo, cosa non sempre semplice da trovare in Liguria. Inoltre il comprensorio e’ ben collegato , ognuno puo’ scegliere l’anello piu’ idoneo alla propria preparazione tecnica e atletica (e al mezzo) e le risalite sono tutte ben pedalabili .
Vi invito anche a leggere il post del 2020, e ovviamente a venire a girare su questi trail!
A volte mi si chiede se non ho paura a girare in mtb da sola. La risposta e’ si, a volte si, ma se dovessi sempre trovare qualcuno per fare un determinato giro sarei piu’ sul divano che in bici. E questa cosa vale sopratutto in questa fase personale di ricostruzione. Lasciata alle spalle la Capitale, ora la mia concentrazione e’ sull’arrivare a termine del corso regionale ACT e sul portare avanti i miei progetti in quello che voglio che sia il mio mondo. Per arrivare indenni all’esame finale, farsi male e’ severamente vietato. Ed e’ x questo che negli ultimi tempi mi avete visto fare anche molti km, (cosa che comunque evito di fare con frequenza) pur di avere compagnia, sopratutto in giri piu’ lunghi e magari dallo stampo piu’ AM. Ma le belle giornate e il richiamo dell’esplorazione del meraviglioso territorio che ho a pochi km dalla mia base invernale (attualmente sono a Rapallo e ci restero’ fino al disgelo) stavolta mi hanno convinto a rimettermi a “ravanare” in un giro piu’ lungo di stampo all-mountain. L’idea arriva da un post su facebook di un uscita effettuata dal CAI di Savona, alla quale ha partecipato una biker che ho tra i contatti. Mi informo e ottengo il gpx. Si tratta di un alternativa alla gia’ nota Porcilaia , che dalla strada del monte Fasce scende su St.Ilario. Stavolta invece ci si stacca poco prima, e sulla carta dovremo affrontre una serie di creste, fino a scendere a Sori passando per la localita’ Teriasca , il tutto seguendo uno spettacolare crinale , sul quale si alterneranno sezioni esposte ad altre piu’ aperte, per concludersi con uno splendido sentiero a tornantini (minuto 7.49 del video sottostante x i piu’ impazienti) .
Quindi pronti … VIA . Vi lascio subito il vlog del giro ….
Ma procediamo con ordine. Dislivello e kilometraggio ignoti, in quanto la traccia che ho parte da Nervi e sale per la classica risalita che in genere si utilizza per i trail lato antenne (Geometra, Topinigi, Tupango) , mentre per me, arrivando da Levante conviene lasciare la macchina a Sori e salire da qua. 9km per alzare circa 620 d+, ad incrociare la strada del Fasce che arriva da Uscio in localita’ Case Cornua. Da qua ancora 2km e 100 d+ per lasciare poi l’asfalto in corrispondenza di uno slargo, e seguire una visibile e sempre pedalabile linea di cresta che porta ad una stazione metereologica. Inutile dire che il panorama lascia senza parole.
Raggiunta la cresta piu’ alta inizia la discesa. La prima parte, dopo un poco visibile attacco a valle di una lastra rocciosa, e’ un lungo traverso con un paio di tornantini, il tutto fattibile ma decisamente esposto. Serve prudenza e cautela sopratutto se si e’ in solitaria; il traverso poi conduce ad un altra serie di creste con qualche rilancio e qualche scalino in salita, fino ad un ultimo ripido molto smosso (che non mi vergogno ad aver fatto a piedi vista la situazione) . Da qua il sentiero cambia totalmente, si entra nel bosco in una classica mulattiera che talvolta presenta qualche restringimento e qualche passaggio su pietra fissa a rischio rotture, terminando con uno stretto tornante che conduce in una altrettanto stretta linea racchiusa tra muretti a secco. Superata questa sezione, possiamo dire di esserci lasciati alle spalle la parte piu’ ostica del trail, indicata come nera su trailforks. Finalmente possiamo mollare un po’ i freni, immettendoci sul divertentissimo “Cortino DH“, blu su trailforks: una discesa sempre panoramica con una prima parte natural flow in cui il sentiero trova il suo percorso tra la bassa vegetazione mediterranea, per poi diventare piu’ tortuoso aggrovigliandosi in una divertente e sfidante serie di tornantini. Il fondo breccioloso non e’ dei miei preferiti e richiede cautela, ma a parte questo dettaglio la discesa e’ davvero TOP ! Un ultima “S” ci porta nuovamente a contatto con la civilta’, sbucando in una cementata al servizio di qualche abitazione. Ancora pochi metri in lieve salita e ci troviamo in localita’ Teriasca.
