De Briefing #ANNOZERO ValSusa

Fase 2 …
Alta Val di Susa, da sempre la mia seconda casa.

kiaz valle rho

Altro capitolo della Sfida con il Destino.

Partenza in salita , incontro/scontro con un mercato molto diverso da quello Ligure e un target molto diverso dalle mie esperienze regresse in centro italia.
In un precedente articolo avevo definito la ValSusa la Valle che resiste dove l’enduro non esiste.
E ancora una volta questa affermazione viene confermata.
O perlomeno, non esiste l’enduro sportivo, quello dei segmenti su strava e delle performance a tutti costi.
Del resto, escludendo Sauze, location che io adoro ma che per il park rider moderno sa di obsolescenza (non) programmata non c’e’ molto di definibile tale in zona nel senso moderno del termine.
Ne consegue che il biker sportivo, o aspirante tale, difficilmente trovi in questo posto quello che si vede in location che han puntato realmente sul bike business.
Quindi oltre all’enduro non esiste nemmeno il bike business ?
Ni.
Non sono un atleta, non ho le competenze per lavorare con atleti, e il mio discorso e’ piu’ che altro legato al tipo di pubblico che puo’ essere attratto dalla Valle: qui e’ “la valle” a proporsi, la bici e’ solo un mezzo.
Sono le montagne, i paesaggi, le location raggiungibili in sella ad un ebike che permettono il funzionamento della cosa.
Tranne rare eccezioni con nomi grossi e camp per ragazzini , oltre che all’Enduro, non esiste la didattica.
Non esiste la “cultura” del gesto tecnico nella mtb. Questa non vuole essere una critica ad un determinato tipo di clientela, ma un minimo di consapevolezza in piu’ (e di rispetto) per il mezzo che avete scelto sarebbe dovuta.
Io nel mio piccolo ho sempre cercato di dare qualche nozione tecnia ai principianti, per permettere loro una guida piu’ sicura.
Ho cercato giri che unissero i nostri fantastici paesaggi a percorsi in discesa piacevoli da guidare, nella speranza di far scattare quella scintilla del piacere di guida della mtb, senza necessariamente dover diventare atleti o pro, che poi ti lega irrimediabilmente a questo sport.
Ci sono riuscita ? In parte si. Ma c’e’ ancora tanto da fare, e sicuramente l’anno prossimo saro’ + preparata e la mia offerta cerchera’ di rispecchiare meglio il mercato.
Manca come gia’ detto un offerta ricettiva bike friendly che offra un buon rapporto qualita’ prezzo.
Sarebbe il primo punto di partenza per uscire dal loop dei weekend warriors, dei proprietari di seconda casa, degli stagionali ecc.

kiaz assietta

Posso comunque reputarmi soddisfatta di come e’ iniziata questa esperienza, e spero che con me lo siano anche coloro che ho avuto il piacere di accompagnare. Adesso e’ ora di tornare in Liguria, nuovo reset e nuovi programmi.

EMTB: Traversata Colle della Rho – Colle di Valle stretta

eMTB Valsusa: dal Colle della Rho al Colle di Valle Stretta.

Ci sono dei giri “epici“, quasi irraggiungibili per il comune mortale. Questo e’ uno di quelli, uno di quei giri che avresti sempre voluto fare, ma che non avresti mai portato a termine con la giusta lucidita’ senza un ebike, rischiando di trasformare un attivita’ piacevole in una lotta alla sopravvivenza. Gia’ negli anni passati mi era balenata l’idea di affittare un ebike e azzardarlo, ma per svariati motivi (in primis quello di non trovare compagni di avventura) avevo rinunciato. Ora l’elettrica ce l’abbiamo, e il giro epico del colle della Rho era all’inizio della to-do-list estiva valsusina. Restava comunque da trovare un socio/a disposto a condividere questa lunga traversata e a mettere alla prova le doti arrampicatrici dell’ebike e l’autonomia della batteria.
Grazie a Facebook riesco a intercettare Daniele (MTB Explorer360), guida mtb e emtb local delle Rive Rosse ma che opera un po’ in tutto il NordOvest, curioso anche lui di verificare la fattibilta’ del giro con un elettrica.

Ci troviamo quindi alle 9.30 a Bardonecchia, e iniziamo la lenta salita verso il Colle della Rho. Si procede in eco fino a GrangeRho, poi le pendenze aumentano, e devo portare il mio Bosch in modalita’ Tour. Il fondo e’ mediamente buono, e senza fatica prendiamo quota, attraversando ampie praterie, fino a raggiungere la famosa galleria del colle della Rho. Il particolare passaggio e’ stato restaurato di recente, e il suo attraversamento regala un ulteriore tocco di originalita’ al giro.

Lasciato il tunnel ci troviamo nei pressi della Caserma Pian dei Morti, da qua il paesaggio diventa sempre piu’ maestoso, e con qualche sforzo in piu’ arriviamo al Colle della Rho, punto piu’ alto del giro (2540 slm) e confine tra Italia e Francia. Abbiamo tirato su gia’ 1200 d+ abbondanti, e la mia bici ha consumato due tacche di batteria.

