EOY 2024

EOY 2024 – Resoconto di fine anno

Per chi preferisce una versione video/podcast, la trovate a fondo pagina.

2024 : un anno di consolidamento , di assestamento, di conferme .
Un anno tuttavia molto positivo, almeno fino a fine estate, a cui e’ seguito un autunno di alti e bassi, influenzati anche dal meteo, e dalla partenza di un nuovo progetto che spero di portare avanti con successo. Ebbene si, sono tornata ad insegnare MTB anche ai bimbi, nella neonata realta’ di Uscio MTB , progetto dedicato alla diffusione della MTB nel territorio di Uscio e dintorni, sia tramite interventi mirati di trail building/manutenzione sentieri, che tramite l’insegnamento di questo sport ai piu’ piccoli. L’approccio che stiamo adottando e’ sicuramente diverso dalle scuole che offrono sbocchi agonistici, concentrandoci maggiormente su un utilizzo consapevole della MTB come mezzo per divertirsi e esplorare i boschi che ci circondano, in maniera sicura e piacevole.


La speranza e’ che questo progetto continui , e che aiuti a creare una nuova consapevolezza nei confronti di questo sport che, sta vivendo, come previsto, una storia gia’ vista con lo snowboard nella prima meta’ della seconda decade degli anni 2000.
A cosa mi riferisco ? All’iper-spettacolarizzazione mediatica dello sport, con conseguente allontanamento dalla “base” di utenza che potrebbe interessarsi a questo mondo. Questo, sommato al caro-bici e ad un eccesso di informazioni che si trasforma in realta’ in una difficolta’ estrema nel trovare informazioni corrette e coerenti, provoca indubbiamente un calo di interesse nei confronti di questo sport.
Da una parte troviamo un approccio che “isola” la MTB ai bikepark o cmq a zone dove la manutenzione dei sentieri e’ fatta anche con mezzi meccanici, con tracciati che prediligono la velocita’ e i salti … dall’estremo opposto si vedono itinerari al limite del cicabile , spesso in quota e in esposizione , per i quali e’ richiesta tecnica trialistica.
Premesso che nei miei sogni c’e’ l’arrivare alla seconda opzione piuttosto che alla prima , pare che tutto quello che sta nel mezzo non sia piu’ mtb , sopratutto se non fatto in maniera orientata alla performance (leggi tempo su Strava) .
Gli anni del covid sono stati una parentesi illusoria: molti ragazzini che han iniziato in quel periodo per mancanza di alternative non hanno continuato. Molte trail area che erano state ripristinate in quel periodo, complici le restrizioni di movimento, sono tornate nel loro stato di abbandono.
Credo sia molto importante , per chi ha la FORTUNA (perche’ e’ una fortuna), di abitare in una zona in cui dispone di sentieri raggiungibili da casa in bici, o cmq a pochi km, dedicarsi alla valorizzazione di quanto possiamo usurfiuire a KM ZERO o quasi. Il tutto ovviamente nel rispetto di tutta l’utenza della rete sentieristica, pedoni in primis, che potrebbero non gradire passaggi a “tempi da kom”.
Proprio prima di Natale mi e’ stato riferito da mia madre che ha un’amica che vive all’Elba, che questa sua amica non ha una buona opinione dei biker perche’ “da quando ci sono i biker non si puo’ piu’ andare a piedi”.
Ecco … vediamo di non ghettizzarci come quando negli anni 90 qualcuno propoenva piste separate per sci e snowboard.
Vediamo di non far saltare fuori assurdi divieti come quelli del monte di Portofino o come la situazione di monte cavo nel parco dei castelli Romani e tante altre.
Questo sport puo’ davvero essere la salvezza e un grosso aiuto alla destaginonalizzazione del turismo in determinate aree. Giusto x dire… il 29 DICEMBRE ho svolto una LEZIONE PRIVATA di MTB, ad una ragazza, sopra Bardonecchia, altitudine 1700 slm … dovrebbe esserci neve ovunque , ma la neve e’ sempre meno, lo “sforzo” per mantenere aperte poche piste e con qualita’ discutibile e’ davvero troppo oneroso e poco rispettoso nei confronti dell’ambiente ormai (IMHO).


Spero di portare avanti ancora queste mission nel 2025, avvicinando il piu’ possibile a questo sport ragazze, donne e bambini. E’ una bella alternativa a tante altre attivita’ all’aria aperta, e non c’e’ bisogno, per divertirsi ne di salti grossi ne di KOM … ecco allora qualcuno mi dira’ … ma allora e’ GRAVEL …….

Davvero parliamone di sta benedetta Gravel … ma sopratutto parliamo di come, pure un mezzo che dovrebbe nascere come una sorta di derivata dalle “cx” (ciclocross) ma con predisposizione ai viaggi e al bikepacking o piu’ generalmente alle lunghe percorrenze , viene fatto vedere dai media anche qui in contesti improbabili molto piu’ adatti ad una mtb, sopratutto per un/a comune mortale , magari senza background sportivo/agonistico nel mondo bici.
NOn mi dilungo cmq, perche’ la mia esperienza in merito e’ minima, e mi basti dire che, x il mio modo di usare la bici (che non e’ altro che una trasposizione senza neve di quello che facevo con lo snowboard e la splitboard) non ci vedo nulla di interessante. Forse, perdonatemi il paragone , e’ come parlare di sci di fondo fuori-pista o meglio di ski-touring , insomma di una disciplina che non prevede un grosso supporto della gravita’.

Gravita’ = gravity allora ? Ma come, critichi il gravity e adesso ci dici che emuli quel che facevi in snow quindi .. fai gravity allora, fai “dh” allora ???
Ci risiamo. Si , mi piace scendere. Mi diverte. Ma non e’ detto che scendere significhe farlo per forza in un ottica “racing” o orientata alla performance. Per me in primis c’e’ la sicurezza, e la soddisfazione cmq magari di portarsi a casa qualche passaggio un po’ piu’ complicato. Ed e’ questo che in primis trasmetto nei corsi che faccio, sia con RidePink che ai ragazzini di UscioMTB.

In ultimo , vorrei lanciare un messaggio sull’annosa questione formazione maestri MTB di cui ho gia’ trattato in passato. Stavolta non mi riferisco tanto alla mancata esistenza di uno standard che certifichi davvero quel che c’e’ da certificare e sopratutto indichi bene CHI puo’ fare COSA e fino a quale livello… ma vorrei che, indipendentemente dall’ente e dal percorso scelto … ci fossero PIU’ DONNE tra i tecnici di MTB. Piu’ donne anche a livelli medio/alti, perche’ , si tratta di fisologia: il rapporto peso/massa/potenza, altezza/taglia bici/dimensione ruote , e’ molto diverso, e , a livelli avanzati, le difficolta’ che si possono incontrare con un fisico femminile sono ben diverse e vanno affrontate con competenze e conoscenze che e’ impossibile sperimentare sul campo se non sei nel corpo “giusto” (Roxy docet) .
Quindi mi rivolgo a tutte quelle che han un livello tale da poter fare il ti2 e se la sentono di fare qualcosa di buono per vedere altre ragazze, ma anche bambine, adolescenti sopratutto, continuare questo sport e non abbandonare, provateci . E magari poi contattate info@ridepink.it , non si escludono future collaborazioni.