Da qui possiamo rientrare a Sori su asfalto, o in alternativa fare un ultimo trail, purtroppo non pulitissimo sopratutto nella parte finale che ci porta rapidamente nel fondovalle sulla cementata che costeggia il torrente e che conduce con piacevoli passaggi tra le tipiche abitazioni, fino al mare.
CONCLUSIONI: giro bellissimo, abbinabile volendo ad altri elementi nella zona del Fasce. (Il giro in se come lo ho fatto io sono poco meno di 20 km e 830 d+) Paesaggi e terreni che ricordano l’alta montagna, ma sotto c’e’ il mare …. esposizione sud quindi ben drenante . Peccato che l’ultima sezione (CORTINO) non abbia una via d’accesso semplice e alternativa al lungo traverso, in quanto meriterebbe la possibilita’ di una risalita dedicata essendo molto divertente dal punto di vista della guida e della pratica sui tornantini stretti.
Ancora un invito a girare a Ponente. Stavolta arriva da Luca di ebiketour.net . Non do nemmeno troppo peso al giro, mi dice zona Andora/Diano, chiedo se si fara’ il salto nel blu e la risposta e’ affermativa. Il Salto Nel blu e’ forse, dopo i sentieri di Finale, il trail piu’ famoso, fotografato e documentato su Youtube del Ponente o forse della Liguria in generale. La curiosita’ quindi c’era … ma stavolta arrivare al traguardo non sara’ semplice. Si preannunciano una 40ina di km e circa 1300 d+- Diciamo che so da subito che con la pila sto al limite e che non sara’ facile chiudere il giro esenti da fatica. Ma ci proviamo. Chiedo perdono se daro’ + spazio alle mie sensazioni che non ad una precisa descrizione della location, il Ponente lo conosco solo per il surf, e anche il ridelog su Trailforks non mi aiuta al 100%. Iniziamo dunque … simpatico gruppetto elettrico in cui siamo ben due donne, livello … livello .. gia’ il livello. Quella cosa che non so piu’ come definire perche’ e’ troppo relativa. Facciamo prima a dire livello compatibile con il mio, almeno in discesa … In salita pero’ … o sul mangiaebevi con cui e’ esordito il giro … lasciamo perdere. La sottoscritta ha scomodato tutti i santi a lei noti, maledicendo fango e “LEPEGO**” in generale, per un lungo e poco piacevole mangia-e-bevi che ci ha condotto al primo trail. E si attacca subito con una nera. Si chiama “i tecci”, e mena. Mai esposta e mai pericolosa, le difficolta’ maggiorni sono le canale e alcuni punti scavati. Nulla di impossibile ma impegnativa e continuamente scassata.
Dopo una breve pausa in un bar nel fondovalle, risaliamo sul versante opposto. Altro giro altro regalo, un altro trail scassato il giusto, un po’ + guidato e scorrevole con alternanza di pezzi veloci e alcuni tagli mezzacosta di collegamento. Direi piu’ xc moderno che enduro, ma comunque interessante e ignorante quanto basta. Qua sotto il video, trattasi di un mix di varie linee e quindi non so darvi un nome di riferimento.
Anche se le gambe sono decisamente cedevoli, mi convinco a fare – a fatica – l’ultima risalita per arrivare a queste famoseantenne. Oltre alle gambe inizia a cedere anche la batteria, che va in rosso a circa 100 d+ dalla fine. Fortunatamente l’ultima salita mena meno delle altre e finalmente siamo in prossimita’ delle antenne gia’ viste in svariati video online.
Da qua, inizia il vero piatto forte della giornata: antenne/salto nel blu, un flow trail che alterna scorrevolezza a elementi tecnici tutt’altro che banali. Anzi forse il piu’ banale e’ proprio il famoso salto … a seguire c’e’ di tutto e vanno conosciute alcune chickens in quanto la linea principale ha alcuni drop che richiedono tanto manico e zero paura. A contorno di tutto una bella vista mare che lo rende ancora piu’ spettacolare. Forse il trail tra quelli “costruiti” piu’ bello che ho mai fatto in Liguria … e uno dei piu’ belli in generale se parliamo di Enduro.