Iniziamo quindi la prima discesa del giro, sul versante Francese. La giornata limpida e’ perfetta, e permette di godere di un ampia vista fino ai ghiacciai della Vanoise. Ma bisogna restare concentrati, in quanto il primo pezzo della discesa e’ abbastanza tecnico e prevede un fondo ampiamente breccioloso e smosso, qualche tornante stretto e passaggi su roccia mix tra fisso e smosso, per poi diventare piu’ flow nell’ultima sezione. Non mancano le sorprese, quali un nevaio ad interrompere la traccia, facilmente aggirabile.

(video)

Proseguiamo poi tenendoci a sinistra, e percorrendo uno spettacolare e panoramico flow trail a mezzacosta che attraversa siepi di rododendri (la stagione ahime’ non e’ quella giusta) dal fondo perfetto, quasi a sembrare una linea di bikepark, fino a raggiungere un avvallamento dal quale la pendenza si inverte, portandoci ad affrontare poi il pezzo piu’ arduo della giornata ovvero la salita al colle della Replanette.


La salita alla Replanette e’, teoricamente, pedalabile con ebike. Dico teoricamente perche’ le pendenze non sono fuori portata, ma il fondo e’ bruttissimo, pieno di ciotoloni, a tratti scavato, e ci costringe ben presto ad utilizzare la modalita’ walk. A tal proposito mi permetto di consigliare questo giro solo con ebike che abbiano un buon walk mode, altrimenti questa sezione rischia di diventare veramente complessa da oltrepassare.
Con molta fatica scolliniamo nuovamente: non e’ facile trovare le parole per descrivere l’immensita’ delle vette che ci circondano. Intravediamo il refuge du Thabor e il colle di Valle Stretta, nostro prossimo target prima di affrontare l’ultima discesa verso il versante Italiano. Un’altro traverso, in leggera salita sempre pedalabile ci porta al Colle: siamo circondati da cime dall’aspetto dolomitico, e vediamo gia’ il flow trail che ci aspetta in discesa attraversare ampie praterie dove le mucche al pascolo sono di casa.

Si scende, divincolandosi un po’ tra mucche e qualche pedone (siamo vicini alla frequentatissima Valle Stretta e il numero di escursionisti e’ consistente, prestare attenzione) , con prima parte molto flow naturale intervallata da passaggi su roccia fissa, poi una sezione in cui siamo costretti a scendere in quanto decisamente erosa e non ciclabile, poi , passato un torrentello, ci aspetta una zona con frequenti passaggi su roccia quasi in piano, tecnica e mentalmente impegnativa, ma ottima per sfruttare appieno le potenzialita’ del mezzo elettrico. Purtroppo ci aspetta ancora un tratto che ci obbliga a smontare dal mezzo, che attacca con un rockgarden su pietra fissa ancora quasi fattibile, poi traccia inesistente e sfasciumi di ogni genere rendono impossibile il passaggio almeno per un rider di medio livello. Ancora qualche curva, e siamo al Piano della Fonderia, al fondo della Valle Stretta.

(video)

I giochi non sono ancora chiusi pero’, e ci aspetta l’ultimo classico flow trail che discende la valle. Molto interessante la seconda parte, che non avevo mai fatto , ma che con ebike diventa davvero divertente , offrendo una sezione guidata nel bosco niente male, una gradita sorpresa a fine giro.

Con un elasped time di 6.50 h , e quasi 1600 d+ affrontati concludiamo questa splendida grande impresa elettrica.

Concludendo: un giro spaziale, con lunghe discese e/o tratti pedalabili e piacevoli sempre sopra i 2000 mt slm, eccezion fatta per l’ultima discesa di Valle Stretta tutti i sentieri sono in alta quota, girando in un contesto grandioso di alta montagna, tra sfasciumi, praterie e guglie imponenti. Anche con ebike necessita di un discreto allenamento, le salite sono sempre impegnative e chiedono lavoro al motore. Una cosa e’ certa, senza il mezzo motorizzato il giro sarebbe stato fuori portata e poco godibile. Ovvio che chi ha buona gamba e non ha problemi a spingere e/o a portarsi a spalle la bici puo’ effettuare il giro anche con una bici tradizionale muscolare.

Relive

Traccia gps gpx (da usarsi sotto la propria responsabilita’ itinerario in alta quota con copertura cellulare limitata)

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Ringrazio Daniele x aver condiviso con me questo super giro e per le foto .

Cima Bosco Splitboard

Cima bosco in Splitboard

L’ultimo giorno in Valsusa si chiude con una classicissima: Cima Bosco, gia’ esplorata in bici in versione estiva.
Per chi non la conoscesse, Cima Bosco e’ un must. Forse fin “troppo” un must, spesso presa d’assalto da una notevole varieta’ di amanti della montagna invernale, in quanto facile, senza particolari pericoli e molto panoramica. Sapevo che era una gita a “rischio”, sia per l’affollamento (si fa per dire, nulla di paragonabile alle problematiche del surf) con conseguenti problemi di parcheggio, che per la condizione della neve. Che sarebbe stata TANTO tracciata era gia’ messo in conto. Malgrado tutto volevo tornare a fare una super classica, la gita che forse ha fatto nascere la “dimenticata” (non mi va di darla per morta) VBA (Valsusa Backcountry Alliance), e l’unica di quest’anno assolutamente fuori dalle zone dei resort.
Stavolta non siamo su piste in abbandono ma su un terreno sul quale impianti non ce ne sono mai stati.
Partiamo da Thures, paesino costruito proprio sulle pendici di Cima Bosco. E’ abbastanza presto e fortunatamente trovo posto per la macchina in maniera piuttosto agevole.
Fa freddo, il paese e’ ancora in ombra, la strada e’ gelata e la neve pure: quest’ultima ha un aspetto crostoso che non promette bene.
Sono indecisa, ma ormai sono qua, ho parcheggiato bene, e non posso che sperare nel rialzo termico e in una trasformazione in firn con l’alzarsi della temperatura.