Per concludere … buon anno a tutt* , e mai smettere di sognare e progredire .
Un grosso ringraziamento al resto dello staff di RidePink , Barbara e Marcella, per continuare a crederci cercando di rendere possibile l’impossibile ….
e a Dario, co-fondatore con la sottoscritta di UscioMTB, realta’ di cui vi ho parlato sopra con la quale speriamo di portare una visione positiva e alternativa della MTB nel nostro territorio.

Versione video:

Tecnici – istruttori MTB – servono nuove regole

Scrivo questo post a titolo puramente personale.


Nel 2019 e’ iniziato il mio percorso come insegnante di MTB prendendo il primo livello (ai tempi TM1) in FCI a ROMA.
Nel 2021 ho completato la mia formazione, sempre in FCI, con il corso Guida Cicloturistica sportiva a Roccaraso.
Ai tempi vivevo a Roma e l’accoppiata TI2+GCT era quanto offerto da FCI per poter accompagnare sui trail/insegnare le basi ad adulti non agonisti.
Nel 2022 decido di sfidare il destino, rientrare al nord ed essendo residente in Piemonte mi sono ritrovata a combattere contro la LR2009 , che implica l’ottenimento di una qualifica regionale (fortunatamente rilasciata da un ente che ha riconosciuto i CFU delle mie precedenti attivita’ in FCI) con un corso di 280 ore per essere abilitati ad accompagnare (e quindi, avendo il ti2 anche a fornire nozioni tecniche) sui sentieri in bici soggetti non tesserati con Federazione o Enti .
Adesso pare che per tutta una serie di ricorsi di cui non conosco i dettagli la LR2009 sia “sospesa” o sia limitante soltanto dal punto di vista fiscale nel caso si necessitasse di piva su codice ATECO 899020 .

Una cosa e’ certa pero’. Dopo circa 1 anno di effettiva attivita’ come fulltimer freelance sotto il Brand RidePink , 9 eventi/corsi privati di gruppo ladies only, un numero non precisato di lezioni individuali e a piccoli gruppi , una serie di forse insormontabili problematiche burocratiche (siamo nel paese del balzi e balzelli), svolgo attivita’ prettamente didattica di insegnamento rivolta ad adulti (nello specifico ADULTE) , con un titolo che allo stato attuale delle cose e’ stato reso EQUIPOLLENTE ad altri emessi da svariati EPS (enti di promozione sportiva) per i quali non esiste un livello minimo garantito e/o una prova d’ingresso , ne un approccio che limiti eventuali soggetti provenienti da altre discipline della bici (leggi strada, gravel) alle sole discipline da questi praticate se non l’autoregolamentazione e il buon senso.

E io al buon senso in questo paese ci credo piu’ poco.

Spero in futuro di poter ottenere una certificazione internazionale BCIP o similare per potermi dotare di una reale attestazione del mio livello di riding e delle mie abilita’ nell’insegnamento.
Certo, ho un po’ di success stories, anche precedenti a questo post …
Dicono che so insegnare … e i risultati lo testimoniano …

Si, so insegnare, che sono ben disposta e molto paziente con chi avvicina a questo sport fino ad un livello intermedio, ma non sono un atleta, non ho mai fatto gare, non mi interessa l’agonismo .
Del resto se pensate che il metodo di misura del livello di riding di un qualcun* e’ quanti kom (quanto va forte) ha su strava o quanto salta alto .. con me avete sbagliato tutto.


Con questo non sto difendendo quelli che alcuni definiscono fermoni (definizione che io stessa mi sono sentita appioppare in passato) , dico solo che le bici moderne, sopratutto le ebike, perdonano tanto, e finche’ non ci sono curve strette senza appoggio, chi non ha paura molla i freni e va, e fin quando non crasha e gli dice bene … gli dice bene … e va forte … e male.

Qualcun* mi ha chiesto perche’ non vado avanti con la fomrazione in fci facendo TA2 e TA3.
La risposta e’ veramente semplice e richiama quanto gia’ detto sopra: NON SONO UN ATLETA, non lo sono mai stata, non ho interesse per l’agonismo. Valutero’ il ta2 solo se, tecnicamente e burocraticamente parlando, mi dovessi trovare in futuro a dover gestire adolescenti come asd FCI.

Questo mio post vorrebbe raggiungere FCI o chi per essa, vuole essere un appello a rivedere i sistemi di formazione dei tecnici e a introdurre una figura SPECIALIZZATA IN MTB sulla quale vengano verificati determinati standard tecnici (ad es fare senza problemi un trail di livello S2) e magari con ulteriori sottospecializzazioni x discipline gravity piuttosto che altro.
Ma farlo con una certa serieta’ , definendo requisiti d’ingresso precisi .
L’appello e’ rivolto anche ai colleghi e colleghe TI2 che si riconoscono in questa situazione.
Cerchiamo un modo per avere una figura tecnica che si rivolga agli adulti non agonisti che sia quanto piu’ vicina a quello che e’ il maestro di sci o di snowboard come garanzie di competenza.

Probabilmente sta roba resteranno bytes nel web.
Probabilmente a troppi questa situazione fa comodo.

Io cerchero’ sempre di dare del mio meglio e se non ci saranno alternative, frequentero’ un corso BCIP (magari cercando di portarlo in italia, se trovero’ altre/i che la pensano come me) .

#nostressjustprogress
#skillzovershred

Firmato

Chiara “KiaZ” Zanutto
RidePink.it Co-Founder & NW area referrer
TI2 FCI (ex TM1)
GCT FCI
ACT LR 2009 REGIONE PIEMONTE (FORMONT)

PS: so bene che anche in FCI sul ti2 ci possono essere “differenze” tra regione e regione, tipo di terreno dove viene paragonato il famoso percorsino, che non e’ un bunnyhop a fare la differenza , che andrebbero valutate anche skill trasversali. Andrebbe rivisto tutto. Ma non posso accettare che esistano enti che affianchino il termine “istruttore” a quello di guida e/o che abilitino all’accompagnamento/Insegnamento in tutte le discipline ciclistiche soggetti che magari fanno solo gravel . E lo dico anche al contrario, io non ho mai messo le chiappe su una gravel (e manco ci penso) e di certo non metto il naso in quel settore.