Stremata mi trascino al qubo. 40 km abbondanti e quasi 1400 d+. Non so se sono + ko io o la pila della bici. Una bella prova e sopratutto un uscita che mi ha riportato il mood in bike positivity, in buona compagnia e con in piu’ la motivazione di avere nel gruppo un’altra ragazza, Marcella, di livello compatibile con il mio.
Ringrazio ancora tutto il bel gruppetto elettrico e in particolare Luca x l’invito e l’ideatore della traccia, Marzio, quasi local in questa zona dove l’ignoranza la fa da padrona (come del resto in gran parte della Liguria)
Primo post ufficiale lontana ormai da un paio di mesi abbondanti dalla Capitale. Tra impegni vari correlati al corso (leggere qua se siete nuovi qui o se vi siete persi le puntate precedenti) e meteo sfavorevole le occasioni per vedere posti nuovi degni di recensione non ci sono state. Finalmente location, meteo e compagnia riescono a quadrare, e decido di spingermi a Ponente (NB: attualmente sono abbastanza stabile a Rapallo, sul levante ligure) per incontrare Daniele (mio “collega” al corso di cui sopra) e andare a provare alcuni trail, tra cui Mao Crest , gia’ PS EWS nel 2018, del quale avevo visto qualche interessante video. Ma andiamo con ordine. Purtroppo uscire la mattina in un giorno feriale anche qua non e’ cosa, Genova non e’ Roma, ma la coda GE EST/GE OVEST e’ comunque una garanzia. Non finisce qua, un ulteriore strettoia la trovo poco dopo Savona, ma per fortuna il tutto si risolve in “soli” 15 minuti di ritardo. Finalmente quindi si pedala. Prima risalita va via abbastanza scorrevole, come il primo trail, “Resident Evil” su trailforks, non fatevi ingannare dal nome perche’ non e’ niente di che, in realta’ un traverso di trasferimento. Soffro molto il passaggio luce/ombra con la luce bassa, e questa sofferenza si traduce in insicurezza sui successivi trail: Zak, un mangia-e-bevi sul genere xc moderno,che si innesta sull’ultima parte de “la folia”, uno scassatone breccioloso su cui prendo qualche pietra rotolante non so bene dove, fatto sta che la bici comincia a fare strani rumori di dubbia provenienza. Rumori che spariscono per miracolo dopo la prima risalita su asfalto pedalando agile. Purtroppo l’asfalto dura poco , e lascia spazio ad una sterratona relativamente fattibile in ebike, e a seguire un trail in salita a tratti un po’ ostico. Il tutto ci porta all’inizio de “La Rete”, bellissimo trail dalle pendenze piu’ accentuate che mixa sezioni guidate e spondate a rockgarden su pietra fissa, mai banale ma mai impossibile. Lo definirei sul genere del st Anna, ma decisamente piu’ pulito. Dal punto di vista della guidabilita’ direi il trail + interessante di tutta la giornata.
Ci tocca risalire nuovamente per il percorso precedente, fino stavolta a portarci oltre, per prendere un taglio su singletrack verso il Monte Mao, ultimo obbiettivo della giornata e “pezzo forte”: Mao Crest, PS EWS nel 2018, un lungo e panoramico singletrack su fondo smosso che alterna sezioni piu’ guidate con curve a traversi, il tutto partendo da una cresta, mai esposta che punta dritta sull’isolotto di Bergeggi, lasciandoci da un lato Savona e dall’altro Spotorno. Molto molto bello e panoramico, mai difficile mai ripido a patto di avere una buona familiarita’ con lo smosso e l’esposto (mai eccessivo, sempre in zona di confort almeno x me, grazie anche all’onnipresente vegetazione). La bici purtroppo su questo trail riprende a fare “i rumori”, ma mi porta indenne alla macchina. Concludendo, 1270 d+ e 28 km, zero biker incontrati. Giro che sicuramente si adatta a varianti e ad ulteriori modifiche/integrazioni, ma Mao Crest e “la Rete” IMHO sono un must.