thures start

La prima parte della salita attacca subito cattiva con un bel muro che mette alla prova la mia tecnica ancora rudimentale. La split non ama le diagonali, va tenuta il piu’ piatto possibile in modo che le pelli facciano ben contatto con il terreno impedendo lo scivolamento. La traccia e’ battutissima, e in qualche punto (fortunatamente pochi) tocca prestare attenzione alle “buche” lasciate dai ciaspolatori per non trovarsi inaspettatamente senza aderenza. All’altezza delle grange “Croce Chalvet” il tracciato spiana e diventa piu’ agevole, seguendo indicativamente il sentiero estivo che ho percorso in bici in discesa. Si procede prevalentemente nel bosco su traccia ben battuta … ma purtroppo “ben battuto” e’ anche tutto il circondario. La neve e’ sempre dura, ma il sole inizia a far sentire la sua presenza e mi lascia sperare che, tempo di arrivare in cima e la situazione sara’ in qualche modo gestibile. Durante l’ascesa si alternano parti di bosco piu’ fitto con qualche radura, che lascia intravedere, sopratutto da oltre i 2000 slm, qualche sprazzo di spazio per tirare ancora due curve su neve decente sul versante alla mia destra (in direzione di salita)… spazi che diventano sempre piu’ ampi e interessanti all’aumentare della quota, aumentando anche la motivazione nel raggiungere la vetta.
up grange

E cosi’, dopo 2h15 circa di cammino su 700 d+, raggiungo la caratteristica cima, presidiata da una cappelletta dentro la quale si puo’ trovare riparo.

(foto)

mt. furgon

cappella cima bosco
cimabosco top 1 cimabosco top2

Fa freddo e c’e’ parecchio vento. Giusto il tempo di riunire la split e ripartiamo. Si scende, come previsto, tutto a sinistra seguendo le zone meno tracciate.

start

(video discesa helmet cam)

 

grange2 traccia

E, gradita sorpresa, la neve e’ buona per gran parte della discesa, giusto qualche breve parentesi crostosa, ma per il resto prevalentemente farinosa e ottima.
Giusto gli ultimi metri han lasciato spazio a neve trasformata un po’ pesante, ma che comunque non ha creato alcuna difficolta’ alla split.
In breve purtoppo un ultimo traverso ci riporta a monte dell’abitato di Thures, dove tocca levare la split e raggiungere la macchina con qualche centinaio di metri a piedi.

end thures

Concludiamo dunque la permanennza in Valle con una Classica che non ha deluso, anzi ha stupito regalando una neve che, considerate le temperature dei giorni precedenti e l’assenza di precipitazioni, meglio non poteva essere nel range di quota di riferimento.

Lascio la Valle con dei bellissimi ricordi, soddisfatta piu’ che mai di questi giorni e dell’aver acquistato una splitboard. Il senso di liberta’ che da questo mezzo, una volta raggiunta la meta prestabilita e ricongiunte le mezze tavole, non ha paragoni. Ogni escursione ha un suo perche’ … ogni discesa viene firmata …. finche’ la traccia non verra’ cancellata da una nuova nevicata (si spera).
E da li si ricomincia, sperando di tornare presto a surfare le mie lineup innevate.

VBA Lives! – Splitboarding Costa Piana

VBA lives (Splitboarding Colle di Costa Piana)

C’era una volta nel lontanissimo primo decennio degli anni 2000 un blog chiamato endlesswinter.
C’era una volta, associato a questo blog, un piccolo forum in cui avevo riunito un piccolo gruppo di appassionati di snowboard freeride & backcountry (tutto quel che non e’ piste e resort).
Ai tempi la splitboard non esisteva, o meglio, cominciavano a vedersi i primi embrioni, ancora macchinosi e dalle dubbie performance.
L’unico strumento per emulare i bipedi (gli sci-alpinisti…) erano le ciaspole e la tavola a spalle attaccata allo zaino (la “croce”…)

Il web 1.0, quello vero, genuino, non pilotato dagli algoritmi aveva permesso tutto questo.

Poi sono successe cose che mi han portato via dalla Valle e dalla neve per un po’. Non mi dilungo ma diciamo che “avevo un problema piu’ importante da risolvere”.

Ora, seppur ancora lontana, ho almeno una situazione lavorativa che mi permette di tornare qua piu’ spesso. E quest’anno, complice l’innevamento favorevole, siamo riusciti a rimettere assieme parte di quel che era la Valsusa Backcountry Alliance. E quindi eccoci qua: la sottoscritta, in compagnia di Dona, Luca, e il loro amico a 4 zampe Snou pronti a partire alla ricerca di qualche linea su cui lasciare il segno. Destinazione Genevris, o meglio Colle di Costa Piana.