De Briefing #ANNOZERO ValSusa

Fase 2 …
Alta Val di Susa, da sempre la mia seconda casa.

kiaz valle rho

Altro capitolo della Sfida con il Destino.

Partenza in salita , incontro/scontro con un mercato molto diverso da quello Ligure e un target molto diverso dalle mie esperienze regresse in centro italia.
In un precedente articolo avevo definito la ValSusa la Valle che resiste dove l’enduro non esiste.
E ancora una volta questa affermazione viene confermata.
O perlomeno, non esiste l’enduro sportivo, quello dei segmenti su strava e delle performance a tutti costi.
Del resto, escludendo Sauze, location che io adoro ma che per il park rider moderno sa di obsolescenza (non) programmata non c’e’ molto di definibile tale in zona nel senso moderno del termine.
Ne consegue che il biker sportivo, o aspirante tale, difficilmente trovi in questo posto quello che si vede in location che han puntato realmente sul bike business.
Quindi oltre all’enduro non esiste nemmeno il bike business ?
Ni.
Non sono un atleta, non ho le competenze per lavorare con atleti, e il mio discorso e’ piu’ che altro legato al tipo di pubblico che puo’ essere attratto dalla Valle: qui e’ “la valle” a proporsi, la bici e’ solo un mezzo.
Sono le montagne, i paesaggi, le location raggiungibili in sella ad un ebike che permettono il funzionamento della cosa.
Tranne rare eccezioni con nomi grossi e camp per ragazzini , oltre che all’Enduro, non esiste la didattica.
Non esiste la “cultura” del gesto tecnico nella mtb. Questa non vuole essere una critica ad un determinato tipo di clientela, ma un minimo di consapevolezza in piu’ (e di rispetto) per il mezzo che avete scelto sarebbe dovuta.
Io nel mio piccolo ho sempre cercato di dare qualche nozione tecnia ai principianti, per permettere loro una guida piu’ sicura.
Ho cercato giri che unissero i nostri fantastici paesaggi a percorsi in discesa piacevoli da guidare, nella speranza di far scattare quella scintilla del piacere di guida della mtb, senza necessariamente dover diventare atleti o pro, che poi ti lega irrimediabilmente a questo sport.
Ci sono riuscita ? In parte si. Ma c’e’ ancora tanto da fare, e sicuramente l’anno prossimo saro’ + preparata e la mia offerta cerchera’ di rispecchiare meglio il mercato.
Manca come gia’ detto un offerta ricettiva bike friendly che offra un buon rapporto qualita’ prezzo.
Sarebbe il primo punto di partenza per uscire dal loop dei weekend warriors, dei proprietari di seconda casa, degli stagionali ecc.

kiaz assietta

Posso comunque reputarmi soddisfatta di come e’ iniziata questa esperienza, e spero che con me lo siano anche coloro che ho avuto il piacere di accompagnare. Adesso e’ ora di tornare in Liguria, nuovo reset e nuovi programmi.

EOY 2019

EOY 2019 – End of Year 2019

Se c’e’ una cosa che ha fatto da padrona in quest’anno e’ la paura di invecchiare.
La paura di essere troppo vecchia per fare questo, quest’altro, quest’altro ancora.
Dove questo e’ la bici, quest’altro e’ il surf, quest’altro ancora e’ lo snowboard, e poi aggiungiamoci ancora la crisi di infantilismo con i pattini in linea.
Mi fa profondamente male dirmelo, ma sto vivendo una seconda adolescenza.
Da over 40, sto rivivendo in un altra ottica e con problematiche diverse (ma sostanzialmente simili) gli stessi problemi che avevo quando avevo 15 anni.
Per farla breve, l’essere semplicemente me stessa, peccato che questa “me stessa” sia un qualcosa di diverso da quello che la societa’ vuole farci essere e da quello che e’ il comune conformismo.

Aggiungiamoci l’essere attualmente prigioniera in una citta’ con cui non ho nulla da spartire se non il fatto che ho un lavoro che cmq mi piace ed e’ coerente con i miei studi.

Ma non e’ cmq il lavoro della mia vita … o meglio diciamo che se potessi riprodurre la mia situazione attuale in uno dei due posti che chiamo casa (uno e’ la liguria di Levante, l’altro e’ qua, l’alta Valsusa) potrei tranquillamente continuare a vivere felice godendo delle bellezze offerte dal territorio e raccontandole qua sul blog.

Purtoppo, non e’ cosi’, o non lo e’ al momento. In questo 2019 che sta per concludersi ho fatto alcune scelte, ho cercato di lavorare sul mio livello in bici, ho anche raggiunto un certo traguardo che consideriamo per ora “congelato”, continuando a fare continuamente i conti con il mondo circostante e una realta’ che non mi appartiene.
Sono tante piccole cose, che messe tutte assieme creano una situazione di non facile (di)gestione.

La maggior parte dei miei coentanei e’ “sistemata”. Molti sono “sistemati a dovere”, ovvero hanno figli. Molti fanno “salti mortali” per continuare a dedicarsi alle proprie passioni.
Alcuni cercano, quando possibile, di trasmetterle alla nuova generazione. Cambiano le esigenze, posso capirlo credo cambi tutto.

E invece io sono ancora qua, a giocare con la biciclettina, con il surf, con “lo snowboard che si trasforma in due sci” e con i pattini.
E voglio continuare a giocarci piu’ a lungo possibile. Ho la sindrome di peter pan, lo so, mi piacerebbe prima o poi che uno di questi giochini (quello che so utilizzare meglio …) potesse permettermi di fare un qualcosa di diverso anche lavorativamente parlando, ma la cosa non e’ cosi’ semplice e, inoltre, lo spettro di “non essere piu’ in tempo” continua a infastidirmi con la sua presenza.

Ad ora non posso fare altro che giocare il piu’ possibile all’aria aperta nei miei playground; le montagne per quanto riguarda bici e snowboard, e il mare per quel poco surf che continuo a fare.