NB: da qualche settimana, ho attivato i ridelog su trailforks. Tutte le mie uscite saranno su questa piattaforma (oltre che su strava) e sara’ mia premura segnalare eventuali problematiche riscontrate sui trail e/o livelli incongruenti di difficolta’. Per dirne una , anche in questo giro i colori sono un po’ incongruenti. Mao Crest non e’ nero ma un po’ meno (S2-), La Rete non e’ blu ma qualcosa in piu’ (S2 pieno), Resident Evil potrebbe addirittura essere verde (S1). Il blu puo’ starci per “zak”. La questione difficolta’ dei sentieri contunua ad essere un tema spinoso , servirebbe una classificazione che vada un po’ oltre i colori.. ma questo e’ un altro discorso …
Questo post e’ un po’ diverso dal solito, di parlare del #frontinorosso abbiamo gia’ avuto occasione in lungo e in largo, e questo non e’ il solito articolo tecnico o la recensione di un itinerario. Stavolta vi porto un po’ dentro la mia vita, anche se a dire il vero lo avevo gia’ fatto circa un anno fa, con questo articolo : http://whybenormal.net/la-bicicletta-a-pile-e-non-mi-salvera
In realta’ le cose in quel momento non sono andate esattamente come speravo. E’ stata comunque occasione per confrontarsi con altre realta’, per capire come gira il mondo del bike business altrove, e per acquisire la consapevolezza che c’e’ ancora tanto, tantissimo da fare e che ahime’ in questo mondo essere donna (o forse sarebbe meglio dire “diversamentedonna“**) rende le cose piu’ complicate. Ma da questa consapevolezza di complicazione puo’ uscire motivazione, e da qui nasce RidePink, primo “caposaldo” della mia sfida al destino. Il secondo punto ha un carattere piu’ burocratico e amministrativo: nel paese dei cavilli e dei balzelli (Italia), i titoli rilasciati dalla federazione non hanno valore universale. Nella regione in cui risiedo (Piemonte) e in cui intendo portare avanti un buon 50% del mio progetto , serve un abilitazione regionale da Guida Cicloturistica per poter lavorare sui sentieri (ambiente ostile) con adulti a scopo turistico/ricreativo (leggesi: poter offrire servizio di escursioni guidate nei confronti di soggetti sprovvisti di qualsivoglia tesseramento/certificato medico) senza dover ricorrere, appunto, al burocratico accrocchio chiamato ASD. Chi mi segue su Strava avra’ visto che ho girato tanto con il frontinorosso cercando di spingere il + possibile con le mie gambette. Ebbene si, questo serviva a superare la prova di ammissione al corso in oggetto, prova che ho superato qualche giorno fa. Non sara’ una passeggiata perche’ la “convivenza” con il frontino dovra’ continuare per buona parte del corso, e io, se devo scegliere, preferisco andare a pile (del resto, il potenziale pubblico di una guida e’ al 90% elettrico, ma questo e’ un altro discorso…)
E quindi eccoci qua, avevo giurato che non sarei piu’ tornata a “scuola”, che non mi sarei piu’ impegolata in corsi, slide, tesine e altre cose dalla dubbia utilita’ e invece ci sono ricascata. Perche’ io ci credo, io so che il mio posto e’ li tra le mie montagne, non rinchiusa al buio vestita da scema . Il destino, in questi ultimi 10 anni e’ stato molto strano con me. E’ successo di tutto e di piu’, parzialmente intuibile scorrendo indietro questo blog, o guardando i miei profili social. C’e’ ovviamente dell’altro, non di pubblico dominio e interesse, ma tirando le somme questo lungo periodo passato nella Capitale, e’ stato, nel bene e nel male fondamentale per capire almeno in parte #tuttiimieisbagli, purtroppo fortemente influenzati dal fatto di avere un difetto refrattivo all’occhio sinistro poco diffuso, e correggibile appieno solo con particolari lenti a contatto (non da banco x intenderci). Molto probabilmente se non avessi avuto “sfig-occhio” (come lo chiamavo) a alterarmi il sistema nervoso, ora come ora sarei maestra di snowboard, e probabilmente sarei gia’ gct/mmb da un po’ , ma pazienza, indietro non si torna, e – ahime’ – l’esperienza e il senno si acquisiscono solo con il tempo, a suo malgrado tiranno.
Tempo tiranno perche’ per molti probabilmente sono solo una “zitella” che trova consolazione nei suoi giocattoli perche’ non e’ stata capace di realizzarsi in maniera “normale”, creandosi una vita e una famiglia come tutta la gente “normale”. Gente “normale” che mi auguro in futuro di poter accompagnare nel mio mondo, regalando qualche attimo di spensieratezza e liberta’ in mezzo alla natura o – perche’ no – un po’ di adrenalina lungo un bel singletrack in discesa. La mia famiglia sono le mie due biciclettine. Non siamo tutti uguali, non tutti abbiamo le stesse fortune (o sfortune), e la propria unicita’ va accettata, coltivata, e rispettata. Ho motivazione e passione da vendere, e penso di poter avere qualcosa da offrire nel mondo delle due ruote turistico/ricreativo. Stavolta tiro avanti dritta, senza influenze esterne, solo con la mia testa. E forse, anche se con qualche anno di ritardo, finalmente avro’ ragione.