Partiamo dall’istituto zootecnico, come gia’ sperimentato in solitaria qualche giorno prima. Gia’ dal primo incrocio con le piste in disuso si nota che la situazione purtroppo nei giorni e’ peggiorata, e che il numero di tracce presenti e’ almeno quadruplicato. Negli anni anche gli amanti del backcountry sono aumentati di numero, complice il “caro skipass”, la semplicita’ nel trovare informazioni sul web e la possibilita’ di seguire tracce gps con qualunque smartphone. Ce ne dobbiamo fare una ragione, comunque la qualita’ della neve pare buona, e proseguiamo, stavolta seguendo le ormai battutissime vecchie piste del Genevris.

uphill snou

 

All’altezza dello sgabbiotto dello skilift di Costa Piana, il bosco si dirada e iniziamo ad avere un quadro della situazione. E’ tutto estremamente ravanato, ma verso il colle di Costa Piana sembra piu’ pulito. La neve e’ stabile e c’e’ una buona traccia che segue appunto la linea dell’impianto in disuso. Optiamo per seguirla, e iniziamo gia’ a immaginare quali saranno le nostre linee in discesa, perlomeno sulla parte alta.

Tiriamo su ancora qualche metro, fino ad arrivare poco sopra il colle di CostaPiana, all’attacco del sentiero di cresta che conduce in cima al Genevris. Inutile andare oltre, in quanto piu’ saliamo e piu’ la crosta ventata ha la meglio sulla powder, quindi dopo 530 d+ cambiamo setup e iniziamo la discesa.

bunker kiaz and dona bunker dog kiaz way 2 costapiana

Come previsto, la linea scelta non delude. Ognuno trova ancora un po’ di spazio per lasciare la propria firma.

Nella parte bassa purtoppo gli spazi si riducono, probabilmente all’attraversamento dello skilift avrei dovuto optare per un lungo taglio alla ricerca di una linea piu’ pulita verso destra..

Ma va bene uguale … Considerato che ormai sono passati almeno 15 giorni dall’ultima nevicata non ci lamentiamo.

(video)

E la cosa piu’ imporante e’ che ci siamo ancora, e che dopo piu’ di 10 anni abbiamo ancora piu’ voglia di surfare le nostre montagne.

La nostra line-up e’ qui.
C’e’ un po’ da faticare per raggiungerla, e magari non sempre sara’ perfetta, ma e’ sempre un grande piacere lasciare il segno con le nostre tavole.

VBA lives !
Speriamo di ripetere presto. Surfare le montagne di casa con gli amici non ha prezzo.

A presto ragazzi !

Back Splitboard In Valsusa e Sicurezza sulla neve

Splitboard sul Genevris e sicurezza in montagna.

Le vacanze di Natale mi riportano come consuetudine nella “mia” Valsusa. Quest’anno le nevicate non si sono fatte attendere, e dopo un incipit in pista per riprendere confidenza con il mezzo, ho subito rispolverato la splitboard avventurandomi in una breve classica escursione in zona Sestriere. Le emozioni che regala la montagna d’inverno sono sempre uniche, ma dato che la prudenza non e’ mai troppa ho deciso di approfondire l’argomento sicurezza, partecipandono all’evento formativo organizzato da WhiteRideVialattea, associazione di guide e maestri specializzati in freeride della zona.

Abbiamo affrontato argomenti quali la stratificazione del manto nevoso, i fattori di rischio, la prova di compressione e per finisre ci siamo cimentati con l’ARVA nella simulazione del recupero di una vittima da valanga.

camp arva 1

camp arva 2

Non staro’ a cercare di riassumere la lezione in quanto non e’ cosa di mia competenza, piuttosto consiglio a chiunque pratichi qualunque forma di fuoripista di informarsi in merito, preferibilmente tramite una guida locale delle zone che frequenta.

Gia’, perche’ e’ proprio su questo concetto, quello del “local” su cui credo sia opportuno riflettere. La montagna non scherza, e’ un ambiete molto vasto e variegato. E, sopratutto, non e’ tutta uguale, non e’ tutta uguale la neve, le temperature, il tipo di perturbazioni che scaricano.
Ogni terreno e’ diverso, ha delle problematiche e peculiarita’ che non sono assolute. Per dire l’Appennino centrale e’ molto diverso dalle Alpi Occidentali in cui mi trovo ora e in cui sono cresciuta.

Fermo restando che l’incidente puo’ capitare ovunque e anche la piu’ esperta delle guide corre questo rischio, se ci muoviamo in un ambiete che conosciamo abbiamo molte probabilita’ in piu’ di divertirci e di sfruttare al meglio quello che la montagna ci offre. E su questo non c’e’ GPS o altro strumento che tenga …. Non e’ come andare in bici, dove, bene o male ormai con le giuste informazioni, un gps e siti quali trailforks basta un po’ di dimestichezza con questi strumenti e si conclude un giro. Sulla neve i punti di riferimento sono diversi, qua in Valsusa fortunatamente si ha la fortuna di disporre di itinerari piuttosto semplici sui quali si riesce a “navigare a vista” avendo traccia di salita e discesa spesso quasi coincidenti.
Ovviamente conoscere la montagna aiuta, il sapere esattamente dove porta un determinato versante, essere al corrente del tipo di terreno che abbiamo sotto e dell’eventuale presenza di fossi e torrentini e’ cosa importante.