Gia’ il surf, e il mio rapporto di amore e odio per questa attivita’. Ho concluso l’anno con un periodo “surf positive”, dove sono stata fortunata con alcune belle giornate di onde adatte al longboard e a quel che cerco di farci. Sto cercando, per quanto possibile, di darmi degli obiettivi tecnici per trovare uno stimolo a migliorarmi e entrare in acqua, cercando di dimostrare che anche una vechia gallina, a tratti goffa e senza il fisico da top model, puo’ fare surf (longboard) in maniera dignitosa.
Il fisico da top-model ecco: ne avevo gia’ parlato su facebook, ma questo estremismo sessista che caratterizza l’immagine che viene propinata mediaticamente del surf, proprio non riesco ad ingurgitarlo.
Nel nostro mare non e’ considerabile uno sport, la frequenza delle mareggiate e l’affollamento fanno si che l’energia necessaria per surfare con un longboard, una volta apprese le basi, sia davvero poca.
Un discreto nuotatore con un buon equilibrio e una discreta forza esplosiva impara a surfare tranquillamente senza troppi impedimenti. Ma poi tocca scontrarsi con tutta una serie di cose e di meccanismi poco compatibili con chi, come me, ha bisogno in primis di pace e di trovare la giusta sintonia con gli elementi. Se fare surf deve essere come andare all’ikea, allora non ci siamo. E non mi dilungo in ulteriori analisi perche’ tanto, quello dell’affollamento e’ un problema senza soluzione.
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Passiamo alla bici: annata che definirei con alti e bassi, fortunatamente senza infortuni. La nota positiva e’ stata quella di aver trovato, finalmente, anche in centro Italia un’altra ragazza (Laura) con cui condividere buona parte delle mie follie e a cui cercare di trasmettere il mio know how (foto) e addirittura far conoscere la mia Valle.

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Tecnicamente parlando, e’ stata una fase un po’ a corrente alternata, sia per la forma fisica che per la tecnica in discesa. C’e’ tanto da lavorare, e vorrei riuscire ad avere una maggiore continuita’ sui tracciati tecnici tipo quelli Liguri. La cosa finche’ saro’ a Roma, costretta a macinare km, senza essere “local” di un bel niente, non sara’ semplice per 1000 ragioni legate piu’ che altro alla logistica e al fatto che serve fare tanti km per arrivare sui trail “giusti”. Forse se trovassi qualcuno pari livello – o meglio poco piu’ bravo/a di me – con cui mettersi in gioco e motivarsi a vicenda potrei fare qualche passetto avanti. Un ultima considerazione e’ quella “elettrica”. Puo’ sembrare una sconfitta ma potrebbe essere una rinascita, spero cmq a breve di avere il budget per “elettrificarmi”. Ormai la direzione della mtb “just 4 fun” e’ quella elettrica, chi continua a pedalare con le proprie gambe e’ sempre piu’ spesso un atleta, ex atleta o cmq persone con un certo tipo di allenamento e di background. E dato che per me il divertimento e il piacere di stare all’aria aperta viene prima di ogni cosa, cash permettendo, il futuro e’ segnato.

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(playlist best of 2019)

Apro una breve parentesi sull’ultimo giochino riscoperto, i pattini in linea: riesumati un po’ per caso e un po’ per impossibilita’ di usare lo skateboard causa mal di schiena, sono stati una piacevole riscoperta: basta davvero poco spazio e qualche conetto per mettersi in gioco cercando di imparare qualche trick. Ok, ovvio, ci andavo da ragazzina ad alti livelli, ma considerati tutti gli infortuni alle ginocchia che mi han fatto dimenticare le 8 ruote per piu’ di 20 anni direi che e’ un buon risultato. Inoltre il cimentarsi nei trick aiuta a migliorare equilibrio e propriorecettivita’ in generale, trovando delle utili applicazioni ad esempio, quasi per assurdo, nel surf da onda (longboard)

(video coni ista chiavari)

Terminiamo la rassegna con la protagonista di questi ultimi giorni, ovvero lei, la Splitboard. E qua, ancora una volta sento piu’ che mai il forte legame che ho con queste montagne. L’aver assistito nei giorni scorsi ad un breve corso di sicurezza in caso di valanga ha ulteriormente aumentato in me la consapevolezza che e’ solo grazie alla conoscenza che ho del territorio che mi posso permettere di andare a spasso da sola con una tavola che si divide in due e ti permette di salire per pendii incontaminati alla ricerca di pace, e di una bella linea da tracciare in discesa. Anche qua, la priorita’ e’ il divertimento e l’outdoor, l’immergersi nella natura, l’andare per boschi. Per quel che mi riguarda ha poca importanza “quanti” d+ riesco a guadagnare, meglio poco ma buono e in sicurezza che andare a correre inutili rischi. Non parlo solo delle valanghe, ma di tanti altri piccoli inconvenienti che possono capitare girando in terre sconosciute, dallo sbagliare strada (d’inverno il gps aiuta ma non e’ garanzia di non perdersi) al finire in un fosso al ritrovarsi con qualche problema tecnico alla split in posti dove il cellulare non prende. D’accordo, molti mi dicono che sono matta a girare da sola nel backcountry. Intanto mi fido di piu’ di me stessa e delle mie montagne che non di inserirmi in gruppi di sconosciuti, di cui reciprocamente non conosciamo il livello reale, con il duplice rischio di essere “problematica” in quanto lenta (anche qua il mio allenamento e’ quel che e’, siamo su una VAM di circa 300-350 d+/ora a seconda del terreno) e sopratutto di non saper gestire certe situazioni e certi tipi di neve, oltre al non aver alcuna intenzione di confrontarmi con componenti piu’ prettamente “alpinistiche” ove diventa necessario l’uso di ramponi e talvolta pure picche. Bene, saro’ anche una “montanara della mutua”, ma non sono assolutamente attratta da quel tipo di discorso, come non sono attratta da canali, ripido ecc. Lo snowboard per me e’ surfare linee di neve. La splitboard e’ uno strumento per raggiungere la “mia” lineup innevata. Il resto lasciamolo ai pro. Thats’it, that’s all.

(video insta split champlas)

Tirando le somme, questo 2019 e’ stato un anno di transizione. Di consapevolezza che devo trovare una strada che mi porti via dalla Capitale. Il mio mondo e’ outdoor, prevalentmente tra i monti.
Mi piace esplorare, conoscere posti nuovi, lo stare a Roma cmq mi ha dato opportunita’ di vedere, sopratutto in bici, localita’ improbabili e molto diverse dal contesto alpino con comunque un certo fascino, di surfare onde qualitativamente alte senza fare piu’ di 1h di macchina, di fare snowboard in un contesto completamente diverso da quello che conosco e in cui sono cresciuta.
Non riesco a concepire un evoluzione quando sei costretto a passare gran parte del tempo in macchina per poterti dedicare alle tue passioni. Per non parlare del fatto che tutti questi spostamenti “inutili” di certo non fanno bene al pianeta. Ricordiamoci che se nevica sempre meno e se gli inverni sono sempre piu’ caldi e’ anche grazie ai km che facciamo usando veicoli che inquinano.
Poter uscire in bici a km0, surf quasi a km0, e dovermi spostare solo d’inverno per fare snow ma potendo comunque contare su una “base” qua in Valle e’ ben diverso.E’ un piccolo passo, di difficile attuazione, ma da qualche parte bisognera’ pure cominciare.

Buon 2020 a tutti, piu’ o meno “non normali”, nell’augurio di poter continuare il piu’ a lungo possibile ad inseguire le proprie passioni.
Life is too short, dont’waste it, go riding !