Se siete arrivati fino alla fine di questo pippone vi ringrazio, nel limite del possibile cerchero’ di tenervi aggiornati sull’evoluzione del corso che seguiro’, che, ricordo essere di ben 280 ore, molte di piu’ di quelle di Federazione o peggio di alcuni enti. Sara’ il tempo a dirci se questa formazione sara’ davvero utile per poter operare sul campo in maniera professionale e sicura e per diventare una biker migliore.
Stay Tuned
KiaZ
** quando uso questo termine mi riferisco al fatto che non sono riconoscibile per niente in un classico stereotipo femminile, ma che ho sempre fatto senza pormi troppi problemi cose “da maschi” e che credo che se le ho fatte io sia tutto alla portata di chiunque e che gender e caxxate simili siano solo frutto del voler per forza etichettare e stereotipare ogni essere vivente in una certa categoria standardizzata.
Chi mi segue, lo ha notato sia nei video che qui sul blog: il #frontinorosso ha trovato di che divertirsi qua in alta ValSusa. Vediamo quali sono i percorsi dove meglio esprime le sue potenzialita’ “downcountry“; ovviamente tutti gli itinerari indicati sono molto adatti anche per chi si avvicina al mondo della mtb su sentiero strizzando l’occhio al contesto gravity.
1) Basso Cotolivier, Irontibi lines La parete Nord del Cotolivier nella sua parte bassa, tra le frazioni di Chateau Beaulard, Pierremenaud e Vazon offre una serie di trail interessanti e divertenti per la front, concatenabili in diversi anelli. In breve: da Vazon c’e’ un lungo sentiero mezzacosta, flow con alcuni rilanci, direi piu’ xc e un unico passaggio tecnico che arriva a Chateau. Da Chateau 2 possibilita’ di discesa su Beaulard: 1) Superflow : linea easy veloce e scorrevole. 2) D2 : linea enduro, non impossibile, fattibile anche con la front ma richiede una certa attenzione. Rientrando sulla strada mezzacosta verso Pierremenaud troviamo un bivio che indica Villaretto: da qua parte un velocissimo e pulito trail fatto di compressioni e saliscendi. Se vogliamo una versione piu’ “guidata”, basta proseguire per alcuni metri e troveremo un ingresso nel bosco che conduce ad una variante piu’ stretta e ripida che si collega al sentiero citato sopra. Entrambi conducono alla frazione Villaretto. Da qua ci sono altre 3 possibilita’ di discesa: a) Verso Oulx con un trail ripido guidato la cui unica difficolta’ e’ data dalla pendenza. b) Verso Savoulx (tenere la sx ad un bivio in corrispondenza di un prato) su trail veloce ma stretto c) Proseguendo il facile sentiero che pero’ presenta molti rilanci (piu’ XC)
Dislivello 400-700+ e oltre d+ a seconda delle combinazioni
Acqua: fontane (caratteristiche) in tutte le frazioni.
Video del “superflow”
2) Sansicario ex park
Da Sansicario, seguire la strada per loc. Champlas, da qui salire in direzione Chalmettes. Raggiunto l’omonimo bar/ristorante, si puo’ decidere se fare un giro piu’ lungo proseguendo verso Sestriere sulla strada del Monte Rotta e rientrando per il sentiero Bordin (Facile mezzacosta in leggera discesa, panoramico ma poco interessante dal punto di vista della guida), o proseguire in direzione Soleil Boef. Dall’omonima localita’, dietro ad un cannone sparaneve, si scorge la traccia che scende nel prato. Inizialmente e’ stretta ma poi diventa facilmente seguibile, trasformandosi in un divertentissimo – anche se non largo – flow trail che offre anche una passerella northshore – discendente a Sansicario. Da non perdere.