Ed e’ proprio quasi “navigando a vista” che ieri mi sono cimentata in un giro per me nuovo, quello del Genevris. Siamo sempre in una zona di piste in disuso, quindi tendenzialmente sicura quasi sempre. Le zone “abbandonate” dei resort, o interi resort abbanodnati sono una grande risorsa per chi ama avventurarsi nel backcountry senza rischi eccessivi sia a livello di orientamento che di sorprese date dalle condizioni della neve. Si parte dalla ben nota strada dell’Assietta, dall’Istituto Zootecnico, poco sopra Sauze. La strada e’ ben battuta e conviene camminare a piedi tenendo la split sottobraccio per circa 1km, fino all’ex “bar Genevris”, in corrispondenza del quale partiva uno skilift (ora smantellato) che saliva fino alle pendici del suddetto monte. La linea delle piste un tempo servite da tale impianto saranno poi oggetto della discesa …. ma intanto tocca salire, lasciando la comoda strada e iniziando a inerpicarci per boschi radi, tenendo come riferimento i pali della linea elettrica che puntano a monte. Il bosco si dirada lungo la salita, lasciando spazio ad ampie radure, che lasciano ben sperare per la discesa.

Proseguo su un evidente ex pista seguendo tracce di altri skialper e motoslitte, fino alla partenza di uno skilift apparentemente in disuso ma presente sulle mappe che punta verso il colle di Costa Piana. Salgo ancora dritto, la pendenza si inasprisce, fino all’altezza di un bunker. Siamo ormai alle pendici del monte Genevris, all’incirca nella zona in cui doveva terminare l’antico skilift.
Decido di fermarmi qua, dopo circa 500 d+, in quanto la mia tecnica di salita e’ ancora approssimativa per affrontare la cresta.

io bunker genevris cresta

Invertita la split inizia la discesa. Le prime curve non sono troppo semplici, in quanto la neve e’ stranamenente lenta e richiede di scegliere le linee piu’ ripide per prendere velocita’. Fortunatamente poco piu’ in basso la musica cambia, e si inizia a surfare splendida farina che nel bosco diventa praticamente perfetta. La pista abbandonata confluisce in un altra pista, sempre non battuta ma piu’ frequentata, quindi per riportarci verso la strada dell’Assietta serve un ulteriore taglio che ci porta su un ultimo spettacolare muretto dalla neve perfetta, su cui tirare le ultime curve prima di ritrovare l’ex bar Genevris e quindi la via del rientro verso l’istituto zootecnico.

(video)

Un bel giretto, che con il mio pessimo allenamento chiudo in 2 ore e mezza soste incluse, temperatura forse fin troppo piacevole e neve molto buona per l’80% della discesa, salita ben fattibile anche per chi come me e’ alle prime armi. E’ bello poter disporre di un simile “playground“, con montagne facili, neve ottima e paesaggi fiabeschi, per andare a spasso spensierati anche sulla neve, senza l’ansia del GPS e del doversi trovare a montare i rampant.

Ribandisco comunque il concetto che la sicurezza e’ sempre da mettere davanti a tutto, e il conoscere il proprio territorio in primis. Solo nel mio playground so dove posso avventurarmi tranquillamente senza fretta anche per una gita pomeridiana in solitaria come quella di ieri … altrove ogni certezza svanisce (vedi splitboard in Appennino) e credo che, almeno per il mio background, sia meglio che certi “giocattoli” restino relegati alle montagne che mi han visto crescere.

Alla prossima gita, e mi raccomando arva, pala sonda e impariamo ad utilizzarli , ma in primis, vediamo di stare a casa se il meteo e’ palesemente rischioso.

Infernet 2019 bagnato

Infernet (+ Janus) Bagnato, Infernet Fortunato !!!

Ogni location dove le mie ruote lasciano un segno ha un suo trail “must”, uno di quelli che “se passi di qua devi farlo“.
Per quanto riguarda l’estremita’ piu’ a nord ovest del nostro Paese, il “must” e’ il SingleTrack de l’Infernet , gia’ in territorio francese, tra Monginevro e Briancon. Ne abbiamo gia’ abbondantemente parlato, ma vale sempre la pena tornarci, sopratutto in compagnia.
In realta’ e’ comunque un giro che almeno 1 volta l’anno va fatto. La discesa e i suoi eterni tornantini vale la salita, che puo’ anche essere dimezzata con recupero auto, e ridotta ulteriormente  utilizzando la seggiovia.

Ci sono 2 modi pedalati per salire all’Infernet, quello lungo passando dai forti e dalla cementata militare (giro del 2017) oppure da La Vachette attraverso le forestali. Il primo sviluppa 1200, il secondo poco piu’ di 1000. Il primo e’ mediamente sempre faticoso e non molla, il secondo, una volta raggiunto Monginevro diventa molto pedalabile. Ed e’ con questo secondo metodo che comunque qualche giorno fa me lo sono pedalata, godendomi una discesa piu’ sporca e scavata rispetto allo scorso anno con Angela, ma comunque sempre super divertente e “remunerativa”.

