eMTB Liguria – Spotorno Monte Mao (e dintorni)

Primo post ufficiale lontana ormai da un paio di mesi abbondanti dalla Capitale. Tra impegni vari correlati al corso (leggere qua se siete nuovi qui o se vi siete persi le puntate precedenti) e meteo sfavorevole le occasioni per vedere posti nuovi degni di recensione non ci sono state. Finalmente location, meteo e compagnia riescono a quadrare, e decido di spingermi a Ponente (NB: attualmente sono abbastanza stabile a Rapallo, sul levante ligure) per incontrare Daniele (mio “collega” al corso di cui sopra) e andare a provare alcuni trail, tra cui Mao Crest , gia’ PS EWS nel 2018, del quale avevo visto qualche interessante video.
Ma andiamo con ordine.
Purtroppo uscire la mattina in un giorno feriale anche qua non e’ cosa, Genova non e’ Roma, ma la coda GE EST/GE OVEST e’ comunque una garanzia. Non finisce qua, un ulteriore strettoia la trovo poco dopo Savona, ma per fortuna il tutto si risolve in “soli” 15 minuti di ritardo.
Finalmente quindi si pedala. Prima risalita va via abbastanza scorrevole, come il primo trail, “Resident Evil” su trailforks, non fatevi ingannare dal nome perche’ non e’ niente di che, in realta’ un traverso di trasferimento. Soffro molto il passaggio luce/ombra con la luce bassa, e questa sofferenza si traduce in insicurezza sui successivi trail: Zak, un mangia-e-bevi sul genere xc moderno,che si innesta sull’ultima parte de “la folia”, uno scassatone breccioloso su cui prendo qualche pietra rotolante non so bene dove, fatto sta che la bici comincia a fare strani rumori di dubbia provenienza. Rumori che spariscono per miracolo dopo la prima risalita su asfalto pedalando agile.
Purtroppo l’asfalto dura poco , e lascia spazio ad una sterratona relativamente fattibile in ebike, e a seguire un trail in salita a tratti un po’ ostico. Il tutto ci porta all’inizio de “La Rete”, bellissimo trail dalle pendenze piu’ accentuate che mixa sezioni guidate e spondate a rockgarden su pietra fissa, mai banale ma mai impossibile. Lo definirei sul genere del st Anna, ma decisamente piu’ pulito. Dal punto di vista della guidabilita’ direi il trail + interessante di tutta la giornata.

cresta mao
vista su savona
bergeggi


Ci tocca risalire nuovamente per il percorso precedente, fino stavolta a portarci oltre, per prendere un taglio su singletrack verso il Monte Mao, ultimo obbiettivo della giornata e “pezzo forte”: Mao Crest, PS EWS nel 2018, un lungo e panoramico singletrack su fondo smosso che alterna sezioni piu’ guidate con curve a traversi, il tutto partendo da una cresta, mai esposta che punta dritta sull’isolotto di Bergeggi, lasciandoci da un lato Savona e dall’altro Spotorno. Molto molto bello e panoramico, mai difficile mai ripido a patto di avere una buona familiarita’ con lo smosso e l’esposto (mai eccessivo, sempre in zona di confort almeno x me, grazie anche all’onnipresente vegetazione). La bici purtroppo su questo trail riprende a fare “i rumori”, ma mi porta indenne alla macchina. Concludendo, 1270 d+ e 28 km, zero biker incontrati. Giro che sicuramente si adatta a varianti e ad ulteriori modifiche/integrazioni, ma Mao Crest e “la Rete” IMHO sono un must.

Ridelog su trailforks

https://www.trailforks.com/ridelog/view/47000547/

NB: da qualche settimana, ho attivato i ridelog su trailforks. Tutte le mie uscite saranno su questa piattaforma (oltre che su strava) e sara’ mia premura segnalare eventuali problematiche riscontrate sui trail e/o livelli incongruenti di difficolta’. Per dirne una , anche in questo giro i colori sono un po’ incongruenti. Mao Crest non e’ nero ma un po’ meno (S2-), La Rete non e’ blu ma qualcosa in piu’ (S2 pieno), Resident Evil potrebbe addirittura essere verde (S1). Il blu puo’ starci per “zak”. La questione difficolta’ dei sentieri contunua ad essere un tema spinoso , servirebbe una classificazione che vada un po’ oltre i colori.. ma questo e’ un altro discorso …

Relive:

eMTB Malamot 2.0 (beta)

Domenica 3 luglio 2022: a distanza di quasi due anni si torna sul Malamot, quota 2914, con l’intenzione stavolta di testare una linea inedita, almeno per me e per Daniele, mio “socio” in questa uscita di scouting, Da qui la definizione di “beta”, rubata all’IT, ovvero di un qualcosa di non ancora stabile e utilizzabile (nel caso specifico) percorribile in sicurezza.