SALITA: pedalabile– (sterrato fattibile fino al forte Foen poi ci vuole gamba) DISCESA: Bordin s0, exPark S1, passerella e qualche ripido S2+ Dislivello: 500 (700 se si arriva a Sestriere)
Acqua: solo a Champlas e poi a Sestriere se si prosegue (c’e’ una fontana lungo la strada del Monte Rotta, ma ad Agosto 2022 risultava spenta) Video:
3) Bardonecchia Grange della Rho
Giro breve ma panoramico e sopratutto divertente. Si parte dalla zona alta di Bardonecchia, seguendo le indicazioni per Grange Rho e i camini del Frejus. Si parte su asfalto che, anche se a tratti ripido, si lascia pedalare fino al bivio per grange Rho. Da qui la strada diventa sterrata, impegnativa, con una pendenza media dell 11% che richiede una discreta gamba per non ricorrere allo spingismo. Arrivati al paesino, seguiamo in mezzo alle case l’indicazione per Bardonecchia/Strada 3 croci. A breve la traccia diventa un divertentissimo sentiero, che tra curve di diverso raggio (mancano solo le sponde eehheheh) e veloci rettilinei porta a valle fino a ritrovare l’asfalto. Per allungare il giro abbiamo due opportunita’ : a) risalire e poco prima di grange Rho seguire il bivio per Grange Frejus. Da qua inizia un altro singletrack piu’ “XC” con tratti panoramici , qualche parte + tecnica e rilanci che arriva a Grange Frejus sull’asfalto. Percorso qualche metro d’asfalto a sx troviamo una mulattiera, apparentemente anonima e banale, ma che con un po’ di fantasia puo’ trasformarsi in una serie di spondine. b) Se vogliamo evitare il salitone, possiamo semplicemente risalire fino solo alla mulattiera dall’asfalto in direzione camini del Frejus e imboccare la mulattiera a sx.
Acqua: sia a Grange della Rho che poco prima delle grange del Frejus (qualche metro dopo l’inizio della mulattiera) .
Video:
4) Sauze/gran bosco, Il sentiero dei Cannoni
Classico giro tra il Gran Bosco di Salbeltrand e la Strada dell’Assietta. Salita mediamente impegnativa su sterrata non sempre scorrevole almeno fino al col Blegier, poi le pendenze e la scorrevolezza migliorano una volta inseriti sulla storica strada dell’Assietta. Discesa flow con qualche pezzo un po’ piu’ scassato, lunga e talvolta stancante per il fondo irregolare sopratutto nella prima parte. Un po’ “noioso” il dover ripetere un pezzo dell’itinerario di salita per rientrare al punto di partenza, ma nel Gran Bosco di Salbeltrand non e’ possibile percorrere sentieri in bici tranne il suddetto .
Acqua: assente, premunirsi: le uniche fontane presenti lungo la strada del Gran Bosco ad Agosti 2022 risultano chiuse.
Video:
NB: Le tracce sono state linkate da Strava. Se siete iscritti anche con il profilo gratuito dovreste riuscire a scaricarle facilmente da computer. In caso di difficolta’ potete contattarmi e saro’ lieta di fornirvele via email o altro.
Avvicinarsi alla MTB/eMTB – opportunita’ e budget –
Diciamolo apertamente : quando qualche amico/parente/conoscente non biker mi chiede quanto costa la mia bici rimane negativamente colpito e vede questo sport come inavvicinabile. E sottolineo che la mia Thok e’ un entry level come montaggio, e, nel mondo elettrico, e’ poco piu’ del “minimo sindacale” che serve ad avvicinarsi ad un uso offroad sportivo/enduristico.
Questo “costo di strartup” e’ un gran deterrente per tanti che vorrebbero provare, avvicinarsi a questo mondo , capire di che si tratta e se puo’ essere il loro sport. Purtroppo anche le formule di leasing o long term rental (noleggio a lungo termine) non sono sempre attuabili e/o convenienti , e implicano un impegno minimo di 1 anno, e sono rare le offerte dedicate a privati che permettono la restituzione del mezzo senza penali.
Tutto questo scoraggia il semplice sportivo curioso, magari praticante di altre attivita’ outdoor, anche solo nei confronti di un noleggio giornaliero , timoroso del “e se poi mi piace come faccio ?”
Facciamo dunque due passi indietro. Le eMTBnon sono sempre esistite, e anche senza il motore questo sport puo’ avere il suo perche’ , a patto di mettere a budget – prevalentemente nella stagione estiva – qualche uscita in bikepark , quindi usando le seggiovie o altro mezzo di risalita, per poter migliorare rapidamente in discesa e avere l’opportunita’ di non stancarsi in salita e perdere lucidita’.