Coincidenza vuole che stavolta le mie ruote si incrociano con quelle di Michela e Sergio, istruttori della ASD RomaMtb in vacanza nel Brianconnais in questi giorni. E dunque disponendo di due veicoli organizziamo il recupero, e perche’ no, meccanizziamo pure altri 300 metri con la seggiovia del Chalmettes, e dai 2097 della base alta degli impianti saliremo ai 2400 del Col du Gondrand prima, e ci allungheremo anche fino al forte Janus per godere di una splendida vista a 360 su tutte le vallate circostanti. Io ci arrivo a spingismo ma poco importa. Valeva la pena lo sforzo.

janus 1 janus 2 janus 3 janus 4

E ora si scende. Io rientro per la via di salita, i due soci si avventurano per un taglio in cresta indicato come trail running. Ricomposto il gruppo e lasciato il mezzacosta sassoso sul versante di Cervieres, attacchiamo con il single de l’infernet. Umido, molto umido piu’ dell’altro giorno. Radici e pietre viscide ci mettono alla prova, ma eccezion fatta per alcuni punti dove addirittura l’acqua creava rigagnoli nelle canale, il sentiero e’ rimasto piu’ che fattibile, offrendo un terreno “sfidante”  per aumentare il proprio confidence level.

corners infernet

(video 2019)

Come sempre grande soddisfazione una volta portato a conclusione, una ottima palestra per imparare a curvare nello stretto, senza mai trovarsi in situazioni rischiose o esposte.
Insomma se vi piacciono i tornantini, o se questi sono il vostro punto debole l’Infernet e’ il posto dove fare pratica e imparare a farci i conti. Tutti i tornanti si chiudono tranquillamente in sella senza necessariamente padroneggiare il nosepress … dunque davvero un bel divertimento per gli amanti del genere…. astenersi amanti del flow veloce, dello spondato e del “man made” in generale ….

Un ultima nota riguarda il livello di difficolta’ del trail: il libro Western Trail lo identifica S3. Le paline VTT FFC lo identificano nero. Anche se quest’anno (2019) e’ palesemente piu’ scassato dello scorso (2018) e’ ben lontano sia dalla definizione “black diamond” di Trailforks che all’S3 della scala Singletrack tedesca. Io direi un S2 con qualche punto S3, con i colori direi rosso pieno per la classificazione francese e blu ad orientamento AM per la scala di Trailforks.
Il mio consiglio e’, se avete un buon controllo della bici nello stretto e una guida mediamente precisa non fatevi spaventare dal “colore” o dalle definizioni e provatelo. Potreste appassionarvi ai tornantini 😉

Si Ringraziano Sergio e Michela di RomaMTB per la compagnia e la logistica del recupero 😉

Per la traccia GPX potete fare riferimento a quella presente nell’articolo dello scorso anno.

MTB: Cotolivier, Pourachet e i Tornantini

Cotolivier – Pourachet – I tornantini

Dei tanti giri fattibili in alta Valsusa c’e’ n’e’ uno che mi sta particolarmente a cuore. Sara’ perche’ non molto conosciuto e battuto, sara’ perche’ scoprirlo 2 anni fa e’ stato un piacere, sara’ perche’ unisce interessanti singletrack ad un paesaggio da sogno.
Stiamo parlando dell’anello Vazon-Cotolivier-Pourachet-Millaures, con discesa sui 12 tornantini.

Un’ottima palestra per chi non ha mai avuto esperienza con questo tipo di “ostacolo” molto comune nei sentieri di montagna. E infatti e’ stata un’uscita che ha anche avuto un interessante riscontro didattico per Laura, al primo “incontro” con le curve strette non spondate.

Per Laura e Alessio e’ stata l’uscita conclusiva di un’intera settimana alla scoperta della Valsusa con me. Giro super adatto all’occasione, unendo alla perfezione componente panoramica e tecnica, senza eccedere nei km e nel dislivello.

Partiamo dunque da Vazon, dove una bella cartina ci mostra il nostro itinerario, e permette una breve spiegazione del tracciato che affronteremo (vedi video successivo).
Saliamo dunque al Cotolivier, doverosa pausa alla Cappelletta, e si inizia con il primo singletrack in cresta, super panoramico con vista sull’onnipresente Chaberton e il massiccio della Grand Hoche.

cotolivier

pourachet 1

Dopo questo “aperitivo” abbiamo perso circa 100 d+ e tocca pedalare, ci aspetta un mezzacosta con qualche rampa impegnativa, che si lascia comunque ben “digerire” grazie all’imponente spettacolo delle vette circostanti, sempre piu’ vicine. Si arriva quindi alla conca dalla quale il sentiero principale si dirama in 3 tracce, una verso la croce di San Giuseppe, una (purtoppo impraticabile per frana) verso il lago Desertes e la strada dello Chaberton, e la nostra, che scende attaccando con 12 tornantini alle grange Millaures.

top to millaures

12 tornantini, piu’ o meno stretti, ottimi come primo approccio con questo elemento. Il divertimento c’e’ per tutti, e il panorama continua a mantenere i suoi elevatissimi standard, obbligandoci a stare attenti e non farci distrare troppo dall’imponenza di queste montagne.

(video)

La parte a tornanti termina in un’area adibita a pascolo nei pressi di una costruzione abbandonata. Da qua il sentiero diventa un mezzacosta classico, che alterna aree di bosco con altre piu’ aperte, presentando un unico passaggio tecnico con un corto rockgarden su terreno smosso e friabile. Si giunge poi alle grange Millaures, da cui si prosegue con un altro sentierino pianeggiante fino al bivio per la frazione Lozet. Qua tocchera’ un po’ di sano spingismo, fino alla strada in discesa che percorreremo fino a ritrovare la sterrata del cotolivier utilizzata in salita. Ultimi due tagli e siamo dinuovo a Vazon

Questo giro da sempre una qualche soddisfazione ed e’ forse quello di durata medio-breve che ripeto piu’ volentieri. Anche questo e’ recensito sul libro Western Trails –

– ove viene consigliato da Desertes. Volendo allungare il giro pero’, come consiglio ad elettrici e a riders piu’ performanti, il mio suggerimento e’ di partire da Oulx e, una volta rientrati da lozet alla strada del cotolivier scegliere tra due opzioni :
1) Da vazon proseguire per Soubras, poi PierreMenaud e da qua il singletrack verso Amazas, rientro su oulx poi su statale
2) Dal tornante sopra Vazon, mezzacosta per Chateaux Beaulard. Da qua discesa verso la pista di fondo tramite sentiero D2 e rientro a Oulx per la suddetta pista.