Ma cominciamo dall’inizio. Partenza dal piccolo lago di Moncenisio paese, con il meteo che ci assistera’ (cosa non scontata con le altitudini in questione) per tutta la giornata. Sulla carta ci aspettano 1500 d+, il massimo attualmente sperimentato dalla batteria della Thok, andando al risparmio.

Saliamo dalla strada del lago Arpon, fino ad incrociare il bivio per il Malamot. Da qua la salita e’ identica a quella del precedente giro effettuato nel 2020.

Andiamo piano, molto piano, diciamo che reggo bene il primo “millino” in eco, ogni tanto in caso di (rari) passaggi tecnici preferisco scendere e spingere la bici, sia per cambiare tipo di sforzo (si, si fatica anche con l’ebike, sopratutto se si deve arrivare a compromessi per risparmiare) che per conservare la batteria. Il paesaggio e’ quello caratteristico del Moncenisio, che come sempre da l’idea di trovarsi su di un’altro pianeta.
Dopo circa 4 ore e mezza siamo in cima , e finalmente si recupera fiato e energia.

Iniziano le valutazioni per la discesa. La traccia che intendiamo seguire e’ stata scaricata da Trailforks, e punta verso il lago bianco tagliando diretta tra i sassi. Non ci sono ridelog recenti. Guardando verso il basso, tra le pietre si scorge una specie di camminamento relativamente vicino, che potrebbe semplificare la discesa. Decidiamo quindi di seguire una specie di scalinata segnata da alcuni “ometti” che punta verso il camminamento intravisto. Qualche gradone sarebbe teoricamente anche ciclabile, ma evitiamo inutili rischi, trovandoci nel nulla a quasi 3000 mt slm.

top malamot

Dopo un po’ di ravanaggi inizia il divertimento. Freeride tra prato e pietra fissa molto divertente, con lo sfondo del lago bianco e del monte Giusalet a fare da piacevole contorno.

Purtroppo un bel gioco dura poco, e si ricomincia a ravanare per cercare un passaggio che ci permetta di superare indenni alcuni “cliff” e trovare la strada sterrata che arriva dal basso.
Morale della favola: un ora circa di ravanaggio per 10 minuti di piacevole discesa. Ma questo fa parte dell’all-moutain, sopratutto in fase di “beta test” o scouting che dirsi voglia.

Inizia quindi la seconda parte di discesa, quella che, almeno sulla carta dovrebbe essere piu’ flow e semplice. Seguiamo una traccia segnata sulle mappe come strada, effettivamente ha l’aspetto e la larghezza di una strada in disuso, ma il fondo e’ comunque insidioso e di strada ha ben poco. In ogni caso niente di difficile, circondati sempre da un contesto naturalistico e paesaggistico spettacolare da cui non bisogna lasciarsi distrarre troppo. La presunta strada diventa poi singletrack, a tratti decisamente esposto, con simpatici passaggi tecnici su roccia, e man mano che perdiamo quota iniziano a comparire anche divertenti tornantini. Insomma, il trail sembra valere il giro, unendo perfettamente piacere di guida della bici in discesa e ambiente alpino mozzafiato.

Ma anche qui purtroppo ritroviamo un’uscita non semplice. Poco prima di ritrovare la strada del lago Arpon, dobbiamo nuovamente “combattere” contro un passaggio non ciclabile e difficilmente percorribile anche a piedi dovendoci trascinare dietro le pesanti ebike. In qualche modo ne usciamo, sperando che le insidie siano finite.