Mtb: Monte Torre Maggiore

Monte Torre Maggiore
Blind ride con RomaMtb

A volte i programmi cambiano all’improvviso senza preavviso. Il maltempo mi ha costretto ad un rientro anticipato su Roma dalla Liguria con conseguente necessita’ di riorganizzare il weekend.
Mi ricordavo che stavolta ROMAMtb proponeva un giro sulla carta fattibile, un 900 d+ dichiarato con discesa enduro “semplice”. Fortuna vuole che il sabato incontro a Formello i due organizzatori, e senza promettere niente mi faccio mandare la posizione di partenza, non garantendo nessuna certezza della mia presenza ma cercando di fare il possibile … dopo 6 ore in macchina spararsene la meta’ tra andata e ritorno il giorno dopo non sempre e’ cosa, ma la biciclettina ha sempre il sopravvento assieme alla voglia di vedere un nuovo trail… sopratutto ora che le gambe piu’ o meno almeno sullo scorrevole girano. Stavolta parto veramente blind, alla cieca, senza sapere nemmeno dove si trova la location di partenza. Non so e preferisco non sapere, per una volta non mi scervello tra tracce e cartine.
Non accendo nemmeno il cartografico sul cellulare, traccio solo con l’orologio cosi’ risparmio batteria. Si parte dall’ennesimo paese improbabile, uno di quei posti di cui se non ci fosse la bici
a portarmici non mi passerebbe mai per l’anticamera del cervello di visitare. Siamo in Umbria, provincia di Terni, in un paesotto chiamato Cesi arroccato sulle pendici di un bricco.
Fa freddo e non-si-capisce-bene come si sviluppera’ il giro. Questo stato confusionale mi terra’ compagnia per tutta la giornata, impedendomi di esprimere appieno le mie potenzialita’. Ma per fortuna con me c’e Laura, e inoltre le quote rosa abbondano(abbiamo pure la super Michela, guida e maestra della RomaMtb), quindi almeno in salita stavolta non faro’ il fanalino solitario.
Dopo una brevissima parentesi di asfalto si sale prima su singletrack teoricamente pedalabile da chi e’ piu’ skillato e resistente di me, io mi limito alle tratte pianeggianti, poi su sterratona dal fondo buono, cosa insolita per il centro italia, senza troppi strappi nella prima parte … giusto una rampa mooolto impegnativa obbliga la sottoscritta e la Laura allo spingismo, poi si ripedala fino ad un ultimo tratto di salita tecnica che mette alla prova anche le guide e gli elettrici, per finalmente uscire dal bosco e sbucare su un colletto panoramico caratterizzato dalle classiche praterie appenniniche con frequenti pietre sparse in giro …. da qua ancora si sale fino in vetta (evitabile ai fini del mero trail) a spingismo e/o portage (eh si .. stavolta sono riuscita a tirarmi pure
la bici a spalla, fortunatamente per un tratto molto breve) da cui si dovrebbe godere di una vista a 360 … purtoppo un po’ limitata dalle nubi.

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Fa freddo e dopo una breve pausa inizia la discesa, prima parte freeride tra pietre, prati e buche di cinghiali, poi tocca ripedalare (o ri-spingere nel mio caso) qualche decina di metri per scollinare e trovare l’imbocco del nostro trail.

Il sentiero parte senza troppe difficolta’ ma e’ un crescendo, con passaggi su roccia fissa e pietre mobili, spesso non troppo intuitivi che necessiterebbero di uno studio piu’ approfondito per riuscire a concluderli in sicurezza. Non oso troppo perche’ non ci sono con la testa e ho le gambe molli. Alcuni punti non sono per niente banali e sopratutto costellati di pietre mobili, articolo con cui vado davvero poco daccordo, davvero off-limits per la mia skill e il mio attuale setup. E’ un mix tra rockgarden liguria like in pietra fissa sul genere del Sant Anna di Sestri e passaggi ancora piu’ complessi. Gli stop nel posto sbagliato possono rendere difficile la ripartenza, e’ richiesto un gioco di freni da manuale.
Non ci sono ripidoni, step down, salti, compressioni, o feature della serie “se sei incerto tieni aperto”, qua e’ un trail tecnico dove bisogna imparare a fare amicizia con la roccia e con i passaggi obbligati. Le chicken line sono quasi assenti (anche se in alcuni casi sarebbero individuabili) e purtoppo, se la paura di rompere se stessi e/o qualche componente della bici ha il sopravvento il risultato e’ il preferire la discesa a piedi. Il primo trail termina su uno stradotto sterrato in mezzo ai boschi, altro break per una foratura e ri riparte.

gruppo

Ci aspetta un “mangia e bevi” che dovrebbe essere in prevalenza flow, ed in effetti alcune sezioni lo sono, alternate ad altre piu’ tecniche che a tratti nuovamente mi fanno scendere, un po’ per stanchezza e un po’ per il fatto che le “pietre che camminano” non credo che mai riusciro’ ad affrontarle e a “digerirle”…. Nota positiva di quest’ultima sezione e’ la presenza di funghi della famiglia dei “boletus” in ogni angolo … diciamo che la location sarebbe da rivisitare in un’altra veste.
Finalmente si ritrova una stradina asfaltata che ci ricondurra’ alle macchine. Io esausta scendo subito, mentre gran parte del gruppo si allunga ancora fino ad un punto panoramico.

Concludendo, 850 d+ reali limitabili a 700 se si e’ interessati al trail e non alla “vetta”. Giro che cerchero’ sicuramente di ripetere perche’ ho lasciato troppi conti in sospeso sulla prima parte… da verificare anche l’esistenza di discese alternative per evitare il mezzacosta mangia-e-bevi. Trail molto interessante con terreno che mette alla prova, da rivedere e rivalutare e riprovare. Al momento non esprimo un giudizio al 100%, una cosa e’ sicura, fa parte del genere che “non molla mai o quasi”, quindi oltre alla tecnia serve anche una buona resistenza in discesa. Se dovessi valutarlo con la scala singletrack che utilizzo per la “mia” Valle, questo e’ S2 con molti passi S3.

Vedremo se ci sara’ occasione di tornarci e di farlo concentrandosi sui passaggi piu’ ostici.

Relive

Relive ‘Giro con romamtb’

Traccia (download diretto – non postero’ tracce su gpsies fino a risoluzione dei problemi su dispositivi mobili)

Si ringraziano le guide Michela e Sergio, e tutti le/i partecipanti della RomaMtb

MTB Caldirola CaldiRock BikePark

Caldirola “CaldiRock” Bikepark.