Il periodo ideale per avvicinarsi a questo sport con un budget ridotto, e’ secondo me, prima dell’estate , in modo da poter approfittare della stagione di apertura dei bikepark per farci un idea globale di quello che vogliamo fare con la bicicletta.
In ogni caso, il budget minimo per una full (ovvero bici con sospensione sia anteriore che posteriore) usata puo’ variare tra i 1000 e i 1500 euro. Sotto questa cifra si rischia di tornare molto “indietro nel tempo” , trovando mezzi ormai decisamente obsoleti sui quali puo’ risultare anche difficile reperire i ricambi.
E … se a questa cifra non ci arrivo ?
Se proprio si vuole provare, il mio consiglio e’ di affittare un enduro muscolare in un bikepark e cercare di capire se questo mondo fa per noi. Meglio se accompagnati da un maestro o almeno da un amico/a esperto/a . Il costo di una giornata puo’ variare – incluso skipass e noleggio – dai 70 ai 120 euro a seconda della location scelta.
… Basta una
giornata a capire ?
Non e’ detto. In
questo caso – ahime’ – il mezzo e il tipo di sentieri fa la
differenza. Per questo, nel dubbio meglio affidarsi ad un esperto/a .
… Non ho bikepark
accessibili, so a priori che dovro’ pedalare, posso iniziare con
una buona front ?
La risposta e’ ASSOLUTAMENTE SI !! Il “frontino”, sopratutto se moderno , e’ un mezzo divertente, allenanete e didattico. E’ piu’ agile e meno faticoso in salita di una full pari peso, in discesa e’ agile e reattivo sul veloce. Richiede pero’ maggiore controllo, scelta di linea e skill a bassa velocita’ sul tecnico. Tutte cose che possono essere imparate, e che sono anche motivanti e divertenti da acquisire.
Dunque, che caratteristiche deve avere un frontino divertente ? All’incirca quelle del mio FrontinoRosso: telaio in alluminio (alcuni propongono l’accaio, sinceramente lo sconsiglio ad un principiante poco allenato, l’aumento di peso non e’ trascurabile), sterzo mediamente aperto (66-67 gradi), ruote da 29 e escursione della forcella intorno ai 120-130 mm. Ci sono front da enduro con escursioni maggiori, ma fidatevi, sopratutto se dovete pedalarci ed e’ la vostra prima bici e’ solo peso in piu’ . Un mezzo del genere permette di iniziare a divertirsi e di imparare solidamente i fondamentali della guida offroad.
E ricordatevi che gran parte delle volte, se non riuscite a chiudere un passaggio , non e’ colpa “della bici” …. La guida attiva in mtb richiede tecnica, che non tutti riescono ad apprendere in modo autonomo e intuitivo. Qualche lezione puo’ essere piu’ utile di un inutile upgrade …
E vi ricordo che se vi trovate in alta Valsusa, per tutto Agosto sono disponibile per lezioni per livello principiante/intermedio in bikepark e non solo, sia per ebike che non.
Domenica 3 luglio 2022: a distanza di quasi due anni si torna sul Malamot, quota 2914, con l’intenzione stavolta di testare una linea inedita, almeno per me e per Daniele, mio “socio” in questa uscita di scouting, Da qui la definizione di “beta”, rubata all’IT, ovvero di un qualcosa di non ancora stabile e utilizzabile (nel caso specifico) percorribile in sicurezza.
Ma cominciamo dall’inizio. Partenza dal piccolo lago di Moncenisio paese, con il meteo che ci assistera’ (cosa non scontata con le altitudini in questione) per tutta la giornata. Sulla carta ci aspettano 1500 d+, il massimo attualmente sperimentato dalla batteria della Thok, andando al risparmio.
Saliamo dalla strada del lago Arpon, fino ad incrociare il bivio per il Malamot. Da qua la salita e’ identica a quella del precedente giro effettuato nel 2020.
Andiamo piano, molto piano, diciamo che reggo bene il primo “millino” in eco, ogni tanto in caso di (rari) passaggi tecnici preferisco scendere e spingere la bici, sia per cambiare tipo di sforzo (si, si fatica anche con l’ebike, sopratutto se si deve arrivare a compromessi per risparmiare) che per conservare la batteria. Il paesaggio e’ quello caratteristico del Moncenisio, che come sempre da l’idea di trovarsi su di un’altro pianeta. Dopo circa 4 ore e mezza siamo in cima , e finalmente si recupera fiato e energia.