out


In teoria ci aspetta un ultima piacevole discesa fino alla piana di St Nicolas e a seguire verso Moncenisio via sentiero dei Monaci … ma come si poteva immaginare c’e’ ancora da tribolare. Una frana interrompe il sentiero, dobbiamo tornare indietro (santa ebike) e trovare una traccia alternativa. In qualche modo scendiamo e incrociamo quella che una volta era la base della Ferrovia Fell, che nell’800 collegava la val di Susa alla Maurienne. Ultimi metri tritabraccia sul lastricato del sentiero dei monaci, dopodiche’ finalmente troviamo una fontana e poco dopo le macchine.
Tirando le somme, 1650 d+, il record per la mia Thok. Malgrado i problemi di “ravanaggio” giro bellissimo, ma da rivedere per trovare passaggi piu’ agevoli (dovrebbero esistere) . E’ davvero un peccato che la sezione finale del trail che dal lago bianco scende alla strada dell’Arpon sia cosi’ complessa da superare. Sulle mappe e sulle strava heatmap risulta esistere un passaggio alternativo. Forse vale la pena tornare ad indagare ………

A questo link :
https://www.facebook.com/media/set?vanity=mtbexplorer360&set=a.3287690804889674
potete trovare tutte le foto di Daniele, (mtbexplorer360), che ringrazio per aver condiviso questa esperienza per me “epica”.
Il Moncenisio e’ sempre affascinante, un posto unico come ce ne sono pochi e che vale davvero la pena visitare. Vedremo se ci sara’ una release “3.0” del Malamot !!!

PS: un ultima nota sul comportamento di motore e batteria. La mia thok ha una batteria da 504 watt/h, al giorno d’oggi considerata “piccola” per una ebike “classica”. Eco e’ regolato dall’app a medio, tutto il resto a basso. Durante il giro ho usato trail solo nella fase finale e quando siamo dovuti risalire causa frana. Ovviamente la velocita’ di crociera e’ comparabile ad un muscolare allenato. Ma con un po’ di pazienza anche senza le “megapile” si possono fare giri di tutto rispetto.

Back again in the valley

Mi scuso intanto per il “lungo” silenzio stampa che ha riguardato sia il blog che la rispettiva pagina facebook. Da una parte siamo in un periodo storico tutt’altro che semplice , ma fortunatamente abbiamo una marcia in piu’ rispetto ai “normali”. Noi non normali, o diversamente normali abbiamo la fortuna di amare l’aria aperta e i grandi spazi. L’ambiente naturale e il rispettivo accesso sono sacrosanti e intoccabili. Sopravviviamo benissimo anche senza strane certificazioni, ci basta il lume della ragione, ragione di cui proprio forse i “folli” come la sottoscritta sono piu’ dotati.

Ma lasciamo perdere questa breve intro, il discorso e’ troppo complesso e non andatto a queste pagine spensierate.

Sono tornata in Valle, Thok al seguito , pronti a ripercorrere i “soliti giri” che riservano sempre qualche sorpresa, e a scovare nuove varianti (di sentieri eh … ) e alternative.

san sicario trail

Dalla riscoperta del trail di Sansicario , al giro del Col Saurel fatto al contrario , ad alcune gradite sorprese in zona Rochemolles … e ne abbiamo ancora da esplorare fare e rifare.

thok sestriere



Godiamoci questi momenti , del doman non c’e’ certezza … Saro’ in Valle (zone Bardonecchia Oulx Cesana Sestriere) fino ai primi di Settembre, disponibile per giri vecchi e nuovi (scouting), i miei contatti sono nella rispettiva pagina.

Test Turbo Levo SL Specialized

TURBO LEVO SL – Il Test

La mia curiosita’ per il neonato segmento delle ebike ultraleggere non e’ un segreto. Da sempre il grosso limite che trovo nelle ebike per quel che riguarda il mio stile di guida e’ il peso. Peso che influisce nella guida in discesa, nel tecnico lento, nella frenata. D’altro canto pero’ per alleggerire bisogna tagliare altrove, ovvero batteria e motore, e quindi essere pronti ad accettare compromessi in salita.
Ieri si e’ presentata l’occasione per testare una Turbo Levo SL Comp sui trail di Formello. Il maltempo e la pioggia fine non mi han fermato, troppa era la mia voglia di provare questo mezzo. Per chi non e’ troppo “tecnico”, ricordo che la LevoSL risparmia in peso montando una batteria da 320 Wh (contro le 500-600 delle ebike “pesanti”) e un motore realizzato “ad hoc” in grado di erogare una coppia di “soli” 35nm (a fronte dei 70-85 delle ebike “pesanti”). Questi accorgimenti portano il peso dell’oggetto in questione attorno ai 18.75 kg per le versioni in alluminio (da me provata) e a 17 kg per quelle in carbonio. Sono pesi comparabili alle vecchie “freeride” della prima decade degli anni 2000, con la differenza che la tecnologia si e’ evoluta e questa ha il motore.