Chi mi conosce e mi segue sa che non sono particolarmente amante dei bikepark, ma fin dalle prime volte che ho sentito parlare di questo fantomatico posto chiamato Caldirola ammetto di essermi incuriosita non poco. Sara’ perche’ sentivo dire di “una vecchia seggiovia MONOPOSTO” riadattata alle bici e che indicativamente ho riscontrato molte opinioni positive, decido, malgrado il maltempo di accettare l’invito di Sara e di approfittare di questo ennesimo break ligure per raggiungere la misteriosa location.
Sono in teoria 108 km da Rapallo … in teoria. Questi 108 km si traducono in una 60ina di km di autostrada e i restanti per strade improbabili che ti impongono un estrema fiducia in google maps.
Si sale sempre di piu’ su strade e stradine, con il tempo che non promette nulla di buono, ma ormai siamo in ballo e balliamo. La strada termina in un piazzale sterrato, circondato da alcune costruzioni che chiaramente risalgono agli anni 70, come la seggiovia. Si la seggiovia, esiste davvero ed e’ davvero ad un solo posto, con quei vecchi seggiolini in ferro che mi fanno tornare bambina a quando ancora si sciava a Beaulard… o ancora piu’ indietro, quando ricordo che a impianti chiusi giocavo a dondolarmi sui seggiolini del Frais.
E infatti bisogna tornare un po’ bambini per trovare il coraggio sia di salire su quel trabiccolo che di girare sotto quella pioggerella che a Roma definiscono gnagnarella.
Purtoppo almeno la mattina mi tocca girare da sola. Tutti gli altri ragazzi/e fanno parte dei corsi di Deepbike, e non trovo compagnia pari livello sul momento. Non riesco nemmeno a rimediare
una traccia gps del percorso piu’ facile, complice l’assenza quasi totale di copertura dati in zona. Va bene poco male. SOno abituata a ravanare da sola e anche stavolta iniziamo la giornata ravanando.
Ritirato lo skipass (un adesivo da attaccare al manubrio o al cavo freno, anche questo piuttosto inconsueto) tocca salire sul trabiccolo monoposto. Fortunatamente gli inservienti sono gentili,
e mi aiutano a caricare la bici al gancio. Bici sul gancio, la sottoscritta su un poco rassicurante dondolante seggiolino metallico. Bisogna, appena seduti tenere la bici che non sbatta …. insomma trattasi di un impianto un pelo agricolo, ma svolge egregiamente il proprio dovere.
In cima, circa 1450, la nebbia e’ ancora piu’ fitta e si fatica a capire dove andare. Dinuovo per fortuna riesco ad ottenere indicazioni, inoltre le piste sono segnate in modo abbastanza comprensibile.
Il terreno e’ umidiccio ma ho visto di peggio, va beh proviamo a buttarci per il piu’ facile dei trail, LaPierre Fun. Ed e’ davvero fun, peccato per il tempaccio, l’umido e il livello di fiducia che cala.
Ma se pare divertente sul bagnato figuriamoci in condizioni ottimali …. LaPierre Fun e’ un flow trail Formello style (chi mi legge da Roma sa) , difficolta’ simil-cinghiale/scoiattolo tanto per restare
su un punto di riferimento ben preciso. Assolutamente niente di difficile, ottimo per chi e’ alle prime armi e magari pure poco allenato e vuole farsi un idea di questo sport senza grossi investimenti (e’ possibile affittare bici).
Ripeto lo stesso trail una seconda volta… purtoppo la pioviggine persiste e il terreno non migliora ma mi reputo gia’ piu’ che soddisfatta.
Eccovi il resoconto video della mattinata …

(video)

Dopo una pausa ricomincio. Stavolta “faccio l’intrusa” e decido di accodarmi al gruppo di Deepbike in cui ci sono altre due ragazze, in modo da vedere un’altro trail, la Capannina. Questo e’ un po’ piu’ guidato, ha alcuni passaggi che non riesco a concludere causa terreno scivoloso, ma pure qui e’ prevalenza flow, grandi sponde e qualche simpatico saltino. In compagnia ci si diverte e ci si
confronta di piu’. A fine trail non me la sento di risalire, lo spirito di conservazione ha la meglio e decido di lavare la bici e di chiudere cosi’ questa giornata dal meteo avverso ma comunque divertente e in ottima compagnia.

Per concludere: “se l’universo ha un centro luminoso, qua siamo nel punto piu’lontano”. Questo e’ quel che mi e’ venuto da pensare appena scesa dalla macchina nel piazzale di Caldirola.
Ho visto pochissimo di quel che offre la location, ma i presupposti sono ottimi, trail curatissimi e adatti a tutti. Pazzesco inoltre vedere parecchia gente girare malgrado il maltempo e le distanze non indifferenti dal “mondo civile”. E’ interessante notare come una piccola stazione di bassa quota dal destino “segnato” abbia saputo ottimamente riciclarsi offrendo un ottimo servizio ai bikers in un ambiente accogliete e familiare. In un futuro sempre piu’ “elettrico” Caldirola e’ una parentesi aperta a tutti coloro che vogliono divertirsi senza faticare in salita senza necessitare di una superbici. I due trail da me percorsi sono tranquillamente “a portata di frontino” e di full senza escursioni intergalattiche. Un viaggio indietro nel tempo a 360, quando non esisteva l’enduro ma esisteva il “freeride”, appellativo ormai scomparso dal mondo della mtb (o relegato ad un certo tipo di competizioni che non han niente a che vedere con quel che significa freeride in se).
Spero che si ripresenti l’occasione di tornarci, malgrado la non facile raggiungibilita’ della location.

Vi lascio la traccia GPS GPX del Lapierre Fun in download diretto nel caso qualcuno volesse “sentirsi piu’ sicuro” 😉

https://drive.google.com/open?id=1kF4nWBj-H-32Uv83I27RTas3W3elj5Ot

Mtb: Monte Soratte

AM – Enduro sul Soratte

Il Monte Soratte e’ un’altura di 690 mt slm a Nord di Roma, che si eleva solitaria dalla Valle del Tevere. Questo particolare rilievo ospita nella sua parete sud un sistema di gallerie risalenti al 1937 ad uso rifugio militare … ma offre anche alcuni interessanti trail affrontabili in mtb. Andiamo dunque a vedere cosa ci aspetta, stavolta in compagnia degli Elettrici Guido e Giuseppe.
Partiamo da Sant’Oreste, caratteristico borgo situato sulle pendici del monte, e da qua saliamo con una ripida cementata (pendenza media 14%) fino alla chiesa che si trova poco sotto la vetta …
La salita e’ davvero ripida, io uso le mie gambe senza aiuti, e comunque arrivo in qualche modo in cima con qualche brevissimo pezzo a spinta per recuperare.
Da qua tocca spingere ancora pochi metri per raggiungere l’eremo di San Silvestro, costruito proprio in cima al monte, da cui si gode di una vista a 360 verso le pianure sottostanti.

top soratte

Si cambia assetto e si scende. Prima parte, la stessa fatta in salita a spinta, e’ un susseguirsi di rockgarden molto divertenti che ci riportano con scalinata finale al piazzale della chiesa. Da qui con un po’ di ravanaggio imbocchiamo il primo trail , breve ma tutt’altro che semplice almeno per me, Il fondo di queste zone e’ molto diverso da queii su cui ho girato negli ultimi tempi. E’ un mix di terra non particolarmente grippante, pietre fisse e pietre rotolanti. Sono sopratutto queste ultime a darmi molta noia e a togliermi sicurezza. Comunque riesco a chiudere buona parte dei passaggi, inclusi alcuni tornanti poco intuitivi.