Traccia gpx

MTB: Forte Foen

E’ la Prima giornata in ValSusa con tempo finalmente stabile che mi permette di fare qualcosa in piu’ della limitativa “ora d’aria”. Su ispirazione dal libro “Western Trails” e dalle rimembranze della mia “vita precedente” decido di fare un giro che, non so bene per quale motivo, avevo la tendenza a snobbare. Parliamo del Forte Foen e del rispettivo singletrack che scende, alternativamente verso Suppas o verso Rochas. Stavolta opteremo per il secondo, limitando il giro a circa 550 d+ su 10 km … sottolineo che il giro e’ allngabile a piacimento fino ad un massimo di 15 km e 850 d+ partendo da Millaures o da Gleise. Personalmente ho preferito fare solo la parte alta in quanto non ho un buon ricordo del mezzacosta saliscendi che collega Suppas a Millaures.

Partenza quindi da poco sopra le grange Rochas, lungo la strada che da Bardonecchia conduce a Frejusia. Da qua si pedala una tratta su asfalto, fin poco sotto i Bacini, per poi lasciarlo in favore di uno sterrato, che sale abbastanza deciso a tornanti lungo le pendici dello Jafferau, sempre pedalabile malgrado la pendenza grazie all’ottimo fondo. Dopo circa 4 km le pendenze si fanno piu’ tranquille, e con un ultimo traverso mezzacosta di un paio di km molto pedalabile raggiungiamo il forte Foen (km 6), le cui mura diventano divertenti rampe 😉 .

ttt

vall

Da qua inizia il singletrack di discesa. Mediamente flow, con alcuni tornanti scavati e altri in contropendenza, ma sempre fattibile, qualche radice e pietra fissa rendono il tracciato un po’ piu’ vario senza mai diventare complesso. Ottimo trail per chi inizia a girare sul “non costruito“, mai pericoloso e mai ripido. Nel complesso divertente , 4km di discesa da fare tutto d’un fiato, nel classico contesto dell’Alta ValSusa.

video

traccia

ispirato da :

MTB: Lago Nero – Gr. Dalma

Lago Nero – Gr.Dalma “natural enduro”

La zona della conca del Lago Nero e dintorni continua a dimostrarsi una delle piu’ interessanti dell’Alta ValSusa per la pratica dell’enduro su sentieri naturali. Il trail che sto per descrivere e’ abbinabile a quanto visto qualche giorno fa nei dintorni del Colle Bercia, creando in questo modo un giro piu’ lungo da 900 d+ circa ( https://www.gpsies.com/map.do?fileId=uvvwmnnqgiggyhcq x traccia gpx giro lungo). Presa singolarmente invece, la discesa lungo il poco visibile trail che segue il corso del torrente, richiede una risalita di circa 600 d+ su 7km di pedalata lungo la strada sterrata del lago Nero, con pendenze sempre accettabili ma un fondo breccioloso e ghiaioso che genera parecchio attrito e rende, sopratutto per chi non e’ allenato, la salita piu’ faticosa di quanto si possa immaginare.

lago nero

Una volta arrivati al Lago Nero, se si ha ancora un po’ di gamba si puo’ anche optare per allungarsi fino alla Capanna Mautino e da qui prendere uno dei tanti trail che tagliano dal mezzacosta della “Clavierissima” che scende dolcemente verso la strada di Sagna Longa. Per prendere il “nostro” trail dobbiamo invece fare riferimento al bivio per Chabaud e all’omonimo ponte, a dx circa 500 mt a ritroso dalla strada del Lago Nero. Se individuato, poco prima del bivio scendendo, possiamo iniziare con un primo taglio mediamente ripido che ci porta nei pressi del ponte. Da qua risalendo qualche metro verso la strada che abbiamo percorso in salita (restiamo sulla sx orografica del torrente) , troviamo, nascosto tra le piante, l’imbocco del nostro trail.

Dopo un attacco un po’ chiuso dalla vegetazione, il trail scende dolce fino ad un pianoro dove bisognera’ guadare il torrente su di un ponticello piuttosto instabile

guado

Da qua la traccia si perde un minimo, e abbiamo due possibilita’ per non sbagliare: o risaliamo (come ho fatto io) leggermente a spinta la costa, seguendo una flebile traccia tra gli arbusti per poi ritrovare il sentiero (in salita), oppure restiamo lungo il torrente, e dopo aver passato un albero caduto torna subito visibile la traccia che risale. In entrambi i casi trattasi di fare qualche metro a spinta (a meno che non stiamo usando un ebike) , per poi riprendere la discesa. Discesa che parte flow in dolce pendenza, per poi alternare alcuni ripidi e alcuni passaggi con qualche roccia dalla linea obbligata (il sentiero e’ sempre stretto) che comunque richiedono una buona capacita’ di precisione di guida. Superati due tronchi, si e’ costretti a scendere per qualche metro per superare una zona coperta da rami secchi, a seguire un ultimo passaggio tecnico stretto ci porta a guadare nuovamente il torrente.