La bici da me provata e’ in allestimento comp, monta forka fox 34 grip, ammo fox float dps, freni guide, trasmissione nx 12v, ruote da 29.

Vediamo subito come va. Intanto anche da spenta rimane pedalabile, il trascinamento e’ pari a zero e questo permette, in tratti pianeggianti, di spegnere tranquillamente il motore per guadagnare in autonomia. Una volta acceso il motore si fa sentire, ed e’ tutt’altro che silenzioso. La LevoSL ha tre livelli di assistenza, in stile shimano per intenderci. In “eco”, diciamo che lo sforzo e’ comparabile al pedalare una XC molto leggera. Su salite scorrevoli non si hanno problemi, a patto di non pretendere – a parita’ di fatica – le stesse velocita’ che si avrebbero con un ebike full-weight and full-power. Per farla molto semplice, questa trail bike mette una “toppa” alla mancanza di allenamento di un/a “sunday rider” come la sottoscritta, permettendo di faticare meno in salita e guadagnare un pelino di velocita’, ma siamo ben lontani dell’effetto “criceto elettrico” tipico delle ebike pesanti.

In discesa, e’ a tutti gli effetti molto molto piu’ vicina ad una trail bike senza motore piuttosto che ad un ebike. Per farla breve mi sembrava di essere tornata sulla mia cara vecchia stumpjumper. Quindi una bici reattiva che risponde ad ogni nostro spostamento di peso, che chiede di essere guidata , che puo’ essere facilmente alzata per saltare radici in bunnyhop , che vola nei rilanci e sulle sponde. Ho avuto giusto qualche problema di feeling con i freni: su una bici del genere vedo meglio un impianto tipo xt, anche solo a 2 pistoni, sarebbe piu’ che sufficente per il peso della sottoscritta … preferisco avere una frenata pronta e possibilita’ di cimentarmi in cose che su un ebike pesante mi sono quasi precluse, come i nosepress.

Purtroppo il meteo non ha aiutato e la gopro si e’ presto bagnata …

Facciamo un’altra risalita, stavolta proviamo ad usare un po’ piu’ di assistenza. La modalita’ trail, ovvero quella intermedia, e’ comfrontabile ad un eco “spinto” di un Shimano o di un Bosch, o ad un Trail/Tour un po’ “moscio”. Qua il motore si sente di piu’ e quindi le velocita’ aumentano senza problemi. Non ho purtroppo avuto possibilita’ di provare salite tecniche, di quelle non pedalabili (almeno da me) con la muscolare. Sarebbe molto interessante poter approfondire anche il comportamento sui “ripidoni in salita”.

Tirando le somme, di elettrico quest’attrezzo ha solo le lucine: e’ quasi una “muscolare” a tutti gli effetti, forse giusto alzarla in manual e’ – almeno per me – un po’ piu’ complesso in quanto la presenza della batteria sul tubo obliquo rende piu’ faticosa la manovra. Idem per i bunnyhop a basse velocita’, ho potuto costatatare una facilita’ maggiore di alzata sul posteriore rispetto all’anteriore. Ma credo che si tratti di farci la mano e di trovare la giusta tecnica, siamo comunque molto, molto piu’ vicini ad una Stumpjumper – o ad una Enduro come pesi – che non alla controparte elettrica, sia essa la Levo full powered, o la mia Thok o altri attrezzi ancora piu’ pesanti (penso prevalentemente alle motorizzazioni bosch e nn solo … )

Il domandone finale e’: la comprerei ? O meglio, avendola provata prima la avrei comprata al posto della thok ?
Per poter rispondere, avrei bisogno di approfondire la conoscenza del mezzo. Di certo trovando un usato (magari di qualcuno rimasto deluso dalle basse peformance del motore) ad un buon prezzo ci farei un pensierone ….. Il nuovo resta decisamente fuori dal mio budget, magari in un’altra vita, chissa’.
Aggiungo che, se avete solo amici elettrici full powered questa bici non vi permettera’ di girare con loro.
Se girate con bici a propulsione umana e rider allenati, e’ la compagna perfetta. Idem per i solitari.
E’ anche un ottimo mezzo come unica bici per chi fa il maestro di MTB, permettendo una didattica che mantiene l’approccio della “muscolare” a livello tecnico ma offre un buon risparmio di gamba nelle risalite.