Iniziano le valutazioni per la discesa. La traccia che intendiamo seguire e’ stata scaricata da Trailforks, e punta verso il lago bianco tagliando diretta tra i sassi. Non ci sono ridelog recenti. Guardando verso il basso, tra le pietre si scorge una specie di camminamento relativamente vicino, che potrebbe semplificare la discesa. Decidiamo quindi di seguire una specie di scalinata segnata da alcuni “ometti” che punta verso il camminamento intravisto. Qualche gradone sarebbe teoricamente anche ciclabile, ma evitiamo inutili rischi, trovandoci nel nulla a quasi 3000 mt slm.
Dopo un po’ di ravanaggi inizia il divertimento. Freeride tra prato e pietra fissa molto divertente, con lo sfondo del lago bianco e del monte Giusalet a fare da piacevole contorno.
Purtroppo un bel gioco dura poco, e si ricomincia a ravanare per cercare un passaggio che ci permetta di superare indenni alcuni “cliff” e trovare la strada sterrata che arriva dal basso. Morale della favola: un ora circa di ravanaggio per 10 minuti di piacevole discesa. Ma questo fa parte dell’all-moutain, sopratutto in fase di “beta test” o scouting che dirsi voglia.
Inizia quindi la seconda parte di discesa, quella che, almeno sulla carta dovrebbe essere piu’ flow e semplice. Seguiamo una traccia segnata sulle mappe come strada, effettivamente ha l’aspetto e la larghezza di una strada in disuso, ma il fondo e’ comunque insidioso e di strada ha ben poco. In ogni caso niente di difficile, circondati sempre da un contesto naturalistico e paesaggistico spettacolare da cui non bisogna lasciarsi distrarre troppo. La presunta strada diventa poi singletrack, a tratti decisamente esposto, con simpatici passaggi tecnici su roccia, e man mano che perdiamo quota iniziano a comparire anche divertenti tornantini. Insomma, il trail sembra valere il giro, unendo perfettamente piacere di guida della bici in discesa e ambiente alpino mozzafiato.
Ma anche qui purtroppo ritroviamo un’uscita non semplice. Poco prima di ritrovare la strada del lago Arpon, dobbiamo nuovamente “combattere” contro un passaggio non ciclabile e difficilmente percorribile anche a piedi dovendoci trascinare dietro le pesanti ebike. In qualche modo ne usciamo, sperando che le insidie siano finite.
In teoria ci aspetta un ultima piacevole discesa fino alla piana di St Nicolas e a seguire verso Moncenisio via sentiero dei Monaci … ma come si poteva immaginare c’e’ ancora da tribolare. Una frana interrompe il sentiero, dobbiamo tornare indietro (santa ebike) e trovare una traccia alternativa. In qualche modo scendiamo e incrociamo quella che una volta era la base della Ferrovia Fell, che nell’800 collegava la val di Susa alla Maurienne. Ultimi metri tritabraccia sul lastricato del sentiero dei monaci, dopodiche’ finalmente troviamo una fontana e poco dopo le macchine. Tirando le somme, 1650 d+, il record per la mia Thok. Malgrado i problemi di “ravanaggio” giro bellissimo, ma da rivedere per trovare passaggi piu’ agevoli (dovrebbero esistere) . E’ davvero un peccato che la sezione finale del trail che dal lago bianco scende alla strada dell’Arpon sia cosi’ complessa da superare. Sulle mappe e sulle strava heatmap risulta esistere un passaggio alternativo. Forse vale la pena tornare ad indagare ………
A questo link : https://www.facebook.com/media/set?vanity=mtbexplorer360&set=a.3287690804889674 potete trovare tutte le foto di Daniele, (mtbexplorer360), che ringrazio per aver condiviso questa esperienza per me “epica”. Il Moncenisio e’ sempre affascinante, un posto unico come ce ne sono pochi e che vale davvero la pena visitare. Vedremo se ci sara’ una release “3.0” del Malamot !!!
PS: un ultima nota sul comportamento di motore e batteria. La mia thok ha una batteria da 504 watt/h, al giorno d’oggi considerata “piccola” per una ebike “classica”. Eco e’ regolato dall’app a medio, tutto il resto a basso. Durante il giro ho usato trail solo nella fase finale e quando siamo dovuti risalire causa frana. Ovviamente la velocita’ di crociera e’ comparabile ad un muscolare allenato. Ma con un po’ di pazienza anche senza le “megapile” si possono fare giri di tutto rispetto.
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