Passato il guado incrociamo uno stradotto trattorabile (double track) che in breve e senza difficolta’ ci porta al piano della grangia Dalma. Da qua riparte il singletrack, che ora alterna parti facili e flow con un paio di rockgarden (il secondo non propriamente intuitivo e con uscita in contropendenza) , consiglio di prestare attenzione al terreno breccioloso che anche in sezioni apparentemente semplici puo’ risultare traditore.

Un’ultimo ponticello con qualche asse rotta (bunnyhop consigliato altrimenti a piedi) porta all’ultima tratta, un mezzacosta la cui unica problematica puo’ essere data da qualche zona esposta e dal cavo di recinzione elettrica per il bestiame , messo proprio ad altezza manubrio !!!

In breve raggiungiamo uno slargo con un punto panoramico, da qua il sentiero termina diventando sterrata e riportandoci al punto di partenza.

(video)

thures

Concludendo: 4.5 km di discesa su un trail molto vario, mediamente pulito, un “enduro” naturale che ha tutte le caratteristiche per essere ben goduto in mtb, poco conosciuto e fortunatamente poco frequentato dai pedoni. Livello da S1 a S2++ su un paio di passaggi.

 

NB: Questo trail lo ho “scovato” ispirandomi ad un itinerario trovato su questo libro, interessante risorsa per l’esplorazione della Valsusa in MTB:

Relive

Relive ‘lago nero gr. dalma’

Traccia GPS GPX

I miei giri in Valsusa

MTB Valle Stretta 2019

Valle Stretta (2019)

Obbligata dal caldo che si fa sentire anche in quota a scegliere pareti poco soleggiate, decido di fare un giro in Valle Stretta, al confine con la Francia, allungandomi un po’ rispetto all’anno passato e cercando qualche altro sentiero.

Stavolta proseguiamo la salita fin oltre il Rifugio 3o Alpini, raggiungendo il Piano della Fonderia. Da qua visto che le gambine ci stanno, con un po’ di sano spingismo guadagnamo ancora un po’ di dislivello, per cercare una traccia che dovrebbe scendere dai dintorni della loc. Chamoix. Non sempre le ricerche vanno a buon fine, e quel che resta della traccia pare perdersi nei detriti. Dunque optiamo per un’altra linea, molto piu’ evidente, che scende diretta verso il piano tagliando secca i tornanti. Terreno breccioloso e sdrucciolevole, qualche contropendenza, radici e pietre fisse e mobili mi impegnano il giusto senza cadere nell’impossibile. (blu trailforks/s2 max*)

valle stretta rifugi valle stretta valle stretta top

Continuo la ricerca di passaggi alternativi allungandomi verso il raccordo che porta al Lago Verde. Da qua seguo l’evidente traccia che dovrebbe restare sulla sinistra orografica del torrente, ma che in breve porta ad un ripido piuttosto complesso e “hardcore” (nero trailforks/S3-s4) di cui non si intuisce il finale … Senza feedback sul proseguo del sentiero (sara’ tutto cosi’ o spiana ???) torno indietro e decido di restare su cose piu’ note, divertendomi con i classici singletrack gia’ percorsi in passato (S1-S0 blu-verde)

(video middle)

L’ultima parte, quella dei “tagli” dei tornanti rimane quella che trovo piu’ simpatica. Un breccioloso singletrack che apparentemente non presenta grossi ostacoli, ma dove il terreno obbliga a giocare bene con i freni e a mantenere l’equilibrio scegliendo la giusta linea. Nulla di complesso ma sempre piacevole.

(video low)

Pochi metri di asfalto e siamo alla macchina. 640 d+, 17 km a due passi da Bardonecchia, in una valle molto fresca dove la spettacolarita’ del panorama la fa da padrona e “perdona” alcune parti di trail che possono apparire banali. Ricordo che la zona e’ super frequentata da pedoni e merenenderos, dunque sconsiglio la percorrenza di questi percorsi nei festivi e durante la settimana di ferragosto.

(relive)

Relive ‘valle stretta 19’

Ride with me in Valsusa! Questo e altro (Valsusa2019)

*D’ora in poi utilizzero’ la Scala Singletrack per indicare le difficolta’ dei trail in discesa. Per intenderci:
-S0: sentiero facilissimo senza ostacoli  o strada sterrata
-S1: sentiero facile con qualche ostacolo (radici, sassi) o fondo instabile e pendenza dolce 
-S2: sentiero dove la pendenza aumenta e possono presentarsi ripidi, gradoni, tornanti di diverso raggio in maniera non continua. Richiesta buona capacita’ di controllo della bici e utilizzo freni appropriato. 
-S3: Sentiero con continui passaggi tecnici, ripido, complesso, richiede buona tecnica avanzata e capacita’ di mantenere a lungo la concentrazione. 
-S4: Sentiero molto tecnico, con tratti esposti che puo’ richiedere la conoscenza del nose-press e altre tecniche trialistiche. 
-S5: Sentiero estremo, solo per bikers con doti tiralistiche assodate, spesso esposto e di non facile percorrenza anche a piedi. 

Nei giri da me recensiti e proposti la difficolta’ non supera MAI s3 non continuo.