Aspetto la possibilta’ di provare anche la diretta concorrente, la Orbea Rise, sperando di riuscire ad avere l’opportunita’ x farlo.

Ringrazio Marco di MTB Formello per avermi messo a disposizione questa super bici.

Thok Mig, ci siamo!

Thok MIG , ci siamo !
“La meno ebike – o la + bici – tra le elettriche”

Stavolta non potevo sbagliare. Dopo l’esperienza non del tutto positiva con la Mondraker, ho optato per una scelta influenzata soltanto da dati concreti. Un ebike e’ un investimento, deve fare il suo dovere, e deve rispecchiare il piu’ possibile il nostro stile e il nostro range di utilizzo della bici. Ho sempre detto che non mi interessa andare forte, piuttosto mi interessa scendere da qualunque trail tecnico in sicurezza e nel pieno controllo del mezzo. Le ultime uscite fatte con il frontino hanno ulteriormente confermato che la priorita’ per me e’ quella di essere IO a guidare la bici e ad averne il pieno controllo, non la bici a portare in qualche modo giu’ a valle la sottoscritta (quel che succedeva con la Mondraker). Di tutte le ebike provate ai vari bike test di Formello, il miglior ricordo rimaneva quello della Thok.
E quindi, dopo una non semplice ricerca, eccoci qua, a bordo di una splendida Thok MIG, volutamente cercata nell’allestimento ante 2021 in modo da poter usufruire di un montaggio di base migliore e del motore Shimano 8000.

Non mi addentrero’ nelle specifiche del montaggio ma parlero’ piuttosto delle sensazioni, da subito positive che mi ha dato questa biciclettina a pile, si la chiamo biciclettina e non biciona, perche’, guardatela un po’ affianco al frontino: e’ corta, almeno con le 27.5 e’ corta, piu’ del frontino che monta le 29 e 120 di forka, a parita’ di angolo sterzo (66)

thok e frontino

La bici al momento e’ stata provata a Tivoli sui trail del TTC, nella zona di Monte Cavo e sui mitici tornantini della Torretta. La prima impressione e’ stata quella di “ritrovare” la Stumpjumper, sentendomi subito a mio agio come misure e modalita’ di lavoro delle sospensioni. In discesa si e’ dimostrata immediatamente agile e reattiva, discretamente precisa e con una buona reattivita’ ai vari input. La distribuzione dei pesi con la batteria in basso aiuta a “dimenticarsi” dei kili di troppo, e consente una rapida correzione di rotta anche nello stretto.

tornante torretta
thok mcavo 1
mcavo 2

Parlando di stretto, l’ultima uscita la ho fatta alla famosa Torretta, affrontando i 25 stretti tornantini. Davvero nessun problema (a parte i tanti escursionisti a piedi) , la sensazione era proprio quella di essere tornata sulla Stumpjumper. Sensazione che si ritrova anche nei pochi difetti, quali ad esempio l’instabilita’ nello smosso (dove la Mondraker primeggiava).

Trattandosi di ebike e’ doveroso parlare anche di salita, autonomia e pedalabilita’. Al momento e’ ancora presto per un giudizio definitivo ma la pedalata e’ sicuramente piu’ naturale rispetto al Bosch, ma la potenza erogata e’ apparentemente piu’ bassa. A parita’ di pendenza, devo usare boost piu’ spesso (il turbo sul bosch nn lo ho praticamente mai usato). Il consumo di batteria invece pare confrontabile, aggiungendo che l’eco Shimano e’ apparentemente piu’ spinto di quello Bosch e che la bici non ha trascinamento, rimanendo pedalabile anche a motore spento se la pendenza lo permette.

Ultimo ma non meno importante, a dimostrazione del fatto che rimane “la piu’ bici tra le elettriche”, non e’ impossibile effettuare un piccolo bunnyhop anche per chi come me non e’ Hulk, quindi nella globalita’ la tecnica richiede meno adeguamenti rispetto ad altre ebike piu’ spinte e “simil moto”

Per ora queste sono solo le prime buone impressioni. Speriamo di poterci fare dei bei giri e di progredire ulteriormente assieme. E poi con questa bici condividiamo le origini, chissa’ quanto sara’ contenta quando torneremo entrambe a Casa.