 

Si spunta alla cappelletta gia’ incrociata in salita, di qua si prosegue con un trail che mantiene piu’ o meno lo stesso genere, forse poco poco piu’ flow in alcune parti. Purtoppo le complicazioni sono date dalla vegetazione a tratti fitta e per niente amichevole (rovi e altre piante spinose), fino a sbucare su una sterrata mezzacosta che ci riportera’ a Sant’Oreste.

Da qua con un po’ di ravanaggio troviamo l’imbocco del successivo trail. L’incipit non e’ dei piu’ invitanti, una scalinata in terra-tronchi molto stretta, che nessuno di noi osa rischiarsi. Poi un trail piu’ o meno simile ai precedenti, con sempre la vegetazione a farla da padrona … dopo un po’ il trail s’allarga e diventa una specie di sterratone (forse evitabile), che culmina con un ripido con due enormi canaline pronte a mangiarmi a colazione. Giuseppe mi costringe a provarlo. Con molta paura passo in mezzo alle canale e lo chiudo. Non e’ niente di difficile ma se per qualunque cosa stupida la ruota va dove non deve non e’ bello. Per farmi passare le mie fobie lo ripeto una seconda volta, ma ancora non mi sento tranquilla e sicura in tali circostanze.

Purtoppo ora non ci resta che risalire su strade asfaltate secondarie , anche queste con alcuni strappi oltre il 10%. Fortunatamente stavolta arriva in soccorso la “cima di recupero”, e Giuseppe “spartisce” con me un po’ dell’assistenza della sua Levo trainandomi fino al centro storico del paese.

st oreste soratte

Concludendo: Location particolare non troppo distante da Roma, sentieri interessanti sopratutto la parte alta, panorama e contesto naturale piacevole. Salite hardcore ma essendo cementate si pedalano (a fatica per me). Un ringraziamento a Roberto Taccio per averci fornito la traccia del giro e averci garantito la percorribilita’ dei sentieri, che non essendo molto frequentati sono facile preda della vegetazione.

EDIT del 28-10-19: Sono tornata sul Soratte in compagnia del “local” Taccio e altri amici , facendo lo stesso giro ma optando per una risalita piu’ lunga, tranquilla e panoramica, e aggiungendo alcune brevi varianti per fare visisita ad alcuni Eremi e avvicinarsi ai particolarissimi meri, vere e proprie “voragini” di origine carsica che sembrano addentrarsi fino al centro della Terra. In conclusione, la risalita ci porta nei pressi del famoso Bunker, ove si attraversa un vero e proprio museo a cielo aperto con esposti svariati mezzi bellici.  Varianti consigliatissime per chi, oltre a divertirsi sui trail (che purtoppo con l’umidita’ diventano almeno per me piuttosto complessi) conoscere le particolarita’ storiche e naturalistiche della zona.

Qualche foto del giro “lungo”

meri1
nei pressi dei “meri”

eremo inside
dentro la cripta ..

meri 2
Uno dei meri … brr

eremo 2

carro armato
carro armato in mostra vicino al bunker

 

soratte 1
lungo la risalita

st oreste
st oreste

eremo
resti di un eremo incastonato nella roccia..

soratte
panorama dalla cima

missile bunker
nei pressi del bunker …

io
fine giro

Traccia giro corto (salita hard):
GPSies - Soratte EnduroSoratte enduro

Traccia giro lungo (risalita soft e varianti panoramiche
GPSies - Soratte Enduro Panoramico

MTB: Sestri-Riva Tritone Trail

Tritone Trail (Sestri-Riva.t)

Un “qualcosa di nuovo” era d’obbligo in questi giorni, quindi chiusa la parentesi surfistica torniamo in sella e torniamo a esplorare. Stavolta siamo sul versante di Riva, e per raggiungere l’attacco del trail occorre pedalare per circa 6 km di cui 4 su asfalto (Aurelia, a tratti puo’ essere trafficata). Come gli altri sentieri della zona anche Tritone e’ super panoramico, ed e’ principlamente flow anche se con un terreno non facilissimo e breccioloso. Unico “neo”, per raggiungerlo c’e’ una parte in comune con l’altro tracciato, Manierta, molto piu’ tecnico, che sul momento ho trovato decisiamente scassato e complesso. Per ragioni di sicurezza trovandomi in solitaria ho preferito scendere a piedi, ma parliamo davvero di pochi metri. Dopodiche’ tocca stare attenti e prendere il bivio a destra a salire, da qua inizia Tritone, nel solito contesto naturale fantastico tipico di queste zone. La mia bassa velocita’ e’ dovuta, oltre alla non conoscenza del trail, al voler apprezzare appieno la vista sul mare sempre unica, aiutata da un meteo perfetto con un cielo limpidissimo. Buona visione.

Per concludere, eccezion fatta per la parte comune a Mainerta, Tritone e’ trail davvero per tutti, cosa “rara” in questa zona 😉 . Consigliato .

Traccia GPS GPX

 

Infernet 2019 bagnato

Infernet (+ Janus) Bagnato, Infernet Fortunato !!!

Ogni location dove le mie ruote lasciano un segno ha un suo trail “must”, uno di quelli che “se passi di qua devi farlo“.
Per quanto riguarda l’estremita’ piu’ a nord ovest del nostro Paese, il “must” e’ il SingleTrack de l’Infernet , gia’ in territorio francese, tra Monginevro e Briancon. Ne abbiamo gia’ abbondantemente parlato, ma vale sempre la pena tornarci, sopratutto in compagnia.
In realta’ e’ comunque un giro che almeno 1 volta l’anno va fatto. La discesa e i suoi eterni tornantini vale la salita, che puo’ anche essere dimezzata con recupero auto, e ridotta ulteriormente  utilizzando la seggiovia.

Ci sono 2 modi pedalati per salire all’Infernet, quello lungo passando dai forti e dalla cementata militare (giro del 2017) oppure da La Vachette attraverso le forestali. Il primo sviluppa 1200, il secondo poco piu’ di 1000. Il primo e’ mediamente sempre faticoso e non molla, il secondo, una volta raggiunto Monginevro diventa molto pedalabile. Ed e’ con questo secondo metodo che comunque qualche giorno fa me lo sono pedalata, godendomi una discesa piu’ sporca e scavata rispetto allo scorso anno con Angela, ma comunque sempre super divertente e “remunerativa”.