Emtb: urban “enduro” a Roma

Chi mi segue da un po’ dovrebbe conoscere la mia “allergia” alla citta’ in cui attualmente vivo, Roma. Sono qui dal 2013, e ci sono finita per tutta una serie di motivi, e se i primi anni, spinti dall’input di poter finalmente fare surf senza passare ore in macchina, erano stati tuttavia piacevoli, con il tempo e con il progressivo ri-emergere del legame con sia le mie origini alpine, sia con la mia passione per la mtb, ho iniziato a soffrire sempre di piu’ il vivere in questo posto, pianificando in ogni modo il ritorno verso nord. Il covid e il lockdown hanno pero’ congelato ogni possibile progetto di fuga, e quindi ora sono qua, in una situazione tuttavia migliore che altre, a cercare di trovare qualcosa di bello in quello che ho attorno.

Il lockdown, la chiusura delle palestre e lo stop agli sport di squadra, sommato all’incentivo del “bonus bici”, ha portato sui trail un numero inimmaginabile di nuovi bikers, spinti anche dal fatto che l’ebike – a patto di avere il budget per permettersela – permette anche a chi non e’ allenato di divertirsi. Questo ha causato un qualcosa che non avrei mai immaginato, un “sovraffollamento” di posti come Formello, che con il suo “bike park” a misura di elettrico attira ogni weekend (e non solo … ) numerosi appassionati. Sapete bene che non amo la folla, e che con l’aria che tira di questi tempi e’ meglio evitare luoghi ad alta frequentazione, quindi serviva un idea alternativa per il sabato, preferibilmente non fangosa viste le abbondanti pioggie del giorno precedente.

La settimana precedente avevo girato a Formello con Renato, amico surfista e ebiker , che mi aveva proposto un giro per Roma, esplorando alcuni parchi della Capitale, in particolare Monte Mario. Effettivamente avevo sentito parlare di questo fantomatico Monte Mario da parecchi biker , che riferivano esistere veri e propri trail all’interno di questo parco urbano. A dire il vero, avevo gia’ tentato un sopralluogo con la stumpjumper, che non porto’ a risultati in quanto le salite non erano cosa fattibile per me senza motore. Vediamo dunque se con l’ebike qualcosa cambia.

Incontro Renato a San Giovanni, zona dove lui risiede. Da qua inizia il nostro giro, cercando il piu’ possibile di evitare il traffico. Il primo “stop esplorativo” e’ a Villa Ada. Anche questo parco, purtroppo parecchio frequentato, offre alcuni singletrack carini, immersi nella vegetazione, in un contesto difficilmente immaginabile nel centro di una grande metropoli.

Proseguiamo percorrendo la ciclabile del lungo Tevere, fino a Ponte Milvio. Da qua finalmente arriviamo all’ingresso del parco di Monte Mario. C’e’ subito da salire su pendenze non indifferenti, per raggiungere un primo punto panoramico dove la vista spazia dal sottostante Stadio Olimpico a tutta la capitale. La giornata limpida permette una vista fino sugli Appennini e di scorgere in lontananza addirittura il Terminillo.

A seguire, un primo breve singletrack, per poi risalire ancora, per un sentiero che inizia a diventare tecnico in salita e mi obbliga a scendere un paio di volte. Invertiamo la rotta una volta giunti ad un’altro belvedere. Finalmente si scende, prima a ritroso lungo la linea di salita facendo qualche variante, che risulta molto piu’ divertente per me in discesa che non a salire.

Risaliti ancora una volta sulla prima collinetta sempre percorrendo la strada a ritroso, imbocchiamo l’ultimo singletrack che ci riportera’ sull’asfalto.

Da qua, il rientro e’ praticamente tutto lungo la ciclabile, con qualche stop e deviazione per ammirare monumenti che non han bisogno di presentazione.

Per concludere, un giro diverso per i miei standard, alla scoperta di luoghi di difficile immaginazione all’interno di una grande citta’. Monte Mario sicuramente da approfondire, peccato che si trovi in una zona molto distante da dove vivo, e che quindi mi risulti “sconveniente” rispetto ad altri posti gia’ piu’ collinari come Formello o i Castelli Romani. Resta un ottima risorsa per chi abita in zona, e nel malaugurato caso di chiusura dei confini comunali sara’ sicuramente una delle poche opzioni praticabili .

eMTB Valsusa: Lac Lavoir

Lac Lavoir Valle Sretta

Il disporre di un ebike consente un approccio diverso all’uso della bicicletta in montagna. La salita non e’ piu’ semplicemente il noioso mezzo per raggiungere la discesa, ma diventa anch’essa una sfida tecnica e fa parte del gioco. Ma non solo, le grandi doti arrampicatrici di questa Mondraker permettono di avventurarsi su percorsi normalmente preclusi alle bici, a meno di non essere amanti dello spingismo piu’ o meno fine a se stesso. Entrando in quest’ottica e’ possibile, anche senza impegnare un intera giornata, raggiungere posti spettacolari in quota pedalando su trail genericamente usufruibili soltanto a piedi. E’ il caso ad esempio del Lac Lavoir, bellissimo laghetto a quota 2300 circa raggiungibile dal fondovalle della Valle stretta (piano delle fonderie).
Arrivare al fondovalle con l’elettrica e’ poco piu’ che una passeggiatina. In mezz’ora si arriva da Pian del Colle al rifugio 3o alpini (tutto in eco) e con altri 15 minuti fino al piano della Fonderia (un breve tratto in tour, non per la pendenza ma per il brecciolato). Da qua inizia la salita vera.

Impostiamo l’assistenza su emtb, la modalita’ presente sui motori bosch che permette l’adeguamento del lavoro del motore in base alla pedalata, e ci apprestiamo a salire per una sterrata a tratti mediamente scassata fino alla Maison des Chamois, ultimo presidio umano inerpicato sulla partete nord del fondovalle. Lasciate le costruzioni, la strada si stringe diventando sentiero, e attacca subito una bella rampa fortunatamente dal buon fondo, che spiana nei pressi di un punto panoramico ben segnato da una croce.

Da qua si entra in un ampia conca, e le conifere gia’ ormai rade lasciano posto ad ampie praterie. Si prosegue seguendo il torrente e alternando tratti pianeggianti a qualche rampa, mai lunga ma dal fondo sempre breccioloso: in due occasioni sono stata costretta al potentissimo walk mode, anche per la presenza di molti escurisonisti a piedi. Conviene guardarsi in giro e cercare linee alternative, magari sull’ereba quando possibile piuttosto che seguire palesemente il trail, se ne guadagna in pedalabilita’. E infatti, a pochi metri dal lago notando che il sentiero diventa sempre piu’ scassato anche se non ripido, decido di arrampicarmi su una collinetta in mezzo ai prati, per poi ritrovarmi a cospetto del lago, poco piu’ in alto.

Sempre in freeride scendo fino in riva allo specchio d’acqua … qualche minuto di pausa per le foto di rito e per ammirare il paesaggio, e poi si inverte la rotta.

lavoir 1

lavoir 2
me lavoir

Il primo pezzo di discesa segue, eccezion fatta per qualche variante freeride, la linea di salita. Poi da poco sopra la maison du Chamois, prendo una variante piu’ stretta e tecnica, dove le skill di schiacciasassi del bicione vengono ben evidenziate. Occorre prestare molta attenzione ai pedoni, ricordiamoci che hanno la precedenza e di comportarci in modo corretto. Riprendiamo ancora per qualche metro lo stradotto largo, per poi pero’ lasciarlo in favore di un trail molto naturale gia’ sperimentato lo scorso anno con la specy.
Ritornati al piano delle Fonderie, la discesa e’ la classica flow della Valle Stretta, forse un pelo piu’ sporca che in passato ma ancor piu’ apprezzabile con il bicione schiacciasassi.

Dopo 19.5 km (di cui 9.5 di discesa) e quasi 800 d+ ritroviamo il qubo, con grande soddisfazione per il comportamento del mezzo motorizzato.

Per concludere: l’ebike apre nuovi confini, nuove prospettive e offre una liberta’ di azione che con un mezzo privo di motore e’ impensabile. Porta con se un grande spirito freeride, e incentiva la voglia di esplorare e vivere la montagna in liberta’. Ma a tutto questo c’e’ un ma. I bikers, e sopratutto gli elettrici, sono un po’ gli ultimi arrivati sui trail a “bollino cai”. Ieri ero da sola, ma un gruppo anche solo di 5/6 elettrici avrebbe avuto non facile convivenza con i pedoni. Sarebbe opportuno, in mancanza di una regolamentazione specifica, cercare giri sempre ad anello, evitare i doppi sensi su sentieri stretti e prediligere, perlomeno in salita, linee non frequentate da pedoni, e moderare la velocita’ in discesa. Solo comportandoci in maniera corretta potremo evitare la comparsa di divieti nei nostri confronti.

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