Coincidenza vuole che stavolta le mie ruote si incrociano con quelle di Michela e Sergio, istruttori della ASD RomaMtb in vacanza nel Brianconnais in questi giorni. E dunque disponendo di due veicoli organizziamo il recupero, e perche’ no, meccanizziamo pure altri 300 metri con la seggiovia del Chalmettes, e dai 2097 della base alta degli impianti saliremo ai 2400 del Col du Gondrand prima, e ci allungheremo anche fino al forte Janus per godere di una splendida vista a 360 su tutte le vallate circostanti. Io ci arrivo a spingismo ma poco importa. Valeva la pena lo sforzo.

janus 1 janus 2 janus 3 janus 4

E ora si scende. Io rientro per la via di salita, i due soci si avventurano per un taglio in cresta indicato come trail running. Ricomposto il gruppo e lasciato il mezzacosta sassoso sul versante di Cervieres, attacchiamo con il single de l’infernet. Umido, molto umido piu’ dell’altro giorno. Radici e pietre viscide ci mettono alla prova, ma eccezion fatta per alcuni punti dove addirittura l’acqua creava rigagnoli nelle canale, il sentiero e’ rimasto piu’ che fattibile, offrendo un terreno “sfidante”  per aumentare il proprio confidence level.

corners infernet

(video 2019)

Come sempre grande soddisfazione una volta portato a conclusione, una ottima palestra per imparare a curvare nello stretto, senza mai trovarsi in situazioni rischiose o esposte.
Insomma se vi piacciono i tornantini, o se questi sono il vostro punto debole l’Infernet e’ il posto dove fare pratica e imparare a farci i conti. Tutti i tornanti si chiudono tranquillamente in sella senza necessariamente padroneggiare il nosepress … dunque davvero un bel divertimento per gli amanti del genere…. astenersi amanti del flow veloce, dello spondato e del “man made” in generale ….

Un ultima nota riguarda il livello di difficolta’ del trail: il libro Western Trail lo identifica S3. Le paline VTT FFC lo identificano nero. Anche se quest’anno (2019) e’ palesemente piu’ scassato dello scorso (2018) e’ ben lontano sia dalla definizione “black diamond” di Trailforks che all’S3 della scala Singletrack tedesca. Io direi un S2 con qualche punto S3, con i colori direi rosso pieno per la classificazione francese e blu ad orientamento AM per la scala di Trailforks.
Il mio consiglio e’, se avete un buon controllo della bici nello stretto e una guida mediamente precisa non fatevi spaventare dal “colore” o dalle definizioni e provatelo. Potreste appassionarvi ai tornantini 😉

Si Ringraziano Sergio e Michela di RomaMTB per la compagnia e la logistica del recupero 😉

Per la traccia GPX potete fare riferimento a quella presente nell’articolo dello scorso anno.

MTB: Cotolivier, Pourachet e i Tornantini

Cotolivier – Pourachet – I tornantini

Dei tanti giri fattibili in alta Valsusa c’e’ n’e’ uno che mi sta particolarmente a cuore. Sara’ perche’ non molto conosciuto e battuto, sara’ perche’ scoprirlo 2 anni fa e’ stato un piacere, sara’ perche’ unisce interessanti singletrack ad un paesaggio da sogno.
Stiamo parlando dell’anello Vazon-Cotolivier-Pourachet-Millaures, con discesa sui 12 tornantini.

Un’ottima palestra per chi non ha mai avuto esperienza con questo tipo di “ostacolo” molto comune nei sentieri di montagna. E infatti e’ stata un’uscita che ha anche avuto un interessante riscontro didattico per Laura, al primo “incontro” con le curve strette non spondate.

Per Laura e Alessio e’ stata l’uscita conclusiva di un’intera settimana alla scoperta della Valsusa con me. Giro super adatto all’occasione, unendo alla perfezione componente panoramica e tecnica, senza eccedere nei km e nel dislivello.

Partiamo dunque da Vazon, dove una bella cartina ci mostra il nostro itinerario, e permette una breve spiegazione del tracciato che affronteremo (vedi video successivo).
Saliamo dunque al Cotolivier, doverosa pausa alla Cappelletta, e si inizia con il primo singletrack in cresta, super panoramico con vista sull’onnipresente Chaberton e il massiccio della Grand Hoche.

cotolivier

pourachet 1

Dopo questo “aperitivo” abbiamo perso circa 100 d+ e tocca pedalare, ci aspetta un mezzacosta con qualche rampa impegnativa, che si lascia comunque ben “digerire” grazie all’imponente spettacolo delle vette circostanti, sempre piu’ vicine. Si arriva quindi alla conca dalla quale il sentiero principale si dirama in 3 tracce, una verso la croce di San Giuseppe, una (purtoppo impraticabile per frana) verso il lago Desertes e la strada dello Chaberton, e la nostra, che scende attaccando con 12 tornantini alle grange Millaures.

top to millaures

12 tornantini, piu’ o meno stretti, ottimi come primo approccio con questo elemento. Il divertimento c’e’ per tutti, e il panorama continua a mantenere i suoi elevatissimi standard, obbligandoci a stare attenti e non farci distrare troppo dall’imponenza di queste montagne.

(video)

La parte a tornanti termina in un’area adibita a pascolo nei pressi di una costruzione abbandonata. Da qua il sentiero diventa un mezzacosta classico, che alterna aree di bosco con altre piu’ aperte, presentando un unico passaggio tecnico con un corto rockgarden su terreno smosso e friabile. Si giunge poi alle grange Millaures, da cui si prosegue con un altro sentierino pianeggiante fino al bivio per la frazione Lozet. Qua tocchera’ un po’ di sano spingismo, fino alla strada in discesa che percorreremo fino a ritrovare la sterrata del cotolivier utilizzata in salita. Ultimi due tagli e siamo dinuovo a Vazon

Questo giro da sempre una qualche soddisfazione ed e’ forse quello di durata medio-breve che ripeto piu’ volentieri. Anche questo e’ recensito sul libro Western Trails –

– ove viene consigliato da Desertes. Volendo allungare il giro pero’, come consiglio ad elettrici e a riders piu’ performanti, il mio suggerimento e’ di partire da Oulx e, una volta rientrati da lozet alla strada del cotolivier scegliere tra due opzioni :
1) Da vazon proseguire per Soubras, poi PierreMenaud e da qua il singletrack verso Amazas, rientro su oulx poi su statale
2) Dal tornante sopra Vazon, mezzacosta per Chateaux Beaulard. Da qua discesa verso la pista di fondo tramite sentiero D2 e rientro a Oulx per la suddetta pista.

Traccia gpx